Giovedì 31 agosto è stata celbrata la “Festa del sacrificio” e si torna a discutere in Italia di macellazione rituale. E se l’animale viene ucciso tramite sgozzamento il consumatore, ahimè, non lo saprà mai.
Questo perché non vi è alcun obbligo di indicazione nell’etichetta, e parte della carne macellata, secondo i precetti religiosi, viene venduta al mercato regolare. Sembra incredibile ma è possibile. Anche perché in genere con la macellazione islamica si consumano parti più economiche come il quarto anteriore, punta di petto, spalle, frattaglie. Il resto non viene mica sprecato, finisce sui banconi dei nostri supermercati!
La macellazione rituale: le regole ferree
Come ben spiega anche Giulia Innocenzi nel suo libro “Tritacarne”, la macellazione secondo i dettami islamici prevede alcune regole ferree. Il macellatore deve essere musulmano, l’animale deve essere orientato fisicamente in direzione della Mecca e il taglio della gola deve essere eseguito con una lama affilatissima, che non deve intaccare la spina dorsale e non deve essere ritirata finché non sono state recise le arterie carotidi, le vene jugulari, la trachea e l’esofago. L’animale deve essere trattato con rispetto, tranquillizzato, fatto adagiare sul fianco sinistro, in un luogo dove non ci siano tracce di sangue o bestie macellate. Le sue zampe devono esser legate eccetto la destra posteriore, che deve essere lasciata libera per dare alla bestia la possibilità di muovere l’arto, attività che lo tranquillizza. Il taglio deve essere preceduto dalla formula “bismillàhi Allàhu àkbar!” e l’animale muore per sgozzamento. Si tratta di una morte lenta, dolorosa e senza stordimento alcuno.
La macellazione rituale è salutare? non proprio…
E come la mettiamo con la salubrità della carne? L’obiettivo è ottenere carne priva di sangue. Questo perché secondo il Corano non è possibile il consumo di carne di “bestia morta, il sangue, la carne del porco“. Ovviamente questi precetti, se si confrontano con l’epoca in cui sono stati scritti, avevano una valenza igienico sanitaria. Oggi però, confrontandoli con gli studi scientifici fatti fino a oggi, non vi è alcuna differenza tra animali macellati con stordimento e non. Anzi, il dolore prolungato dell’animale e la sua sensibilità possono portare l’esemplare, negli ultimi istanti di vita, ad aspirare più sangue nell’apparato respiratorio. Non solo. In base alle normative europee trachea ed esofago devono rimanere intatte per evitare che materiali di reflusso finiscano all’interno dei polmoni. Cosa che la macellazione rituale non prevede. Per non parlare del dolore e lo stress fisico che subisce l’animale. In quegli ultimi istanti produrrà ormoni come adrenalina e cortisolo andando a inficiare la qualità della carne stessa. In ultimo c’è una problematica non da poco: il controllo finale spetta al veterinario ma il macellatore, ad esempio, viene indicato dall’imam. E spesso l’ufficiale sanitario non ha un lavoro facile sul campo.
La macellazione rituale nell’Unione Europea
“Le pare che noi possiamo tollerarla la cosiddetta macellazione islamica? Dovremmo dire sì a questa sofferenza inaudita e scellerata praticata su animali vivi e coscienti, e celebrata e osannata come una festa? Si possono uccidere così brutalmente degli esseri senzienti, quali sono i poveri animali sacrificati, senza nemmeno stordirli perché il rito lo vieta? Possibile festeggiare la sofferenza, fosse anche per compiacere Allah?”, si è chiesta Michela Brambilla in una intervista rilasciata su Libero.
In effetti in Italia, nonostante il consumatore non sia informato sulla modalità di macellazione dell’animale, la rituale islamica è possibile. Alcuni paesi europei però l’hanno totalmente abolita come Austria, Svezia e Norvegia. Noi invece siamo tra i maggiori produttori di carne macellata secondo i precetti islamici: con 44.032 bovini l’anno e oltre 200 macelli autorizzati. Con noi ci sono Francia, Paesi Bassi, Spagna, Regno Unito, Belgio (ancora per poco, sarà eliminata entro il 2020) e Irlanda. In barba ai rischi igienici e a controlli che spesso rischiano di esser evasi e a discapito del consumatore finale.