di Dan Vergano
Un fascio laser “tocca” un oggetto; un altro, a lunghezza d’onda diversa, scatta una fotografia: un esperimento sfrutta il misterioso effetto quantistico dell’entanglement. A realizzare queste immagini è stato un fascio di luce che non aveva “effettivamente visto” le sagome dei gattini. (Fotografia di Gabriela Barreto Lemos)
I fotoni, come è noto, sono le particelle che costituiscono la luce. Vedere un oggetto – o riprenderlo con una macchina fotografica – significa captare i fotoni che, dopo aver investito quell’oggetto vengono riflessi verso di noi.
Ma queste immagini, pubblicate dalla rivista “Nature”, sono state realizzate in un modo del tutto diverso: i fotoni catturati dalla macchina fotografica non hanno mai raggiunto l’oggetto ripreso, ma sono riusciti ugualmente a “vederlo”, grazie a un fenomeno detto entanglement, uno dei più paradossali effetti della meccanica quantistica, tale da far perdere il sonno a padri della fisica moderna come Niels Bohr o Albert Einstein.
Nell’entanglement due particelle, correlate tra loro, si influenzano a vicenda anche se sono distanti l’una dall’altra: un effetto che implica un’azione a distanza che lo stesso Einstein definì “fantasmatica”. Il padre della relatività arrivò a pensare che si trattasse di un difetto matematico della teoria della meccanica quantistica, che vede le particelle subatomiche sia come entità puntiformi che come onde. Ma negli anni Ottanta il fenomeno fu confermato sperimentalmente. Per quanto paradossale, è un effetto concreto che ha offerto interessanti spunti d’indagine all’ottica quantistica, una branca emergente della fisica moderna interessata alle sorprendenti interazioni tra le particelle subatomiche.
Già nel 2009, un esperimento messo a punto da Miles Padgett, esperto in ottica quantistica della University of Glasgow, in Scozia, aveva realizzato, con un laser suddiviso in due fasci e sfruttando l’effetto dell’entanglement, quello che è stato definito “imaging fantasma”. Ma gli esperti sostengono che la nuova tecnica proposta, facendo uso di due fasci laser di colori diversi, offra interessanti vantaggi di visualizzazione.
“È un trucco molto intelligente, quello che è stato usato, quasi una magia,” commenta Paul Lett, esperto di ottica quantistica del National Institute of Standards and Technology di Gaithersburg, nel Maryland, che non ha fatto parte del team dell’esperimento: “Non è un fenomeno fisico nuovo, ma una dimostrazione molto elegante di un effetto conosciuto.”
I fotoni che “vedono” e quelli che fotografano
Nel nuovo esperimento, un’équipe guidata da Gabriela Barreto Lemos dell’Institute for Quantum Optics and Quantum Information di Vienna, ha generato due fasci laser separati e con lunghezza d’onda diversa, uno giallo e uno rosso, ma caratterizzati da una netta correlazione spaziale grazie alla quale la posizione dei fotoni rossi è connessa a quella dei fotoni gialli, anche a grandi distanze.
La luce rossa è stata proiettata su stencil e ritagli di circa 3 millimetri di lunghezza raffiguranti minuscoli gatti; mentre il laser giallo è stato orientato lungo una traiettoria diversa che non intercettava mai gli oggetti. Per di più le mascherine e i ritagli erano stati realizzati in modo da essere invisibili alla luce gialla.
Ma solo la luce gialla era orientata in modo da raggiungere la fotocamera quantistica, che quindi ha prodotto le immagini dei gatti utilizzando fotoni che non li avevano mai “visti”.
“I fenomeni osservati originano dall’entanglement tra i fotoni,” spiega Lemos. “Non c’è azione diretta dei fotoni rossi su quelli gialli.”
Anche se il team che ha condotto l’esperimento ha richiesto il brevetto, Lemos riconosce che le applicazioni pratiche potrebbero richiedere tempo.
L’ottica diventa quantistica
La nuova tecnica del laser a due colori potrebbe consentire di migliorare l’acquisizione di immagini in ambito medico o la litografia per la fabbricazione di chip al silicio.
Nella ricerca medica, per esempio, le indagini sui tessuti potrebbero essere condotte usando luce con lunghezza d’onda al di fuori dello spettro del visibile (compreso tra i colori rosso e violetto), che non danneggia i tessuti, e simultaneamente fasci di fotoni nelle frequenze del visibile per creare immagini nitide dei tessuti.
“L’idea che la luce di due colori potesse portare dei vantaggi è ingegnosa”, commenta Lett. “Succede molto spesso nell’imaging che la migliore lunghezza d’onda della luce per una certa indagine non sia altrettanto efficace per l’acquisizione delle immagini. Con la tecnica usata nell’esperimento, si può pensare di selezionare i colori della luce in modo da ottimizzare sia l’analisi che si intende realizzare che le immagini.”
In particolare, si potrebbero fotografare oggetti che normalmente sono visibili solo ai raggi infrarossi, sostiene Padgett. “L’esperimento si basa su un’idea molto efficace”, dice Lett. “Resta da vedere se darà luogo ad applicazioni pratiche o se rimarrà soltanto un’elegante dimostrazione di un effetto della meccanica quantistica”.