Avv. Alessandro Fusillo
Lo scopo della sceneggiata della crisi è chiaro e trasparente: la casta politica, colta dal timore che l’esasperazione dei cittadini potesse portare al potere alle prossime elezioni forze politiche nuove e contrarie all’establishment, ha fatto in modo che il prossimo parlamento sia composto dai soliti noti.
Con mossa scaltra e sorprendente il duo Mattarella-Draghi – che mi ricordano sempre più il gatto e la volpe della favola di Collodi, forse perché la magistratura somiglia in modo preoccupante al giudice gorilla che mise in galera il povero burattino perché era stato derubato – hanno inscenato una crisi di governo che sembra appartenere ad un inquietante scenario distopico.
Il fenomeno della BCE, dopo avere espresso molte volte il suo fastidio per la dialettica parlamentare, come è testimoniato dal numero impressionante di voti di fiducia imposti agli yes-men di Montecitorio e Palazzo Madama, si è dimesso nell’ambito di una sceneggiata sapientemente organizzata allo scopo di garantire, come diceva Tomasi di Lampedusa, che tutto cambi perché tutto resti come prima.
Il presidente della repubblica, sebbene ci fosse fino ad ora una maggioranza parlamentare bulgara, mai vista nella storia d’Italia, con o senza i pezzi residui del Movimento 5Stelle, non ha ritenuto opportuno di fare un giro di consultazioni per verificare se ci fosse la disponibilità del parlamento a sostenere almeno un governo, come si diceva una volta, “balneare”, per traghettare la patria repubblica delle banane ad una campagna elettorale da svolgersi almeno in autunno, e si è affrettato a sciogliere le camere convocando i comizi elettorali.
Cosa, è bene ricordare, che si era rifiutato di fare perché ritenuta perniciosa per le sorti del paese, quando cadde il governo Conte bis che, come quello di Draghi, aveva la maggioranza parlamentare con o senza il sostegno del partitino di Renzi. È curioso che dopo un decennio di governi del presidente costruiti ad arte in nome di varie emergenze e fondati sul sacro terrore dei politici italiani per il rito elettorale, la classe politica si riscopra improvvisamente democratica e sia punta da tale vaghezza per il voto, da accettare una campagna elettorale a Ferragosto. Ça va sans dire: le elezioni sono state convocate in una data che rendesse certa per i parlamentari la maturazione del vitalizio che spetta dopo aver danneggiato gli italiani per almeno una legislatura, ridotta a quattro anni sei mesi e un giorno.
Con incredibile preveggenza il parlamento nel convertire il decreto-legge 41/2022 aveva inserito, il 30 giugno 2022, prima che si parlasse di crisi, una disposizione che esenta dalla raccolta delle firme per la presentazione delle candidature, tutti i partiti o gruppi politici già costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due camere alla data del 31 dicembre 2021 (non all’inizio della legislatura, com’era prima) e quelli che hanno presentato candidature con proprio simbolo alle ultime elezioni nazionali o europee, ottenendo almeno un seggio proporzionale, o almeno l’1% su base nazionale se riuniti in una coalizione. Chi beneficia di questa norma alquanto bizantina sono sicuramente i partitucoli del Signor Renzi e del Signor Lupi.
Lo scopo della sceneggiata della crisi è quindi chiaro e trasparente: la casta politica, colta dal timore che l’esasperazione dei cittadini potesse portare al potere alle prossime elezioni forze politiche nuove e contrarie all’establishment, ha fatto in modo che il prossimo parlamento sia composto dai soliti noti.
Varrà chiosare che se l’Italia si definisce pomposamente una repubblica democratica all’art. 1 della “costituzione più bella del mondo”, all’atto pratico le norme inutilmente vessatorie e burocratiche per presentarsi alle elezioni sembrerebbero fatte a bella posta per scoraggiare qualsiasi partecipazione ampia e popolare alle consultazioni elettorali.
Raccogliere firme, depositarle, selezionare i candidati e presentarsi agli elettori durante il mese di agosto diventa un compito pressoché impossibile, con il bel risultato che le forze di protesta non avranno quasi alcuna possibilità di riuscire ad ottenere qualche seggio. La facile previsione è che vincerà uno scalcinato centrodestra che, dopo aver votato tutte le angherie dei governi Conte e Draghi, avrà la dabbenaggine di presentarsi agli elettori come una forza alternativa all’imperante dittatura sanitaria.
Tant’è che la Signora Meloni pare abbia pudicamente cancellato i suoi post in cui inneggiava al green pass ed all’obbligo vaccinale cercando di rifarsi un improbabile belletto, dopo aver recitato il ruolo di una finta opposizione ai governi della legislatura che si chiude. A partire dall’autunno, il nuovo governo continuerà sulla stessa linea dei precedenti, probabilmente anche peggio. Infatti, quello che accomuna tutte le forze politiche è l’incondizionata ammirazione per il Signor Draghi e per i gravi danni che ha arrecato al paese.
In realtà gli elettori, che tanto fessi non sono, sanno da tempo che le elezioni sono una ridicola farsa e le disertano sistematicamente, consapevoli del fatto che qualunque promessa fatta in campagna elettorale potrà essere impunemente disattesa e tradita e che il teatrino della maggioranza e dell’opposizione è una squallida messa in scena il cui unico scopo è quello di garantire lo status quo.
È uno strano mandato quello parlamentare in cui il rappresentante, che a rigor di logica dovrebbe svolgere il compito affidatogli da chi l’ha nominato, può fare invece, come previsto espressamente dalla costituzione, ciò che meglio gli aggrada senza che gli elettori possano revocarlo, come accade negli Stati Uniti con l’istituto del recall o come accadeva ad Atene, nella culla della democrazia, con l’ostracismo.
