Venezia affonda, e il Mose non c’è: 7 miliardi buttati per vedere San Marco allagata

di Francesco Cancellato

Il sistema di paratie per proteggere Venezia dall’acqua alta è stato pensato negli anni 80, iniziato nel 2003 e avrebbe dovuto essere pronto tre anni fa. Nel mezzo, 7 miliardi di spesa, maxi inchieste per corruzione e ritardi a non finire.

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Eccolo qua, con la Basilica di San Marco allagata e due morti, il risultato della nostra inefficienza. La basilica di San Marco allagata per la quinta volta in tutta la sua storia. L’isola di Pellestrina sott’acqua, un incendio al Museo di Ca’ Pesaro sempre per colpa di maltempo e piena, causato, pare, da un corto circuito alla cabina elettrica, il consiglio comunale sospeso per allagamento e la richiesta di stato di crisi del sindaco Brugnaro. Cronache di ordinaria acqua alta, a Venezia, con la piena record di 187 cm del 12 novembre, e quella di 160 cm del 13.

Riavvolgiamo il nastro. L’opera è stata pensata negli anni ’80 per difendere la laguna di Venezia da piene superiori ai 110 centimetri, come quella di questi giornii. Nel 2003 – sedici anni fa, quasi diciassette – sono iniziati i lavori per la sua realizzazione. Il 12 ottobre 2014 furono sollevate per la prima volta quattro delle 78 paratie. Nel 2016, l’opera avrebbe dovuto essere completata.

In teoria, il Mose oggi dovrebbe essere pronto all’85%. In pratica, oggi siamo qui a raccontare una delle piene più devastanti degli ultimi decenni, con danni all’interno della basilica di San Marco, uno dei più importanti capolavori del nostro Paese, uno dei monumenti più visitati al mondo, che già qualcuno definisce ingentissimi.

In mezzo sono passati 7 miliardi di soldi pubblici, 35 arresti, 100 indagati eccellenti tra politici di primo piano e funzionari pubblici, per reati contestati quali creazione di fondi neri, tangenti e false fatturazioni, reati per i quali il presidente della regione Veneto, Giancarlo Galan – sostenuto da Lega e Forza Italia – ha patteggiato una condanna per corruzione continuata da 2 anni e 10 mesi, mentre all’allora ministro dell’ambiente e delle infrastrutture Altero Matteoli, governo Berlusconi è toccata una condanna di quattro anni.

Tutto ciò dovrebbe farci riflettere su quali siano i mali endemici del nostro Paese e di quali siano i disastri che procurano. Lo vediamo con Ilva, l’abbiamo visto con Alitalia, lo vediamo oggi con Venezia e il disastro Mose: una quantità industriale di soldi pubblici, presi in prestito alle generazioni future, per salvataggi e grandi opere che non risolvono nulla e, nel peggiore dei casi, ingrassano le tasche e i conti in banca del politico o dell’affarista di turno, ma che lasciano irrisolti i problemi, o peggio ancora, li aggravano.

Articolo di Francesco Cancellato

Rivisto da Conoscenzealconfine.it

Fonte: https://www.fanpage.it/attualita/venezia-affonda-e-il-mose-non-ce-7-miliardi-buttati-per-vedere-san-marco-allagata/

PADRINI E PADRONI
Come la 'ndrangheta è diventata classe dirigente
di Antonio Nicaso, Nicola Gratteri

Padrini e Padroni

Come la 'ndrangheta è diventata classe dirigente

di Antonio Nicaso, Nicola Gratteri

"Corruzione e mafia, ormai, vanno sempre più a braccetto. Sono due facce della stessa medaglia. La corruzione non è solo il prezzo che i cittadini onesti pagano alla malapolitica e alla malaeconomia, ma anche, e soprattutto, "un fattore strategico e strumentale dell'espansione mafiosa"."

La corruzione, l'infiltrazione criminale, i legami con i poteri forti - occulti e non - sono oggi parte di una strategia di reciproca legittimazione messa in opera da decenni da tutte le mafie e in particolare dalla 'ndrangheta.

Lo scambio di favori fra criminalità e certa parte della politica è continuo e costante, il ricatto reciproco un peso enorme sulla cosa pubblica, con ripercussioni su tutti i settori, dalle opere pubbliche alla sanità, dal gioco di Stato allo sport.

Il vero problema è che né i ricorrenti disastri ambientali, né il consumo dissennato del territorio, né il degrado di opere e servizi sembrano più scalfire l'opinione pubblica. In Italia c'è un'assuefazione che sconcerta. Quello che è di tutti non appartiene a nessuno.

Che importa se la corruzione avvelena l'economia, provocando gravi disuguaglianze sociali o se la mafia ammorba l'esistenza di tanta gente?

E perché nessun governo ha mai inserito fra i propri obiettivi primari la lotta alla corruzione e alla criminalità economica? Questo di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso è un libro che racconta una verità amara.

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