Sta per arrivare una nuova trovata della UE: la Nutri-score, una etichettatura dei prodotti alimentari con i ‘semafori’: il verde indicherebbe il maggior contenuto di nutrienti giudicati positivamente (fibre, proteine, frutta, verdura, leguminose e oleaginose), il giallo i prodotti così così e il rosso i prodotti da evitare.
È solo un problema di “dittatura del sapore”, come dice il filosofo Diego Fusaro, o c’è dell’altro? Certo che l’Unione Europea dell’euro non sa più cosa inventare per favorire le multinazionali. Non contenti di aver sistematicamente sacrificato gli interessi dell’agricoltura sull’altare dell’industria e dei servizi (vedi il CETA, che costringe i Paesi europei ad importare i prodotti agricoli canadesi, freschi e trasformati, per consentire alle multinazionali di fare affari in Canada nei servizi e di esportare lì prodotti industriali), i signori dell’Europa unita (o quasi) adesso stanno mettendo mano alla classifica del cibo. Ci sarebbero i cibi buoni, da semaforo verde, e i cibi cattivi, da semaforo rosso. Risultato: la Coca Cola light è buona, mentre l’olio d’oliva extra vergine farebbe addirittura male alla salute!
Di cosa stiamo discettando? Dell’ultima trovata ‘salutista’ di Bruxelles. Un’etichettatura stampata nelle confezioni degli alimenti (nutri-score) per informare (si fa per dire…) i consumatori. Ad ogni alimento viene assegnato un colore e una lettera sulla scala). I colori sulla scala, da quello che abbiamo letto qua e là, dovrebbero essere i seguenti: verde (A), verdino (B), giallo (C), arancio (D), rosso arancio (E).
Il “Semaforo dei cibi”
Il verde indica maggior contenuto di nutrienti giudicati positivamente: fibre, proteine, frutta, verdura, leguminose e oleaginose. Il verdino che, tutto sommato, i prodotti vanno bene. Il giallo e l’arancio sono già al limite. Mentre il rosso è l’allarme per i cibi da limitare, se non da bandire: grassi saturi, zuccheri, sale.
Non è un criterio sbagliato, per carità: tutti sappiamo che le fibre, la frutta, la verdura e i legumi sono toccasana per il nostro organismo. L’importante è che non contengano sostanze contaminanti o veleni tipo pesticidi, erbicidi e via continuando (è il caso delle lenticchie canadesi al glifosato: per questa ultime che colore prevede la UE?). Il problema è l’approccio fondamentalista: il sale fa male, certo: ma fa male alla salute se consumato in elevate dosi, non certo se usato in modo morigerato.
All’inizio questa idea dei “semafori” sul cibo non era piaciuta a Bruxelles, forse perché l’avevano pensata gli inglesi. Ora ci stanno pensando i francesi (la cui cucina, in realtà, non è che sia proprio light…). La Dg Sante, la Direzione generale Salute e sicurezza del cibo), avrebbe già sperimentato la possibilità di “colorare” i cibi. E adesso, oltre alla Francia, anche altri Paesi europei ci starebbero pensando.
Uuna nuova Legislazione europea sul cibo?
Cosa vogliamo dire? Che è meglio prepararsi a una nuova legislazione europea sui cibi tra semafori verdi, gialli e rossi? Temiamo proprio di sì! Torniamo a ribadire ai nostri lettori – soprattutto agli agricoltori – di non sottovalutare quello che sta succedendo. Perché quella che si sta preparando potrebbe essere una trappola mediatica. Perché in questa storia dei cibi buoni e cibi meno buoni c’è una dose di verità che si potrebbe ritorcere non tanto contro un certo tipo di Dieta Mediterranea, già sputtanata, ma contro i prodotti agricoli italiani freschi e trasformati, a cominciare da quelli del Sud.
L’Unione Europea e la globalizzazione dell’economia – la prima con i propri regolamenti e con alcuni trattati internazionali, la seconda con l’invasione di prodotti agricoli freschi e trasformati a prezzi stracciati – hanno praticamente azzoppato, e in modo molto pesante, la Dieta Mediterranea. Basti pensare al grano canadese che, di fatto, ci viene imposto. O all’olio d’oliva tunisino che l’Unione Europa ha fatto arrivare a dazio zero. O, ancora, alla passata di pomodoro cinese.
L’export italiano in materia di prodotti agroalimentari, oggi, è in parte un finto Made in Italy, perché è il frutto non di prodotti italiani, ma di prodotti importati dall’estero e lavorati. Questo – dobbiamo ammetterlo anche se con amarezza – dà ragione alla logica dei ‘semafori’ verde, giallo e rosso sul cibo che l’Unione Europea potrebbe varare!
Come si fa ad affermate che l’olio d’oliva deorodato a 3 euro a bottiglia (e anche meno) è un prodotto di qualità? Il problema è che è l’Unione Europea che ha ridotto così la propria agricoltura, aprendo le porte alla globalizzazione dell’economia. Non è stata la UE a cambiare i regolamenti, a regolarizzare in Europa il grano al glifosato, l’olio d’oliva deororato, l’olio d’oliva extracomunitario, le lenticchie al glifosato e via continuando?
Dopo aver prodotto tutto questo cosa fa l’Unione Europea? Mette insieme i guasti che ha provocato la globalizzazione dell’economia e il nuovo salutismo e ci viene a raccontare che il cibo italiano non deve più essere valorizzato perché “nuoce alla salute”? Così vengono presi di mira alcuni formaggi italiani, la mozzarella e l’olio d’oliva. Dimenticando che è la stessa Unione Europea, per esempio, da aver voluto introdurre in Europa l’olio d’oliva tunisino a dazio zero!
Cosa c’è dietro questa nuova trovata dell’Unione Europea dell’euro e cosa dobbiamo fare per difenderci? Ha provato a spiegarlo il filosofo e commentatore Diego Fusaro, parlando di una “dittatura del sapore” che mira a livellare i consumi alimentari, neutralizzando le tradizioni, sradicando i popoli e portandoli al piatto unico gastronomicamente corretto.
Come rispondere a questa nuova offensiva salutista dell’Unione Europea? La risposta – lo ribadiamo – non è facile, ma se gli europeisti pensano veramente che l’olio d’oliva extra vergine faccia male alla salute, ebbene, lasciamoli nelle loro convinzioni. L’olio d’oliva extra vergine che si produce nel Sud Italia utilizziamolo noi!
La pasta prodotta con il grano canadese al glifosato non va? Non ci resta che acquistare solo pasta artigianale fatta con il grano duro del Sud! La stessa cosa vale per il pomodoro e, in generale, per gli ortaggi. E la stessa cosa vale per le verdure e la frutta.
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