Illusoria è, poi, l’idea che il parlamento sia responsabile dell’approvazione delle leggi visto che l’iniziativa legislativa è saldamente in mano al governo che ama esercitarla mediante la presentazione al parlamento di decreti-legge da approvare a scatola chiusa con il voto di fiducia. Insomma, i rappresentanti del popolo sono in realtà un’assemblea stucchevole e vana chiamata periodicamente a dire di sì al governo, almeno sino allo scoccare dei fatidici quattro anni, sei mesi e un giorno che assicureranno loro l’agognato vitalizio.
Chi veramente detiene il potere in Italia sono il presidente della repubblica e il presidente del consiglio, sicché l’unico esile filo che lega la politica e la legislazione alla mitologica volontà popolare è la convocazione del parlamento in seduta comune per l’elezione, appunto, del capo dello stato. Se ne riparla nel 2029. Il prossimo parlamento, che andrà in scadenza nel 2027, non voterà il prossimo presidente della repubblica per cui conterà ancora meno di quello attuale.
In questa deprimente situazione alcune nuove forze politiche si stanno affacciando alla ribalta e stanno tentando di superare il difficile scoglio della raccolta delle firme necessarie alla presentazione di simboli e candidature a cavallo del Ferragosto. Molti nascono dai vari movimenti di protesta che a partire dal 2020 si sono creati in Italia per resistere alle misure totalitarie disposte dai governi Conte e Draghi, sebbene alcuni stiano imbarcando personaggi che a vario titolo erano già parte dell’establishment politico precedente, minando in radice la credibilità delle presunte facce nuove.
Un rapido sguardo ai programmi che stanno cominciando a circolare dimostra, però, che nessuno si è posto il problema di mettere mano alla questione centrale. Sebbene tutto il paese sia reduce da due anni di decreti, protocolli e regolamentazioni assurde, dal divieto di uscire di casa sino a quello di lavorare, pochi sono quelli che si sono resi conto che il problema non è dato da chi siede sulle poltrone di comando e nemmeno dai vari programmi politici in corso di presentazione.
L’elefante nella stanza è l’esistenza di un potere eccessivo, illimitato e in grado di distruggere la vita di tutti, come abbiamo visto con chiarezza negli ultimi due anni. La questione è, quindi, come limitare, ridurre e idealmente eliminare lo strapotere del governo e dei suoi lacchè del parlamento, affinché quanto è successo dal febbraio 2020 ad oggi non abbia a ripetersi mai più.
Un programma di ripristino della libertà potrebbe essere costituito da pochi punti sui quali un’ipotetica – e temo inesistente – forza antisistema potrebbe convergere. Eccoli:
– abolizione di tutta la legislazione emergenziale dal 2020 ad oggi,
– modifica dell’art. 32 della costituzione, allo scopo di eliminare i trattamenti sanitari obbligatori e introdurre il principio dell’autodeterminazione sanitaria,
– modifica della costituzione con l’abrogazione della possibilità di adottare decreti legge, leggi delega e decreti legislativi delegati,
– eliminazione del potere di iniziativa legislativa del governo,
– eliminazione del voto di fiducia ancorato all’approvazione di una legge,
– eliminazione di tutte le norme sul segreto di stato,
– chiusura del programma PNRR,
– divieto per i magistrati di svolgere qualsiasi incarico extragiudiziale per evitare che consiglieri dei TAR e del Consiglio di Stato finiscano a fare i capi di gabinetto delle amministrazioni che devono giudicare,
– separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e inquirenti,
– abolizione di qualsiasi norma che limiti la responsabilità patrimoniale dei magistrati per i danni compiuti nell’esercizio delle loro funzioni,
– chiusura di tutti i programmi di digitalizzazione e transizione ecologica,
– uscita dalla Nato, dall’OMS e dall’Unione Europea.
Pochissimi punti, ancora largamente insufficienti a mettere davvero le mani sul disastro italico, ma almeno un inizio.
L’elefante è al centro della stanza ma nessuno vuole parlarne e vederlo. Il problema non è come il potere venga esercitato e da chi, ma il problema è che il potere esista. Per tanti anni si è cianciato scioccamente del problema dell’ingovernabilità. Il problema dell’Italia è la governabilità, è l’estrema facilità con cui la classe politica può riversare sui cittadini migliaia e migliaia di regole, il cui unico risultato è quello di paralizzare il paese, opprimere la libertà e peggiorare la vita di tutti.
Quando i patrioti americani nel 1776 notificarono al regno d’Inghilterra la loro intenzione di separarsi da un regime percepito come tirannico, la lunga serie di abusi e malversazioni di Giorgio III comprendeva l’aver reso i giudici dipendenti dallo stato per il conseguimento e la conservazione della carica, e per l’ammontare e il pagamento degli stipendi e l’aver istituito una quantità di uffici nuovi nominando sciami di impiegati per vessare il popolo e divorarne gli averi. A quando la dichiarazione di indipendenza degli italiani dalla repubblica italiana? In confronto a Draghi e Conte, Giorgio III sembra un bonaccione innocuo.
Finché ci sarà la possibilità di opprimere i cittadini con norme, regole, burocrazia e polizia, fino a che si continuerà a considerare il potere dello stato necessario e utile, purché diretto verso i fini giusti, non usciremo dalla deplorevole situazione in cui ci troviamo.
All’orizzonte non si vede nessuno che abbia intenzione di limitare i poteri della bestia.
Articolo dell’Avv. Alessandro Fusillo (gentilmente segnalatoci dal Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria – http://www.cavalieredimonferrato.it/)
Fonte: www.miglioverde.eu