di Gianni Petrosillo
In questo periodo pregno di cambiamenti e quindi di rischi elevati, un passo falso o di troppo può seriamente compromettere il futuro dei prossimi trenta o quarant’anni dell’Italia e di tutti gli altri paesi del mondo.
Stanno mutando i rapporti di forza internazionali e con essi gli assetti mondiali. Chi resta imprigionato nei vecchi schemi non ha speranze di risollevarsi. La crisi economica è il segnale di questa situazione di scollamento dell’ordine politico globale, effetto e non causa delle drammatiche vicissitudini in corso.
Applaudire Obama, in questo momento, è come schiaffeggiarsi. Affiancare servizievolmente gli Usa non è diventare come gli americani, mettersi alla pari, ma essere i loro cani. La balla della democrazia d’oltreatlantico, quale regno della civiltà e scrigno della libertà, non regge più a nessun raffronto con la realtà. Gli Stati Uniti di oggi sono l’unico vero “Stato canaglia”, il nemico assoluto dei popoli che reclamano indipendenza ed autonomia decisionale. Chi resiste viene eliminato.
Washington deve rinsaldare la sua sfera d’influenza, minacciata dall’emergere di potenziali competitori geopolitici, ma non avendo un autentico contraltare non intende sprecare più risorse del dovuto per affrontare i suoi problemi. All’epoca del bipolarismo imperfetto Usa-Urss, la stessa esistenza di un’alternativa al modello americano, rappresentata da quello sovietico, imponeva di agire con sistemi variegati di fidelizzazione dei clienti. Ora non è più necessario.
Chi non si mette in riga viene minacciato e colpito chi, invece, lo fa viene ugualmente battuto, perché sono le circostanze ad imporlo. È il caso italiano. Se i nostri pavidi dirigenti credono di ottenere qualcosa abbassando la testa s’illudono di grosso. Roma è un avamposto irrinunciabile nei piani statunitensi, perno decisivo della loro strategia contenitiva antitedesca e antirussa, ma vogliono averla senza pagar dazio.
In verità, l’hanno già presa da qualche decennio e stabiliscono, all’occorrenza, chi tra quelli disponibili deve essere il burattino incantatore seduto sullo scranno del potere esecutivo, una volta l’uomo in loden (sobrietà-tà-tà-tà), un’altra il rottamatore (libertà-tà-tà-tà) e domani chissà anche il grillino dell’onestà-tà-tà-tà, purché sia servito e riverito diligentemente il padrone.
In ogni caso, il mondo si è rivelato essere troppo grande per le velleità eccezionaliste americane. L’intento della Casa Bianca è allora più chiaro: non perdere il controllo sull’Europa, per prevenire alleanze antiegemoniche di questa con Russia e Cina. Alimentare l’idea di un nemico alle porte dell’area Ue rientra in questo disegno.
I governanti europei asseveranti una simile menzogna sono etnocrati che agiscono per conto degli yankee. Assecondare l’idea che Mosca o Pechino siano pregiudizialmente nemiche dell’Europa, è mera propaganda filo-americana. E, purtroppo, nelle Cancellerie europee non si fa altro, perché ovunque sono stati posizionati fedeli agenti di Washington.
Tuttavia, i numeri smentiscono questi cialtroni. Come mai la Russia, che sarebbe in procinto di aggredire tutti, scatenando la III Guerra Mondiale, contiene le sue spese militari mentre gli Usa continuano ad accrescerle o, perlomeno, a mantenerle costanti? Scrive Germano Dottori su Limes: “La spesa militare statunitense, pari a 596 miliardi di dollari nel 2015, è oggi oltre nove volte superiore a quella russa che – fermatasi a 66,4 – secondo il Sipri, sarebbe stata superata lo scorso anno non soltanto da quella cinese, ormai a 215 miliardi di dollari, ma anche da quella saudita, che avrebbe invece raggiunto gli 87,2 miliardi di dollari. Secondo altre stime, che tengono conto dei dati annunciati dalla Difesa russa, della svalutazione del rublo e della riduzione del 5% apportata nel 2016 alle spese militari della Federazione, queste ultime non supererebbero quest’anno i 41 miliardi di dollari. Inoltre, anche considerando i più ambiziosi progetti che il ministro della Difesa Sergej Šojgu starebbe definendo per il 2025, la Russia ipotizzerebbe di destinare alle sue Forze armate 454 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, un quinto in meno di quanto gli Stati Uniti stanno spendendo in questo esercizio finanziario”.
Fino a prova contraria, a cambiare le cartine geografiche europee (checché ne pensi l’Alto rappresentante per la politica estera europea), dopo la caduta dell’Urss, è stata la Nato, che si è spinta a poca distanza da Mosca, sottraendole larghe porzioni territoriali a lungo appartenute alla sua orbita geopolitica.
Il Cremlino solo recentemente ha dimostrato di potersi difendere da queste usurpazioni. Si è ripreso la Crimea, dopo un golpe pro-occidentale in Ucraina, e si è spinto fino in Siria per non perdere le sue uniche basi all’estero. Minimo risarcimento rispetto ai decennali torti subiti. La Russia non è l’Unione Sovietica e per ora non ha la forza di aggredire nessuno. Ma l’Ue ha bisogno di paventare l’insidia fittizia di una ipotetica occupazione russa per legittimare basi e truppe statunitensi sul suo suolo. “Rilassatevi”, dunque, l’Europa è già occupata ma i russi non c’entrano.
Articolo di Gianni Petrosillo
Rivisto da Conoscenzealconfine.it