di Graziano Fornaciari
La voglia di scappare è insita nell’essere umano, alzi la mano chi non ha mai pensato di fuggire da qualche parte, magari in un’isola remota nella quale condurre una esistenza tranquilla senza problemi, con dei ritmi umani, in poche parole senza che nessuno ci rompa le scatole, potendo fare quello che si desidera senza bastoni fra le ruote a intralciare il nostro ideale di vita.
Niente di male in tutto questo, non si può negare un po’ di evasione, d’altra parte la routine quotidiana non ci da scampo, con una ripetitività che, a volte, risulta pesante da sostenere, probabilmente perché non se ne comprende sino in fondo il significato. Niente paura, ci pensa la vita a mettere tutto a posto, ricordandoci di avere delle radici.
Mentre scrivo mi viene da canticchiare le parole di una canzone di Lucio Dalla, nella quale ci ricorda che la vita è una catena e qualche volta fa un po’ male. Non si può dargli torto, siamo veramente legati alla nostra anima da una catena, e se vogliamo fare un po’ i “sapientoni”, magari perché abbiamo giocato con il sapientino da piccoli, si chiama Antahkarana o Ponte Arcobaleno.
Non abbiamo scampo, malgrado si abbia a volte la sensazione di poter fuggire, la catena ci rimanda alla sorgente che dobbiamo comprendere, perché questo Ponte non si può attraversare quando l’ignoranza grava ancora sulla nostra coscienza, ancora troppo pesante il fardello da portare per portare alla luce la necessaria accoglienza che occorrerebbe.
Non è semplice accettare il proprio posto, non è semplice guardarsi attorno e non riconoscere i luoghi e la funzionalità della nostra presenza, non è semplice ma qui dobbiamo stare, cercando di trasformare i limiti in opportunità, alle prese con una quotidianità che, solo in apparenza, sembra rivoltarsi contro, mentre invece sta preparando nuovi doni da collocare sul nostro cammino.
Mi sovviene l’immagine di una mongolfiera che, per librarsi in volo, deve utilizzare aria più calda rispetto a quella circostante. Per quanto ci riguarda non è così diverso il procedimento, infatti, non possiamo identificarci nella quotidianità vivendola come impedimento, in questo modo non potremo mai sollevarci e cogliere da una prospettiva diversa il senso della nostra esistenza.
Per farlo dobbiamo trovare calore, quel calore che è all’interno della nostra coscienza e che si chiama anima. Bisogna alzare gli occhi al cielo e nutrirci di questo calore, capace di rendere leggera la nostra quotidianità, infarcendola di accoglienza. Eh già ci vuole tanto calore per digerire e assimilare la vita, un calore che ci aiuta ad ergerci al di sopra delle nostre contraddizioni.
La vita è fatta così, nostro malgrado ci vuole bene e vuole il meglio, impedendoci di andare oltre i nostri limiti senza avere immagazzinato il calore necessario. Con il freddo e il gelo della nostra ignoranza saremmo in pericolo, meglio rimanere nel cortile di casa adempiendo ai compiti che solo nelle nostre illusioni pensavamo di aver svolto.
Non ci si può avventurare in luoghi ancora sconosciuti senza il giusto equipaggiamento… si fa sempre con quel che c’è, tanto il Ponte Arcobaleno non scappa, anzi, mi sa che questo è il modo giusto per avvicinarsi ad esso. Guardiamoci attorno facendo un bel respiro, vedrete che tutto apparirà un po’ meglio, poi avanti con fiducia…
Perché la vita è una catena, qualche volta fa un po’ male… ma poi ti lascia andare.
Articolo di Graziano Fornaciari
Fonte: http://www.yogavitaesalute.it