La felicità fa bene alle nostre cellule, il piacere no

I corpi umani riconoscono a livello molecolare che non tutta la felicità è uguale, rispondendo in modi che possono aiutare o ostacolare la salute fisica: questo secondo una nuova ricerca condotta da Barbara L. Fredrickson, Professore di Psicologia, presso la Facoltà di Arti e Scienze della University of North Carolina, a Chapel Hill.

Il senso di benessere che deriva da “un nobile scopo” può fornire benefici per la salute cellulare, mentre la “semplice auto-gratificazione” può avere effetti negativi, nonostante un senso generale di felicità, secondo i ricercatori. La ricerca è stata pubblicata su PNAS.

“I filosofi hanno a lungo distinto due forme fondamentali di benessere: uno ‘edonistico’ che rappresenta genericamente le esperienze piacevoli di un individuo e uno più profondo ‘eudaimonico’, che risulta dalla tensione verso un significato e uno scopo nobile di là della semplice auto-gratificazione “, ha scritto la Fredrickson.

E’ la differenza, per esempio, tra il godere di un buon pasto e la sensazione di contatto con una comunità più ampia attraverso un progetto di servizio. Entrambi ci danno un senso di felicità, ma ognuno degli stati è vissuto in modo molto diverso nelle cellule del corpo.

“Sappiamo da molti studi che entrambe le forme di benessere sono associate con una migliore salute fisica e mentale, oltre al fatto che gli effetti dello stress e la depressione sono ridotti”, ha detto Fredrickson. “Ma noi abbiamo raccolto informazioni sulle basi biologiche di queste relazioni.”

La Fredrickson ed i suoi colleghi hanno esaminato l’influenza biologica del benessere edonistico e eudaimonico attraverso il genoma umano, studiando il pattern di espressione genica nelle cellule immunitarie delle persone. Lavori precedenti avevano dimostrato che lo stress influenzava l’espressione genica, tanto da condurre a malattie come l’artrite e a problemi cardiovascolari.

Ma i ricercatori hanno ora dimostrato che non tutta la felicità crea la stessa impronta genica. Secondo i ricercatori potrebbe essere perchè il piacere edonistico ha breve durata e poi diventa una sensazione negativa, cosa che non succede invece con il piacere eudaimonico.

“Siamo in grado di rendere felici noi stessi attraverso i piaceri semplici, ma quelle ‘calorie vuote’ non aiutano ad ampliare la nostra consapevolezza e costruiamo la nostra capacità in modi di cui non beneficiamo neanche fisicamente” ha spiegato la ricercatrice. “A livello cellulare, i nostri corpi sembrano rispondere meglio ad un diverso tipo di benessere, basato su un senso di connessione con uno scopo.”

Fonte: http://gaianews.it/

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