di Massimo Canorro
Pronti a giungere in Italia in duemila, tra infermieri e medici (il 95% del contingente è composto da donne), per lavorare grazie al placet concesso dal governo Draghi con il decreto del 21 marzo.
Intanto larga parte delle richieste per i sanitari ucraini provengono da strutture in Calabria, Puglia, Sicilia e Veneto che è già pronto ad assumerne 250. Il ministro della Salute, Speranza: “Se arrivano professionalità di qualità è corretto porle al servizio della popolazione”.
In arrivo in 2mila tra Infermieri e Medici dall’Ucraina
Duemila tra infermieri e medici dall’Ucraina – contingente composto per il 95% da donne – stanno per giungere in Italia grazie al placet concesso dal governo Draghi attraverso il Decreto-legge n. 21 del 2022 (“Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina”).
Il provvedimento permette, fino al 4 marzo 2023, “l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022, che intendono esercitare nel territorio nazionale, in strutture sanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o socio sanitaria, in base a qualifica conseguita all’estero, regolata da direttive Ue. Giovedì 24 febbraio, infatti, la Russia ha dato inizio all’invasione dell’Ucraina”.
Prosegue il Dl: “Le strutture sanitarie interessate possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti, muniti del passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati con contratti a tempo determinato o con incarichi libero professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa. Le strutture forniscono poi alle Regioni e agli Ordini professionali i nominativi dei sanitari reclutati”.
La deroga alla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie verso i sanitari ucraini che approdano in Italia durante questa crisi costituisce, è bene ricordarlo, una delle misure che riguardano espressamente la sanità contenute nel Dl varato dal Consiglio dei ministri. Sì ad accogliere e a curare sia i pazienti sia gli operatori che fuggono dalla guerra: c’è la massima disponibilità, da parte della Fnopi, a sposare un percorso che può rivelarsi sia umanitario sia funzionale, anche se non certo nelle vesti di logiche sostitutive (piuttosto, di affiancamento).
A tale proposito, la Federazione degli infermieri – che sta anche studiando la possibilità di far proseguire gli studi (senza bisogno di prova di ammissione) agli studenti di Infermieristica che hanno dovuto abbandonare le facoltà ucraine, presso gli atenei italiani – puntualizza: “Niente sanatorie: per una eventuale stabilizzazione è indispensabile verificare la qualità della formazione di chiunque provenga dall’estero e comunque da una formazione differente da quella garantita nel nostro paese E sono necessarie le verifiche previste per legge”.
Ad esprimere forti dubbi sulla scelta del governo il Nursing Up, che pur temendo il rischio paralisi sanitaria in Italia, tramite il presidente Antonio De Palma ha dichiarato che si tratta di una situazione alquanto paradossale, in rimando alla possibilità per i sanitari di esercitare senza bisogno di nessuna integrazione di idoneità dei propri requisiti, come dovrebbe avvenire per legge, per professionisti della sanità appartenenti a paesi che non rientrano nella comunità europea.
Secondo Giuseppe Carbone, segretario nazionale della Fials, oggi è il momento di mostrare solidarietà al popolo ucraino, non di fare demagogia. Alcune posizioni politiche puntano a fare rumore parlando di ingiustizie verso i sanitari italiani, ma dimenticano che anche noi viviamo un’emergenza ed è quella di carenza di personale sanitario (certo, li avete lasciati a casa perché novax… )
Ad ogni modo la vicenda è seguita e agevolata dall’Associazione medici di orgine straniera in Italia, il cui presidente Foad Aodi: “La maggior parte delle richieste per i professionisti ucraini giunge da strutture di Calabria, Puglia, Sicilia e Veneto pronto ad assumerne 250, soprattutto infermieri per le case di riposo ma anche per i Pronto soccorso e gli ambulatori, pubblici e privati. Tanti, tra ospedali, Rsa e ambulatori, si stanno adoperando per la verifica dei documenti e dei titoli di studio e per organizzare corsi intensivi di lingua italiana. Abbiamo chiesto al governo Draghi di far lavorare anche i sanitari russi che scappano dal loro paese. Sarebbe un bel segnale di pace”.
A proposito del Veneto – dove si cercano sanitari nel Brasile e nella Repubblica Dominicana per sopperire alla carenza di operatori – ad accogliere due infermieri per una struttura a Jeolo (Venezia) è Roberto Volpe, presidente Uripa (Unione regionale degli istituti per anziani): “Piena disponibilità, ma non si pensi che il percorso di inserimento sia una passeggiata. La burocrazia per mettere a posto i documenti è lunga, così come l’iter di apprendimento della nostra lingua e realtà lavorativa. Spero che dopo tutta questa fatica gli operatori ucraini restino qui, potrebbero anche aiutare a soccorrere e a vaccinare i loro connazionali”.
Da parte sua, il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, spegne le polemiche sorte proprie intorno al tema della vaccinazione anti Covid per i sanitari provenienti dall’Ucraina: “È scontato che debbano essere vaccinati per lavorare. Lo status di rifugiato impone loro l’obbligo di rispetto della legge italiana”. Allo stesso modo il ministro della Salute, Roberto Speranza, conferma: “Nessuna polemica. Se arrivano professionalità di qualità è corretto metterle al servizio della popolazione”.
Quanta ipocrisia e quanta ingiustizia! Arriverà il giorno in cui gli italioti finalmente si incazzerranno? Francamente ormai le speranze sono poche… a furia di chinare la testa alla fine la schiena si incurva! (nota di conoscenzealconfine.it)
Articolo di Massimo Canorro