di Rocco Schiavone
Nessun accanimento mediatico e tantomeno giudiziario contro il figlio di Beppe Grillo, accusato insieme a tre suoi amici di avere stuprato in gruppo una o forse due ragazze, all’inizio della indimenticabile estate del 2019, nella villa smeraldina del noto comico genovese.
Nessuna custodia cautelare in carcere e nemmeno ai domiciliari – come invece è andata per il resto degli italiani, anche ricchissimi, accusati con la stessa imputazione – nessun titolo o quasi sui giornali per poco meno di due anni. E, soprattutto, nessuna fretta di fare questo processo da parte dei pm e del gip di Tempio Pausania, che con gli indizi raccolti potevano invece stare già tranquillamente a parlare in un’aula giudiziaria di quel che è avvenuto nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2019.
I giornali, poi, tutti garantisti. Domenica, dopo che sabato l’Adnkronos aveva dato notizia dell’imminente richiesta di rinvio a giudizio – le indagini preliminari si sono chiuse a novembre del 2020 – nei maggiori quotidiani italiani la cosa era relegata in pagine che variavano dalla dieci del Tempo alla 14 del Fatto (trafiletto), alle 16 o 17 di Repubblica e Corriere che praticamente riprendevano l’agenzia. Pezzi ragionati e con richiamo in prima in bella evidenza solo per Il Giornale, Libero e La Verità.
Fine, quindi, a partire da domenica 18 aprile 2021 degli accanimenti e dei circhi mediatici-giudiziari. Forse sarà stato l’effetto dell’ingresso di Marta Cartabia a via Arenula. Giammai si pensi a una qualche forma di soggezione psicologica da parte del partito delle procure e dei corifei nella carta stampata. Tutti sappiamo che se a essere accusato di un reato simile fosse stato il figlio di Silvio Berlusconi, le cose sarebbero andate esattamente alla stessa maniera.
Anche le femministe aggressive del Me too ne sono pienamente consapevoli. Per questo hanno prudentemente taciuto, nonostante la linea difensiva degli indagati non differisca granché da casi precedentemente stigmatizzati: lei era consenziente. Persino alla gang bang (una gang bang è una pratica sessuale in cui un soggetto, di sesso maschile o femminile, svolge attività sessuali con una moltitudine di partner, non necessariamente del sesso opposto). Da “a pensare male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca” a “honi soit qui mal y pense“.
Articolo di Rocco Schiavone