di Prem Anam
Dopo la fisica quantistica, anche la ricerca nel campo delle neuroscienze è finalmente arrivata a confermare che il cervello si attiva prima che l’impulso diventi un pensiero. In altre parole, non è il cervello a produrre i pensieri, piuttosto il cervello li rileva e reagisce bioelettricamente al loro impulso.
Ciò vuol dire che io mi rendo conto di un pensiero solo alcuni millisecondi dopo che è sorto, e perciò non sono “io” a emettere pensieri, bensì i pensieri a raggiungermi. E azioni ed emozioni conseguono ai pensieri. Evitare un pensiero è quasi impossibile, così come lo è sopprimerlo. Lo si può al limite non ascoltare, ma una mente silenziosa è un traguardo che pochi raggiungono. Il punto non è ottenere il silenzio, il punto è sapere che non sono “io” a pensare. Io sono il ricettacolo dei pensieri che sorgono in “me”.
Un altro fatto è che la vita, la mia vita e la vita del mondo, è totalmente fuori dal mio controllo. Nessuna delle leggi che governano questa realtà è soggetta a me, ai miei poteri fisici o mentali. La vita va dove vuole e come vuole, a prescindere da me e dai miei desideri. E mi porta con sè, che io lo voglia o no.
Ne risulta che non ho il controllo nè della mia vita interiore, nè della vita esterna. Io sono in balìa della vita, totalmente. Ed ho comunque il compito di parteciparvi “attivamente”, cioè di fare ciò che farei, e che facevo, essendo convinto che le mie azioni siano determinanti per conseguire i miei obiettivi.
Invece non lo sono. Nessuna azione è determinante se non per mantenere in vita questo luna park, questo teatrino i cui personaggi e scenari mutano costantemente e rapidamente, in cui tutto appare e scompare continuamente. I pensieri e le azioni che ne conseguono, servono solo a questo, a creare esperienze che hanno tutte un solo scopo: essere vissute. Nessuna meta, nessun obiettivo futuro. La vita stessa è il modello di riferimento per chiunque voglia davvero capire. Ogni lavoro, ogni azione, ha un senso compiuto solo se vissuto come fine a sè stesso, senza nessun altro motivo oltre questo e nell’istante stesso in cui avviene.
Quindi io sono solo il veicolo attraverso il quale l’esperienza è fatta e rilevata grazie alla quantità di consapevolezza di cui sono dotato. Non c’è un altra ragione per cui il personaggio che rappresento vive. Dunque di cosa devo preoccuparmi? Per cosa devo “lottare”? Il burattino è responsabile delle azioni che compie? Io sono un burattino consapevole di essere un burattino… L’attore che interpreta Amleto è responsabile della morte di Polonio? No, naturalmente, ma è responsabile della credibilità con cui interpreta Amleto. Nè muore chi interpreta Polonio essendo anch’egli attore in una rappresentazione teatrale.
Questo è il gioco, senza pericoli, senza dolore, senza rischi… se non quello di credere di essere il personaggio che interpreto e l’autore delle sue azioni, dei suoi pensieri, delle sue emozioni. Solo credere in questo porta i pericoli, il dolore e i rischi, ma solo perchè credendo di essere il personaggio, anzichè l’interprete, vorrei cambiare quella che credo sia la mia vita, anzichè la parte che mi è stata assegnata…
Il Dharma è la somma delle cose che compongono il mio ruolo nella vita, il modo in cui le cose sono. E’ il campo di gioco, le condizioni in cui si svolge, le regole del gioco e il suo copione. Se stessi sognando sarebbe il sogno. E sto sognando. Non c’è modo di violare il Dharma, perchè il Dharma è Me. Andare contro Me stesso, il semplice desiderare un’altra vita, un’altra esperienza, lottare per ottenerla, non è solo blasfemo ma non cambia i fatti (può il personaggio di un racconto influire su chi lo ha inventato? Il personaggio di un sogno modificare la mente che lo sogna?) e produce Karma, conseguenze che rendono più complicato vivere. In questo e “solo” in questo, è vera la legge di azione/reazione.
Illudersi di essere il personaggio anzichè l’attore è cadere nell’ignoranza del personaggio e viverne le pulsioni egoiche come se fossero reali, anzichè una semplice descrizione del personaggio. Significa nutrire di energia quella descrizione fino a renderla quasi reale e cominciare ad influire sugli oggetti non più dalla posizione dell’Io Sono, della Mente da cui il sogno ha origine, ma dalla posizione del personaggio, con la sua limitata visione e comprensione, attraverso le dinamiche corrotte della sua mente impaurita che si sostituisce a Me nel tentativo di condurre il gioco, la vita, con la pretesa di conoscerla e di essere in grado di difendersi, di determinare, di fare.
La paura, lo spavento di aver creduto per un istante di essere il personaggio è la causa di questa caduta nel sonno dell’ignoranza, e la paura è il motore che sta alla base di tutti i tentativi inutili di gestire, di determinare, di causare, di cambiare la propria esistenza. La paura è la causa alla base di ogni desiderio di avere un altro corpo, di avere un’altra stato sociale, di avere un’altro conto in banca, di avere qualcosa che non ho, non importa cosa, per non essere ciò che sono, anzi, ciò che credo di essere.
Il personaggio è un drogato di paura, vive di paura che cerca di placare lanciandosi costantemente verso un futuro idealizzato, senza mai raggiungerlo poichè quel futuro cambia insieme alla mente che lo allucina. E, infine, anche questo è Dharma. Senza credere di essere il personaggio non avrebbe senso viverlo, perchè questo è un sonno fatto per risvegliare chi dorme attraverso l’esperienza del sogno.
E il sogno va vissuto attraverso la sofferenza e la gioia, senza fuggire da nessuna delle due, nelle loro infinite sfumature. Va vissuto “facendo” ciò che mi è dato fare nel momento in cui mi è chiesto, esperienza dopo esperienza, giorno dopo giorno, emozione dopo emozione, dal compito più piccolo, come mandare una lettera o pagare il parcheggio, al più difficile (apparentemente) come salutare chi muore, rinunciare alla sicurezza, abbandonarsi alla vita, tornare a Me… rinunciando al personaggio.
Articolo di Prem Anam
Fonte: https://unmondovuoto.wordpress.com