Russia: i cosmonauti della Salyut 7 videro gli “Angeli” nello spazio

di Massimo Fratini

Un documento top secret venuto da poco alla luce, svela l’icontro avvenuto nel luglio del 1984, tra l’equipaggio dei cosmonauti russi della Stazione Spaziale “Salyut 7” e alcuni esseri angelici, dall’aspetto umanoide.

La fatica e lo stress di essere soli nello spazio per lunghi periodi di tempo, potrebbe essere un buon motivo per avere delle allucinazioni, ma i cosmonauti russi a bordo della “Salyut 7”, videro tutti, realmente, qualcosa di misterioso, di stupendo che non dimenticheranno mai nella loro vita.

Questa storia è a dir poco strabiliante!! Era il 12 luglio del 1984, i cosmonauti russi si trovavano a bordo della stazione spaziale “Salyut Soviet 7”, ed erano nello spazio da 155 giorni. Quel giorno il gruppo vide delle strane luci e la comparsa di misteriosi esseri.

Secondo il comandante Oleg Atkov e i cosmonauti Vladimir Soloviev e Leonid Kizim, la stazione spaziale era stata completamente immersa in una luce potente e nello stesso tempo affascinante, un colore arancione intenso mai visto prima. Questa luce sembrava entrare da fuori la stazione spaziale e si poteva distinguere un effetto come di… “sanguinamento” attraverso una parete assolutamente opaca.

Sette Angeli dall’aspetto umanoide

Per un breve periodo di tempo, la luce arancione fu così brillante da accecare l’equipaggio. In seguito, ognuno di loro potè chiaramente osservare dagli oblò la sorgente di quella luce intensa… Era un effetto strano, come se ci fosse una esplosione di questa luce arancione e all’interno si potevano distinguere sette volti di esseri misteriosi. I cosmonauti conoscevano ogni centimetro della Salyut 7 e sapevano che non si trattava di un incendio. Ciò che stava vedendo l’equipaggio era un fenomeno incomprensibile: una luce arancione, avvolgeva misteriose presenze nello spazio!

Tutti i cosmonauti hanno riferito di aver visto i volti di sette “angeli” che si libravano appena fuori dalla stazione spaziale. Hanno poi confermato, tramite il centro di controllo spaziale a terra, che questi esseri erano di aspetto umanoide (volti e corpi sembrava umani), ma avevano le ali e degli aloni di luce intorno. Questi esseri stazionarono vicino alla Stazione Spaziale Salyut 7 per 10 minuti circa, prima di sparire nel nulla.

Il 167° giorno, l’equipaggio fu poi raggiunto da un altro team di tre cosmonauti a bordo della navicella T-12 Soyuz: Svetlana Savitskaya, Igor Volk e Vladimir Dzhanibekov e poco dopo essere entrati nella stazione Salyut 7, essa è stata ancora una volta immersa in una calda luce arancione. Poi tutti quanti gli astronauti hanno guardato fuori dagli oblò e ancora una volta, sono stati raggiunti da esseri angelici.

I cosmonauti hanno poi riferito che la dimensione della luce con gli esseri angelici, era grossomodo come quella di un aereo commerciale. Questo incidente è stato messo sotto copertura e ritenuto top secret da parte dell’Ex Unione Sovietica e l’equipaggio è stato ammonito e ricattato, per evitare di rendere di dominio pubblico la loro esperienza spettacolare.

I cosmonauti hanno tutti riferito di aver visto degli “angeli che sorridevano”. Le autorità hanno negato e respinto l’incidente, giustificandolo come causato dall’estrema fatica di un soggiorno prolungato nello spazio. Ma non era stato un solo cosmonauta ad osservare gli Angeli nello spazio, tutta la squadra li aveva visti. Dopo questo strano incidente, l’equipaggio ha continuato a rimanere nella stazione spaziale battendo il record di permanenza di 237 giorni prima di abbandonarla.

Articolo di Massimo Fratini

Fonte: https://www.segnidalcielo.it/russia-i-cosmonauti-della-salyut-7-videro-gli-angeli-nello-spazio/

LA VIA DELL'ESPLORATORE
Il viaggio di un astronauta dell'Apollo 14 nei mondi materiali e mistici
di Edgar Mitchell

La Via dell'Esploratore

Il viaggio di un astronauta dell'Apollo 14 nei mondi materiali e mistici

di Edgar Mitchell

Il primo libro di uno dei pochissimi uomini ad aver calpestato il suolo lunare. Edgar Mitchell, astronauta dell'apollo 14, racconta il viaggio spaziale e quello che ne è seguito, più intimo, più profondo, più intenso. E' la costruzione di un modello diadico di realtà, grazie al quale scienza e religione trovano un terreno comune e si integrano, indicando all'umanità la strada per l'evoluzione.

Il 31 gennaio del 1971 l'Apollo 14 lasciò la base di Cape Kennedy e, tre giorni dopo, Edgar Mitchell e Alan Shepard camminarono sulla superficie lunare. Erano tempi audaci per l'umanità. Per Mitchell, comunque, il viaggio più straordinario non era ancora cominciato. Come venne scagliato in direzione della Terra attraverso il nero abisso tra quei due mondi, Mitchell fu avvolto da un'intensa sensazione: "Avvertii di essere connesso con l'intero l'universo".

Intuì che la sua presenza, quella dei suoi compagni astronauti, e persino quella del pianeta visibile attraverso il vetro dell'Apollo erano parte di un deliberato processo universale, e che lo stesso cosmo luccicante era, in qualche modo, cosciente. L'esperienza fu così travolgente che Mitchell capì che la sua vita non sarebbe stata più la stessa.  

La direzione che il suo lavoro prese nei seguenti venticinque anni fu un viaggio di tutt'altro genere, che l'avrebbe condotto nelle profondità dell'umano, alla scoperta dell'ineffabile mistero della coscienza e dell'esistenza.

Cresciuto in una famiglia battista conservatrice in Texas, e avendo studiato tutte le scienze più avanzate al MIT, sentì il bisogno di integrare ciò che, secondo la mentalità occidentale, è sempre stato separato e sempre lo sarà: scienza e religione. Agli inizi degli anni Settanta, Mitchell ha dunque lasciato la NASA per fondare l'Istituto di Scienze Noetiche, con il quale cominciò a condurre ricerche in quei campi fino ad allora tralasciati dalla scienza perché non corrispondenti al pensiero dominante.

Grazie al suo lavoro, è arrivato a costruire una teoria che può spiegare non solo il mistero della coscienza umana, ma anche gli eventi psichici, ciò che i religiosi chiamano "miracoli" e gli scienziati semplicemente rifiutano.

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