di Assuntina Morresi
Tutti i rapporti umani autentici, si devono basare sulla sostanziale indipendenza delle persone.
“Se una donna dipende dal suo uomo, come facciamo a sapere che quelle due persone vivono volontariamente il loro rapporto? Non staranno insieme perché dipendono l’uno dall’altro o per esigenze economiche?” Questa è l’idea semplice, alla base della “Teoria svedese dell’amore”, ben illustrata nei suoi presupposti e, soprattutto, nelle sue conseguenze, dalla recente produzione Rai di Erik Gandini.
È una descrizione non solo e non tanto del popolo svedese in sé, perché questa teoria “non è un’invenzione svedese: fa parte di un credo nella individualità che da qualche tempo domina la vita in tutto l’occidente. Ma qui in Svezia siamo stati straordinariamente efficienti a trasformare le parole in realtà” e, d’altra parte “la Svezia è il futuro traguardo del progresso, all’apice della curva che indica la direzione di tutto l’occidente”.
La Svezia attuale come anticipazione del futuro che ci aspetta, punto estremo di una interessante “mappa dei valori” che più volte viene visualizzata, e che vale la pena guardare con attenzione in un fermo immagine: nell’asse delle x (orizzontale) ci sono i valori di sopravvivenza e di espressione personale – quindi a sinistra i poveri, e man mano che si va verso destra, i ricchi – mentre nell’asse delle ordinate (in verticale) ci sono, in basso, i valori tradizionali, e man mano che si va verso l’alto, i valori secolari-razionali; quindi si va dalle tradizioni locali in basso, al cattolicesimo in mezzo, fino al protestantesimo europeo in alto, la parte più secolarizzata.
La Svezia è il punto estremo dell’Europa protestante, nettamente distaccata da tutti gli altri. Quindi, il protestantesimo appare come elemento di secolarizzazione fra i paesi ricchi, e la provenienza dal comunismo per quelli ugualmente secolarizzati, ma poveri. Nel documentario l’inizio si fa coincidere con il Manifesto del Partito Socialdemocratico del 1972, quando: “un gruppo di politici ebbe un’idea che, se attuata, poteva rendere la vita migliore per tutti. Era giunto il momento di liberare le donne dagli uomini, gli anziani dai figli, gli adolescenti dai genitori. Venne scritto un manifesto: la famiglia del futuro. Il principio è semplice. Ogni individuo dovrà essere considerato come autonomo, non come l’appendice di qualcun altro. E’ quindi necessario creare le condizioni economiche e sociali che ci renderanno finalmente individui indipendenti”.
La rivoluzione dell’indipendenza in Svezia, quindi, non poteva che investire la famiglia, per essere efficace, cercando di realizzare l’amore vero, quello in cui nessuno ha bisogno dell’altro. L’amore perfetto. E’ dalla destrutturazione della famiglia che si deve passare, e si passa sempre, per modificare l’umano. “I bambini hanno molti diritti. Gli anziani non dipendono più dalla generosità dei figli ormai adulti. La famiglia ideale in Svezia è composta da persone adulte, sostanzialmente indipendenti, che lavorano per se stesse. Indipendenti, per se stesse.” Questi i risultati ben illustrati nell’intero documentario: dopo i 40 anni la metà degli svedesi vive da solo, uno su quattro muore da solo, e ci si riproduce anche da soli.
La parte sulla fecondazione fai-da-te, è estremamente realistica nella solitudine di tutti i suoi passaggi, dalla masturbazione maschile, al gelo della banca del seme – la più grande al mondo, 170 litri di sperma in attesa di essere consegnati – alla consegna a domicilio alla donna, che si insemina seguendo scrupolosamente le istruzioni arrivate con il corriere, insieme allo sperma, che comprendono anche il consiglio di procurarsi un orgasmo, alla fine, per favorire “con le vibrazioni” la fecondazione.
La metà delle clienti della banca è composta da donne sole (soprattutto svedesi), che vogliono figli e decidono di farli anche senza un uomo. Donne single che quando selezionano le caratteristiche del donatore, scelgono tendenzialmente qualcuno che somigli a loro, e per questo ha ancora più senso l’espressione “riprodursi da sole”: senza una relazione con un uomo, avere figli equivale a replicare se stesse, a cercare una copia di sé. E per il futuro si immagina la possibilità di contatti virtuali fra donatore (uomo) e ricevente (donna), che magari significherà ogni tipo di attività relazionale, ma rigorosamente online: cene romantiche, passeggiate, persino rapporti sessuali proprio come nella vita reale, ma senza avere contatti fisici.
Non c’è bisogno invece di pensare al futuro, per vedere cosa significa morire soli, senza nessuno che si accorga della tua mancanza: in Svezia c’è un’agenzia statale con tanto di squadra di investigatori, che cerca di rintracciare i familiari di chi muore in solitudine, e viene scoperto dopo mesi, o anni dalla dipartita. Gente benestante, suicidi che si preoccupano addirittura di lasciare una busta piena di soldi per l’ufficiale giudiziario, per saldare i debiti dopo la morte. Perché in Svezia se una persona si ammala, invecchia o semplicemente non ce la fa da sola, gli aiuti arrivano solo tramite i canali statali. Non puoi piangere sulla spalla di qualcuno. Devi fare una richiesta scritta. Oppure devi compilare un modello di richiesta.
Ma, per fortuna, non tutti aderiscono a questo disperante sistema di valori: un gruppo di giovani si riunisce periodicamente in una foresta “per ricreare piccoli santuari di calore e comunità” perché “noi vogliamo amare”, dicono.
Ci sono, inoltre, anche esperienze più estreme come quella del dr. Erikson, che se ne è andato con sua moglie in Africa, a salvare vite in un ospedale da campo, dove opera con i trapani elettrici comperati al mercato e ripara le fratture con le fascette dell’idraulico. Ma la qualità della vita è impagabile: “Qui nessuno è solo. Se stai male la gente non sta lontana, ma viene a trovarti. Se stai morendo la gente viene a tenerti compagnia. E dopo che sei morto ti piangono. Qui non sei mai solo. Mai”.
Il documentario si chiude con una breve intervista a Zigmund Bauman, il sociologo della società liquida, che boccia senza pietà l’obiettivo dell’indipendenza individuale, che porta a “una vita vuota, priva di senso e a una completa, assoluta, inimmaginabile noia”, indipendenza che andrebbe sostituita da una “piacevolissima interdipendenza”.
Un documentario da vedere, insomma, specie per i sostenitori ad oltranza dell’autodeterminazione: il disperato presente svedese come incubo del futuro prossimo per tutti.
Articolo di Assuntina Morresi
Documentario di Erik Gandini: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-6d7431fb-cb93-48c9-9167-b01471e9d60a.html
Fonte: http://www.loccidentale.it/articoli/142312/la-teoria-svedese-della-solitudine