“Non vogliamo aprire la porta dell’introspezione, perché sappiamo da qualche parte, oltre l’intontimento psichico, che il nostro vero sé ci sta aspettando, per farsi una chiacchieratina con noi”.
Un neonato si sveglia solo nella culla e piange. Le memorie genetiche gli dicono che questo farà arrivare la mamma. Da qualche altra parte, nella stessa notte un bimbo gattona verso il letto dei genitori, chiedendo di dormire con loro.
NON ha paura del buio, ma di essere SOLO nel buio. Quella stessa notte, una donna picchiata in strada, ritorna dall’uomo che l’ha picchiata, esattamente per la stessa ragione.Senza dubbio, gli umani posseggono la memoria genetica di quando eravano preda di predatori nella notte; senza dubbio questo grava sul perché nel buio non ci sentiamo a nostro agio e addirittura vulnerabili. Siamo una specie sociale che prima ha vissuto insieme, scoprendo sicurezza nel numero; avendolo poi trovato vantaggioso, lo ha scelto come stile di vita permanente. Non solo ci piace la compagnia degli altri, ma ne siamo dipendenti, persino ne abbiamo bisogno su un piano psicologico.
Il pendolarismo per andare al lavoro è spesso una zona di solitudine… che immediatamente riempiamo con cellulari, bluetooth, ipad… qualsiasi cosa sia necessaria per evitarci di essere soli con i nostri pensieri ed emozioni. In ogni giorno delle nostre vite, dedichiamo molta energia mentale per evitare periodi prolungati di solitudine.
Oggidì i video della tv sono un equipaggiamento standard su molti voli di linea e persino su auto di alto livello, tutto questo in armonia con la nostra predilezione per la distrazione dai nostri pensieri. L’acquisizione di denaro diventa inoltre la distrazione primaria da una simile introspezione, per la quale invece la solitudine fornisce spazio.
La società è colma di migliaia di distrazioni quotidiane, fornendoci ampie occasioni di fuga dalla solitudine. Abbiamo persino inventato un paio di giochi di carte, quali perditempo, per impedirci di pensare alle cose a cui non ci piace pensare.
Senza dubbio la TV è cosi popolare per il fatto che non richiede molto pensiero, anzi ci porta via i pensieri, con tutti gli aspetti negativi del caso.
Di fatto, all’essere umano medio, la solitudine e l’isolamento sembra che infondano un vero senso di disagio e persino dolore; questa la ragione per cui i genitori, le scuole e le prigioni usano un confino solitario come punizione efficace.
“I due giorni piu’ importanti nella nostra vita, sono il giorno in cui si nasce e quello in cui scopri perchè”. Mark Twain
Perché cosi tanti adulti razionali temono la solitudine e l’isolamento? Perché ci sentiamo cosi a disagio durante prolungati periodi di isolamento? La prossimità degli altri, ci da qualcosa che non possiamo ottenere da soli? Oppure si tratta piuttosto di una questione attinente al fatto di evitare ciò che ci mette a disagio?
Può essere che ci sentiamo a disagio con la solitudine perché apre la porta dell’introspezione, permettendoci l’opportunità di essere faccia a faccia con i nostri pensieri più veri ed emozioni… il nostro sè essenziale.
Vero è che ognuno di noi ha bisogno, regolarmente, di un “tempo per sé”, per tenere a bada l’inconsistente presa sulla realtà e mettere in ordine le cose. Tuttavia la solitudine a cui mi riferisco non è del tipo di “manutenzione regolare”, ma è molto più prolungata per sua natura.
La reazione avversa ad una solitudine prolungata si riferisce al tempo passato nell’utero durante la gestazione, come fosse una sorta di memoria latente di essere impotenti nel limbo liquido?
Potrebbe essere questa la ragione per cui generalmente evitiamo di essere soli per lunghi periodi di tempo? Me lo chiedo. Ci potrebbe essere una spiegazione diversa.
Mentre traiamo grandi benefici dal tempo “per noi stessi” di ordine intenzionale, e lo troviamo una necessità, troppo di una buona cosa ha spesso dei risultati non voluti. Uno di questi, nella estesa solitudine, è che prima o poi finiranno le distrazioni e ci saranno altre cose a cui pensare … che arriveranno ad essere faccia a faccia con il nostro vero sé.
“La Vita ti scoverà ovunque andrai” ~ Warren Zevon
Un esempio eccellente è il modo in cui la gente di solito si comporta quando c’è un black out…Quando la corrente se ne va, la prima vera cosa buona che accade, è che la griglia elettromagnetica intorno a noi crolla . Mentre c’è corrente, è come essere dentro una gabbia elettrificata, con tutti i fili alle pareti e soffitto, per non dire tutti i vari motori elettrici e circuiti che girano in tutte le varie nostre applicazioni.
Quando il la corrente viene a mancare ciò che realmente si percepisce è che la gabbia di elettricità cade…e nel momento successivo tutto sembra diverso.
Per un attimo è come essere in campeggio, ma mentre la nostra infrastruttura continua a deteriorarsi senza venire riparata, i blackout durano piu’ a lungo e colpiscono aree piu’ estese. Confinate una famiglia di quattro persone in casa propria ma senza elettricità per tre giorni ed osservate che accade…
Cosa stiamo realmente evitando nel rifuggire la solitudine? Penso che non è cosi tanto la solitudine in sé, ma cio’ che accade durante tali periodi, quando tutte le distrazioni e cio’ che fuorvia se ne sono andate…cosi come le cose superflue su cui perdere energia mentale; cosi alla fine bisogna stare di fronte al vero sè, con i suoi pensieri e sentimenti.
