di Martina Giuntoli
A ridosso delle elezioni statunitensi del 2016, il 31 ottobre dello stesso anno Hillary Clinton così orgogliosamente tweetava: “Degli informatici hanno presumibilmente scoperto un server che viene utilizzato da Trump per mantenere i suoi collegamenti con la Russia”.
Quel tweet commentava un’affermazione fatta da un membro del suo comitato elettorale, un tale Jake Sullivan, il quale diceva che “un server legato alla Trump Tower mostrava chiaramente dei legami tra Donald Trump e la Russia. (…) Questo inoltre spiegherebbe anche l’adorazione estrema di Trump nei confronti di Putin e del Cremlino(…)”.
Oggi, invece nuovi e scioccanti sviluppi ci mostrano tutta un’altra storia, una storia che potrebbe portare davvero alla fine del partito democratico per come lo abbiamo finora conosciuto.
A distanza di quasi 6 anni da quella dichiarazione, infatti si scopre che fu proprio la Clinton, attraverso il suo comitato elettorale, ad assoldare e pagare quel gruppo di informatici per infiltrarsi nei server sia della Trump Tower a New York, sia alla Casa Bianca, a Washington DC, con la precisa e calcolata finalità di creare una narrativa anti trumpiana da rivendere al pubblico come lo scandalo perfetto che le avrebbe prima o poi garantito la vittoria da presidente.
La Clinton, come è noto, poi perse quelle elezioni, tuttavia l’attività dei suoi informatici continuò anche dopo che il suo avversario raggiunse il potere. Anzi, fu proprio allora che la candidata dei democratici dovette reinventare e ricalibrare il proprio schema operativo, con il suo comitato elettorale ed il suo ufficio legale. Insieme crearono veri e propri copioni per finti informatori che avrebbero quindi rilasciato notizie piccanti e segrete sotto giuramento per incastrare Donald Trump.
Tuttavia, è doveroso ricordare che mentre nessuna delle accuse della Clinton ebbe mai effettivo riscontro con dati oggettivi, invece il già noto magistrato americano John Durham ha investigato a lungo la faccenda e ha già fatto chiarezza su diversi punti oscuri, partendo prima dallo studio legale della candidata democratica e dai suoi consiglieri, fino ad arrivare alle gole profonde che avrebbero dovuto mettere la parola fine alla vita politica di Donald Trump. Il primo di questi, Igor Danchenko, è stato arrestato nel novembre scorso proprio grazie alle indagini dello stesso Durham.
Questi fatti portano a diverse inevitabili conseguenze. Hillary Clinton è adesso formalmente indagata con l’accusa di aver spiato la campagna elettorale dell’avversario, ma le implicazioni di questa indagine vanno molto più in profondità, sia per la Clinton che per altri democratici che le orbitano più o meno vicino.
Non ultimo Jake Sullivan, il consigliere della campagna elettorale che parlò di prove inoppugnabili che legavano Trump alla Russia. Oggi Jake Sullivan è vice capo di stato maggiore presso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Immaginate un governo, quello di Biden, in cui non solo ci sono gravi e concordanti indizi per cui la vittoria del presidente adesso in carica sarebbe dovuta a brogli elettorali, ma addirittura in cui alcune delle figure di maggiore spicco sono legate a crimini gravi di vecchia data, visto che Sullivan al tempo delle affermazioni sulla Russia non poteva che conoscere la verità.
Donald Trump intervistato a 60 minutes il 26 ottobre 2020, era evidentemente già a conoscenza di questi fatti, e sottolineava la gravità dell’attività di spionaggio fatta a suo danno, lanciando accuse molto pesanti, nonostante la conduttrice del programma tentasse di smorzare i toni, minimizzare e a tratti persino nascondere. “(…) Hanno spiato la mia campagna elettorale e tu lo sai, come lo so io (…)”, disse a Leslie Stahl, continuando così “(…) hanno spiato la mia campagna elettorale e sono stati beccati, ci sono le prove (…)”. Oggi le sue accuse si sono dimostrate assolutamente fondate.
Qualcuno ha paragonato lo Spygate di Trump al Watergate, lo scandalo che coinvolse Nixon per aver dato ordine di spiare l’avversario in campagna politica. Per certi versi è vero. Ma ciò che tutti sperano è che le conseguenze dello scandalo di oggi abbiano molto più impatto, e riescano a cancellare diversi personaggi dalla scena politica. La Clinton in primis.
Articolo di Martina Giuntoli