di Antonio Amorosi
La mannaia UE sull’informazione e i commenti degli utenti. Ecco il “Digital Services Act” che impone alle piattaforme la censura.
Digital Services Act, un provvedimento che limita la libertà in Europa. La “disinformazione” va bloccata. Ma chi decide cos’è “disinformazione” e cosa non lo è?
Quando si parla del DSA europeo viene in mente il mondo di George Orwell. Nei prossimi mesi vi saranno i primi step applicativi del Digital Services Act, provvedimento UE entrato in vigore a novembre del 2022 e che diventa vincolante dall’1 gennaio 2024.
Prevede il controllo sistematico dei contenuti degli utenti da parte delle grandi piattaforme con “più di 45 milioni di utenti attivi” in UE (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft, Twitter, TikTok e simili) e impone a queste un controllo serrato (condizione che non permette la reale protezione del diritto fondamentale alla riservatezza delle conversazioni).
Il Digital Services Act prevede sanzioni economiche gravi, il 6% delle vendite annuali in caso di infrazioni ripetute per chi non interviene contro i contenuti illegali e la disinformazione online. Di fatto l’Ue impone il blocco su articoli on line, post e commenti social. Una mannaia senza precedenti.
Ma chi decide che cos’è disinformazione? L’Ue e vari segnalatori, anche privati, considerati “affidabili”. L’Ue e i propri partner sono considerati affidabili a priori. Ergo tutti i contenuti considerati “disinformazione”, anche se provati e fondati, possono facilmente essere censurati. Neanche i giornali, se vanno on line, sono esenti dai colpi d’ascia della UE.
Ad esempio, oggi sarebbe considerata disinformazione, censurata e cancellata, la notizia vera che USA e alleati europei bombardavano l’Iraq nel 2003, anche senza prove che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa. Anche criticare il governo italiano per la gestione psicotica della pandemia, violando anche la Carta Costituzionale e le norme UE contro le discriminazioni, verrebbe considerata disinformazione, censurata e cancellata. E chi più ne ha ne metta.
Al contrario, è proprio grazie alla diffusione della rete internet che le fake news vengono svelate, altrimenti avremmo sulla scena solo l’informazione di regime dei governi e quella dei grandi giornaloni allineati e finanziati da questi o dai sodali.
La ciliegina sulla torta è che nel DSA si prevede l’assegnazione esclusiva alla Commissione Europea dei poteri di supervisione e attuazione dei provvedimenti verso le piattaforme. Non esistono neanche enti terzi o indipendenti.
Anche il “Movimento Pirata Europeo”, che si batte per la libertà di circolazione della conoscenza, l’utilizzo di software liberi, open source e la protezione dei dati personali, ed ha eletti nel Parlamento, ha espresso numerose critiche al provvedimento.
Secondo il Movimento la norma non tutela la privacy dell’utente, inoltre imporre alle piattaforme con la Digital Services Act di rimuovere contenuti ritenuti illegali o di disinfomazione può produrre solo censura, non altro. Per i Pirati il DSA sarebbe anche ben poco severo con le piattaforme di Big tech in virtù della grande operazione lobbystica portata avanti da queste aziende. Secondo un report di TechCrunch, sito USA che si occupa di tecnologia e informatica, le spese per operazioni di lobby presso le istituzioni europee delle grandi piattaforme, sarebbero lievitate proprio in corrispondenza degli accordi in vista dell’approvazione del DSA.
Il grande filosofo antinazista Ernst Junger ha usato una metafora arguta per spiegare la sicurezza di una famiglia. Questa non risiede nella legge, ma nel padre sulla porta di casa con l’ascia in mano, circondato dai suoi figli. Metafora per metafora qui la legge è la UE, ma la sicurezza è la nostra che siamo prede e i figli sono la libertà e il giornalismo, messi in serio pericolo forse come mai in passato.
Articolo di Antonio Amorosi