Che ne è se la tua auto-immagine e tutto il tuo sistema di credenze non tengono piu’ sotto il peso di una costante introspezione e scrutinio? Potrebbe sembrare una valida ragione per evitare una solitudine prolungata e perché siamo cosi riluttanti ad “andare in quel luogo”?
“Un buon giorno è quando non si presenta nessuno alla tua porta e non devi andare da nessuna parte”. Burt Shavitz
Certo siamo creature sociali e scopriamo anche di essere una bella moltitudine diversa e abbiamo eccezioni ad ogni norma. Pensiamo agli eremiti: coloro che per varie ragioni hanno intenzionalmente eletto di vivere soli, separati dalla massa della umanità. Mentre c’è un rifiuto sociale verso quella percentuale che vive in isolamento, la grande maggioranza dei solitari si ritirano per ragioni spirituali e filosofiche, inclusa una parte che non puo’ tollerare di vivere tra masse di sognatori dormenti.
È molto vero che per crescere spiritualmente in questa vita, ci sono certe lezioni che possono essere apprese solo in una o due relazioni qua e là. Ma è vero anche il contrario. Ci sono certe lezioni che possono essere apprese solo in solitudine come stile di vita scelto.
Molto spesso la gente sceglie questa ultima soluzione, dopo aver fatto un po’ di tentativi nell’altra. Non possiamo crescere senza la saggezza raggiunta con relazioni sane ma non possiamo veramente conoscere noi stessi senza la grazia della solitudine.
Mentre la maggior parte della gente dice che troppa solitudine la manda fuori di testa, per alcuni un tale isolamento in sé , è una via verso la salute mentale.
Poi ci sono quelli che sono cosi abbattuti e disillusi dalla vita, con la sua miriade di delusioni, che la solitudine diventa la scelta meno dolorosa e quindi la scelgono.
C’è una libertà nella solitudine, la libertà dalle macchinazioni e manipolazioni di coloro che vivono molto vicini… la libertà dai giochini della mente. La solitudine consente un contesto conduttivo per concentrarsi senza distrazione o depistaggio. La solitudine è un terreno per la creatività, dove nessuno se non te stesso puo’ rovinare il tuo lavoro: consente anche quell’auto-scrutinio infinito sugli errori del passato mentre tende di evitare quelli futuri!
La solitudine è un isolante dall’oceano di vibrazioni negative, cosi dilaganti ovunque ci siano congreghe di umani in grande numero ed un rifugio da coloro che hanno cuori anneriti e che contaminano tutti quelli che hanno intorno.
La solitudine, quando è misurata in anni o decenni, diventa sia una scelta di stile di vita conscio che… un cattivo karma.
Essere in una relazione da un senso di convalida e di valore perché un altro desidera essere con te, cosa che aiuta l’autostima. Al contrario, l’isolamento da fastidio all’ego umano, che sussurra la menzogna che non si è amati né voluti. La società sfrutta questa dicotomia nel momento in cui ritrae i senzatetto come degli avatar negativi che devono essere evitati, cosi come ritrae qualcuno che sta morendo da solo come qualcuno che ha buttato via la sua vita. Questa propaganda sociale esiste per alienare ulteriormente e polarizzare i non conformisti che spesso affiorano.
Vi siete mai chiesti perchè i ricercatori spirituali sono spesso ritratti come coloro che devono ottenere saggezza da qualche guru che vive in qualche grotta sulla cima della montagna?
Questo da voce alla nozione che per scoprire la conoscenza spirituale ci si debba isolare dal ciccaleccio della società.
La verità è che moltissimi cercano conoscenza spirituale in varie esperienze ed espressioni, raccogliendo saggezza da quanti piu’ insegnanti possibile e va bene cosi. Tuttavia c’è l’unica via per incontrare e conoscere il tuo vero sé… niente all’infuori di te puo’ fare questo, se non la solitudine e il desiderio di fare questo incontro.
L’avversione ad incontrare il tuo vero sé puo’ bene aver a che fare con il non desiderio di vedere cosa ha da mostrarti e questa è la ragione per cui la gente ha attivi i meccanismi di difesa ed uno smart phone pieno di apps per distrarsi.
È anche la ragione per cui la piu’ parte evita solitudini prolungate ed isolamento. Perché strutturiamo le nostre vite in modo tale da non avere mai il tempo per una decente meditazione, per non dire per passare una settimana da soli da qualche parte?
Perché persino pensiamo che non farlo sia salutare?Il messaggio del nostre vero sé è forse stato bloccato dal nostro desiderio quotidiano di distrazione e depistaggio?
Da cosa esattamente cerchiamo distrazione? Chieditelo.
Molto piu’ spesso che non il contrario, siamo come neonati ciechi in un alveare, quando si tratta dell’unica persona da cui non possiamo sfuggire: noi stessi! Sembra che faremmo volentieri qualsiasi altra cosa, piuttosto che paragonare la nostra auto-immagine a quella del vero sé
Non vogliamo aprire la porta dell’introspezione, perché sappiamo da qualche parte, oltre l’intontimento psichico, che il nostro vero sé ci sta aspettando, per farsi una chiacchieratina con noi.
E noi…semplicemente non siamo pronti per quella conversazione.
Che la Fonte sia con te!
“Ero solito pensare che la cosa peggiore della vita, fosse finire con l’essere da soli.
Non lo è. La cosa peggiore nella vita è finire con persone che ti fanno sentire da solo!”
Fonte: http://augureye.blogspot.com.es/
Traduzione Cristina Bassi per www.thelivingspirits.net