di Matteo Carnieletto
Una guerra, quella in Yemen, che rischia di uccidere un’intera generazione di bambini.
In Yemen sono oltre 5 milioni i bambini a rischio carestia. Lo annuncia Save the children, precisando che la distribuzione di beni nella città di Hodeidah potrebbe “causare un’epidemia a livelli mai visti”. Il riferimento è alla città portuale nell’ovest del Paese, che da mesi vede il bombardamento incessante dei caccia dell’Arabia Saudita.
Secondo l’organizzazione, la decisione di chiudere il porto “potrebbe mettere in immediato pericolo le vite di centinaia di migliaia di bambini e spingerne milioni verso la carestia”. E Helle Thorning-Schmidt, ceo di Save the Children International, è stata ancora più drastica: “Milioni di bambini non sanno se e quando avranno un altro pasto”. I numeri sembrano dar ragione all’associazione. Le stime parlano infatti di oltre 5 milioni di bambini a rischio.
Thorning-Schmidt fornisce un racconto – in verità uno dei pochi che è possibile avere da questa terra martoriata – di come si vive in Yemen: “In un ospedale che ho visitato, i bambini erano troppo deboli per piangere, i loro corpi esausti dalla fame. Questa guerra rischia di uccidere un’intera generazione di bambini in Yemen, che affrontano diverse minacce, dalle bombe alla fame, fino a malattie prevenibili come il colera“.
L’Unicef fornisce dati, se possibile, ancora peggiori e parlano di 11 milioni di bambini – l’80% del Paese – che hanno bisogno di assistenza umanitaria. In una nota diffusa dall’organizzazione si legge: “Questi bambini affrontano ogni giorno la minaccia della carenza di cibo, delle malattie, degli sfollamenti e una grave carenza di accesso a servizi sociali di base. I servizi sociali sono a malapena in funzione e tutto il Paese è sull’orlo del collasso. Le già deboli infrastrutture civili – comprese le reti idriche, le scuole e le strutture sanitarie – sono sotto attacco. I beni di base sono gravemente insufficienti. Quando mancano i servizi, i bambini sono i primi a soffrire”.
Un agosto di sangue in Yemen
Fare una stima dei morti provocati dalla guerra in Yemen è impossibile. Le stime parlano di 20mila persone, ma le statistiche sono ferme da tempo. Solamente nel mese di agosto, secondo l’Oxfam, sarebbero state uccise più di mille persone, tra cui almeno 300 bambini. Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia, ha descritto così la realtà del conflitto: “In Yemen oggi è il far west. Tutti indistintamente in ogni momento della giornata possono finire nel mirino del nemico. La sofferenza del popolo yemenita è un affronto al nostro senso di umanità: il fallimento delle potenze mondiali nel riaffermare qui i valori fondanti della civiltà, una vergogna”.
Pezzati ha poi spiegato che “siamo di fronte a un triste capitolo della diplomazia contemporanea fatta di accordi sotto banco, doppiezze, ipocrisia. Quanti bambini devono ancora morire, perché si abbia un’ammissione di complicità da parte delle potenze che alimentano questa guerra da oltre tre anni? Si hanno prove di crimini di guerra perpetrati regolarmente, i responsabili dovranno renderne conto. La carneficina deve finire e in questa direzione i colloqui di pace di Ginevra possono essere decisivi per fermare gli attacchi sui civili”.
Le bombe occidentali in Yemen
Forse, il vero problema dello Yemen, non sono nemmeno le bombe. O, almeno, non sono solamente queste ad uccidere in massa gli yemeniti. Proprio in questi giorni, diversi Paesi europei stanno discutendo se vendere o no le bombe all’Arabia Saudita. Dopo la clamorosa retromarcia della Spagna, la Germania ha, invece, deciso di continuare a vendere armi a Riad. Si tratta in particolare di quattro sistemi di posizionamento dell’artiglieria, che possono essere montati su un veicolo per localizzare il nemico, consentendo contrattacchi più precisi. Come riporta l’Agi, si tratta “della prima spedizione di armi tedesche a Riad da marzo, quando il governo della cancelliera tedesca Angela Merkel, aveva annunciato un bando alla vendita di armi ai Paesi coinvolti nella guerra in Yemen”.
Un dibattito simile è stato aperto anche in Italia, con un intervento del ministro della Difesa Elisabetta Trenta che su Facebook ha scritto: “Sono una persona che prima di parlare preferisce studiare e prendere contezza dei problemi nel loro complesso. È un mio modo di essere e ne vado fiera. Ma davanti alle immagini di quel che accade in Yemen ormai da diversi anni, non posso restare in silenzio. Se lo facessi, sarei un’ipocrita. Fino ad ora, erroneamente, si era attribuita la paternità della questione al ministero della Difesa, mentre la competenza è del ministero degli Affari Esteri (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento – Uama), al quale venerdì scorso ho inviato una richiesta di chiarimenti sottolineando, laddove si configurasse una violazione della legge 185 del 1990, di interrompere subito l’export e far decadere immediatamente i contratti in essere. Contratti, ricordo, firmati e portati avanti dal precedente governo”.
Le legge 185 del 1990 mette dei paletti, tra le altre cose, alla vendita di armi “verso i Paesi i cui governi sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell’uomo”. L’Arabia Saudita rientra in questa casistica? Forse, dato che in più di un’occasione si è parlato di crimini di guerra da parte di Riad.
Il vero problema dello Yemen
Come dimostrano i dati, il vero problema dello Yemen non sono le bombe. O, almeno, non sono il principale problema. Ad uccidere sono la carestia, il colera e la fame. Da tempo l’Arabia Saudita sta portando avanti un vero e proprio assedio umanitario per cercare di piegare la popolazione dello Yemen. Un assedio che ha provocato la diffusione di malattie e di malnutrizione. Che hanno colpito essenzialmente i civili.
Articolo di Matteo Carnieletto
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/la-strage-invisibile-dei-sauditi/