Può trattarsi di una stretta di mano calorosa, di un abbraccio stretto, della sensazione della pelle sulla pelle nel rapporto intimo e perfino di un massaggio rilassante: il contatto fisico è una vera panacea, non solo per la nostra mente, ma anche per il corpo.
Sono numerose le ricerche scientifiche che dimostrano l’effetto della stimolazione tattile sull’organismo. Il contatto è in grado, infatti, di ridurre la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca; inoltre, aumenta l’efficienza del sistema immunitario e allevia il dolore. La tradizione cristiana attribuisce al contatto un potere ancora più strabiliante: toccando si può guarire. Nel Vangelo numerosi miracoli vengono realizzati dal Messia con l’imposizione delle mani; ad esempio, in un passo si legge: “Mosso a compassione, [Gesù] stese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, guarisci!”. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì” […](Vangelo secondo Marco 1,40-45).
La cura delle malattie con questo metodo poco ortodosso è stato perfino utilizzato dal padre della medicina, Ippocrate, (vissuto attorno al 400 a.C.). In uno dei suoi scritti, infatti, afferma che: “mi è spesso sembrato, mentre io stavo curando i miei pazienti, come le mie mani avessero la singolare proprietà di estrarre i prodotti di rifiuto e diverse impurità raccolte nelle parti malate, mentre le mie mani e le mie dita erano tese verso di esse. […]”.
Nella cultura orientale, esperienze come quella descritta da Ippocrate sono presenti da tempo immemore come metodi di cura. Il presupposto di queste pratiche è l’esistenza di un campo energetico che si espande oltre i confini fisici, definito “energia vitale”; nella medicina tradizionale cinese, questa energia è chiamata Qi (si pronuncia “chee”). Nella medicina ayurvedica indiana, prende il nome di Prana.
Partendo da queste premesse, Dolores Krieger, docente alla New York University School of Nursing, e Dora Kunz, una guaritrice naturale, hanno elaborato agli albori degli anni ’70 il metodo del “tocco terapeutico”.
Il principio su cui si basa il tocco teraputico è l’idea che un buono stato di salute richieda un flusso equilibrato di energia vitale. Chi lo pratica, afferma di percepire l’energia delle persone attraverso le proprie mani e di inviare, quindi, un’energia “pulita” dentro il soggetto; quest’ultimo di solito avverte queste processo come calore, rilassamento e sollievo dal dolore.
Nei primi anni 1980, John Zimmerman, ricercatore presso la Colorado School off Medicine dell’Università di Denver, ha iniziato una serie di importanti studi su questo metodo utilizzando un magnetometro SQUID. Grazie a questo strumento, Zimmerman ha scoperto che un grande campo biomagnetico “intermittente” emanava dalle mani dei professionisti TT (therapeutic touch).
La frequenza delle pulsazioni non era costante, ma oscillava da 0,3 a 30 Hz (cicli al secondo), attestantosi per buona parte del tempo su una gamma di 7-8 Hz. Inoltre, lo studioso ha appurato che le variazioni d’intensità delle pulsazioni biomagnetiche riflettevano quelle delle onde cerebrali.
Una delle più significative conferme delle osservazioni di Zimmerman è arrivato da uno studio di un’equipe di ricercatori giapponesi, capitanati dal fisiologo Akira Sato. Di norma, le mani emettono campi magnetici piuttosto deboli. Esaminando 37 volontari con un magnetometro semplice che consiste di due bobine, avvolte da 80.000 spire di filo di rame, hanno appurato che in 3 di loro (tutti praticanti discipline marziali per aumentare il flusso d’energia) l’intensità del campo magnetico era 1.000 volte superiore a quella di una persona normale e la frequenza rilevata andava dai 4 ai 10 Hz.
Chien Chin-Hsiang, Julia Tsuei assieme ad altri colleghi hanno analizzato le variazioni della radiazione infrarossa misurata sul palmo di un maestro di “Qigong” (una disciplina che porta all’equilibrio e all’aumento dell’energia “Qi”). In questo modo, hanno rilevato che quando l’uomo emetteva il cosiddetto Qi facilitante (positivo), veniva registrato un incremento dell’intensità delle onde infrarosse attorno alla sua mano (verosimilmente, per un aumento del flusso sanguigno); per contro, quando il maestro emetteva il Qi inibente (distruttivo), l’emissione infrarossa era rarefatta.
Numerosi studi sono stati poi condotti sugli effetti del contatto terapeutico dando prova che riduce il dolore e i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) e l’ansia; inoltre, ha un’effetto calmante.
Altre indagini sembrano provare che l’impatto di questa emissione sia molto più profondo e possa agire sul piano organico: ad esempio, nella ricerca citata di Chien Chin-Hsiang e della sua equipe, l’imposizione delle mani del maestro cinese su una cultura di cellule in vitro, ha messo in luce che questa emissione aveva prodotto una modificazione della crescita cellulare.
Da questo studio è infatti emerso che era possibile riscontrare un aumento della sintesi del DNA del 10-15% in un arco di 24 ore e una proliferazione del 3-5% della sintesi delle proteine dopo 2 ore con il Qi “facilitante”. Il Qi “inibente” invece aveva indotto una riduzione della sintesi del DNA del 20-23%, sempre in 24 ore e un decremento della sintesi delle proteine del 35-48% dopo due ore.
Tutt’ora, la natura di queste energia è sconosciuta: Mandi Coakley, primario al Massachusetts General Hospital, che ha condotto numerose ricerche sulle medicine complementari, commenta al riguardo che “non si sa come agisce, ma funziona!”.
Fonte: http://www.linguaggiodelcorpo.it/2017/11/05/mani-che-curano/