di Evi Crotti
Roberto Speranza, Domenico Arcuri e Luigi di Maio: emerge in tutti loro narcisismo, protagonismo e un senso di sconfitta e di voglia di rivalsa.
Affermava il prof. Umberto Veronesi in un’intervista su Oggi: “La grafologia è una scienza e ci dice anche quanto siamo sani. La grafologia è stata per me un modo per conoscere gli altri, perché è un segno rivelatore della personalità umana”.
Dalla firma del commissario Domenico Arcuri, emergono le stesse modalità comportamentali che si trovano nelle firme dell’onorevole Roberto Speranza e Luigi di Maio, ossia la ricerca di una compensazione a un vissuto sociale poco gratificante del passato. Emerge in tutti loro un senso di sconfitta e, di conseguenza, la voglia di rivalsa che non permette serenità e applicazione nel campo politico e sociale secondo modi appropriati. La presunzione e l’idealismo (in tutti e tre sono presenti lettere oscure che svettano verso l’alto) sono indice di narcisismo e protagonismo. In questo senso, è curioso osservare anche il linguaggio del corpo: in Arcuri le sopracciglia arcuate, in Di Maio il procedere saltellando mentre cammina e in Speranza un sorriso formale e forzato.
Ma passiamo alla grafologia. La firma è un chiaro simbolo legato alla paternità e, come tale, permette di verificarne il vissuto, l’accostamento e le potenzialità realizzative specie nella professione e nel sociale. È come avviene nel mondo del lavoro, dove la grafologia viene utilizzata per collocare l’uomo giusto al posto giusto. Attraverso lo studio della firma si possono quindi rilevare l’idoneità, lo spessore e la preparazione culturale atte alla gestione della complessità che il mondo politico richiede. Tutti i tre i politici analizzati, presentano una firma oscura, cioè illeggibile, con lettere che “sparano” in alto e con una povertà grafica che induce a dire che tutti e tre avrebbero bisogno di una salvifica introspezione, per rivedere con “verace umiltà” la loro forte spinta ad emergere, come compensazione di sentimenti di inferiorità.
L’Esuberanza del Guru
E Beppe Grillo? Il “Guru”, nome attribuito in India ai capi religiosi, sembra sia risalito sul palcoscenico convinto di poter dimostrare lo stesso fascino che aveva come comico. D’altronde, la firma sottolineata indica una predisposizione al contatto, all’esuberanza esagerata e al comando, che lo porta ad essere protagonista a tutti i costi. Per questo egli tiene molto a primeggiare e a contrastare chi dovesse mettere in discussione la sua abilità di attore protagonista.
Ora, lasciato il palcoscenico dove non poteva più emergere, egli ha voluto creare un “movimento” che però non è stato sufficiente per diventare un vero leader di partito. Nell’investimento politico egli esprime tutta la sua aggressività che lo porta ad adottare una discussione poco conciliante, e ad imporre, almeno verbalmente, il suo volere (taglio della t prolungata e forte energia pressoria, espressione di una grande energia vitale).
Articolo di Evi Crotti – grafologa – www.evicrotti.com