Quello che gli altri pensano di te riflette ciò che sono loro, non chi sei tu!

Quello che gli altri pensano di te

di Jennifer Delgado Suárez
I Sioux avevano un proverbio molto interessante: “Prima di giudicare una persona cammina tre lune nelle sue scarpe”. Si riferivano al fatto che giudicare è molto facile, capire è un po’ più difficile, ed essere empatici è molto più complicato. Questo si ottiene solo se si sono vissute esperienze simili.
Spesso affermiamo che gli altri ci capiscono, comprendono le nostre decisioni e le condividono, o almeno ci appoggiano. E quando non lo fanno, ci sentiamo male, incompresi e anche respinti. Naturalmente, non è colpa nostra, tutti abbiamo bisogno che in alcune situazioni qualcuno convalidi le nostre emozioni e decisioni, è perfettamente comprensibile. Ma subordinare la nostra felicità all’accettazione degli altri o prendere decisioni basandoci sulla paura che gli altri non ci capiscano, è un grosso errore…

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Onnivori, vegetariani e vegani… e i diversi livelli di empatia

Vegani, vegetariani, onnivori

Che i vegetariani, rispetto ai carnivori, fossero più sensibili verso gli animali, un po’ l’avevamo immaginato, senza bisogno di scomodare la risonanza magnetica funzionale… Ma i ricercatori del San Raffaele di Milano non si sono fermati qui, individuando significative differenze di attivazione cerebrale anche fra vegani e vegetariani.
Lo studio è stato pubblicato su Plos One. Nello studio, realizzato dai ricercatori dell’Unità di Neuroimaging Quantitativo e della Divisione di Neuroradiologia del San Raffaele, in collaborazione con le Università di Ginevra e di Maastricht, sono stati sottoposti alla visione di immagini di esseri umani o animali in situazioni di sofferenza, 20 soggetti onnivori, 19 vegetariani e 21 vegani.
Tramite risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno rilevato che “rispetto ai soggetti onnivori, i vegetariani e i vegani presentano una maggiore attivazione di aree del lobo frontale del cervello, associate allo sviluppo e alla percezione di sentimenti empatici, indipendentemente dal fatto che le scene di sofferenza prevedessero il coinvolgimento di umani o di animali”

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