La becera Criminalizzazione di jogging e passeggiate

di Wu Ming

Quella delle ordinanze è un’epidemia che escresce su un’epidemia. Regioni e comuni hanno rigurgitato decine, forse centinaia di ordinanze finalizzate a spaventare chi ancora esce a fare un’attività motoria o, semplicemente, a prendere una boccata d’aria, anche nel rispetto delle regole finora vigenti e senza assembrarsi con nessuno.

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Dell’incredibile demonizzazione del jogging, dei risvolti più moralistici che sanitari di questo sbrocco generale, si è discusso molto. Sembra quasi che il problema del Paese non sia il disastroso sovraccarico del sistema sanitario, no, il problema è… il jogging. Chi fa jogging è un irresponsabile, “non fa la sua parte”, “è un provocatore” e per il semplice fatto di mostrarsi fuori di casa “svilisce lo sforzo” (manca solo “bellico”) di chi ha accolto l’invito a stare in casa col maggior zelo possibile e spara dalle finestre l’Inno di Mameli.

Da lì a dare direttamente al jogging la colpa del sovraccarico della sanità, poteva sembrare un passo lunghissimo, ma con dichiarazioni come quella del presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, se n’è già compiuto mezzo: “Se qualcuno mi viene a spiegare che rinunciare al jogging se non si è in sicurezza è un problema drammatico, lo prendo con me e lo porto a vedere i reparti ospedalieri”.

Questo è un chiaro esempio di bullshit, nella precisa accezione proposta dal filosofo americano Harry G. Frankfurt: un’affermazione che non è vera né falsa, ma soltanto non-pertinente e insensata. Siamo di fronte a una variante del notissimo imperativo: “Mangia anche se non ti piace, ché in Africa i bambini muoiono di fame!”, cioè il più noto esempio di collegamento para-logico dall’esito inutilmente colpevolizzante, dal quale, plausibilmente, sono derivati solo disturbi dell’alimentazione.

Dovrebbe essere ovvio, e invece tocca farlo notare: chi fa jogging o passeggia a distanza di sicurezza non ha responsabilità per l’aggravarsi della situazione negli ospedali. Quella responsabilità ce l’ha invece la stessa classe politica di cui Bonaccini è perfetto rappresentante. Classe politica che oggi colpevolizza chi passeggia, ma per trent’anni ha attuato “riforme” neoliberali e tagli di reparti e posti-letto. Su aziendalizzazione, esternalizzazioni, ingresso dei privati, regionalizzazioni in chiave neoliberale, il consenso era trasversale, bipartisan. Ne sono responsabili tutti i governi. Ma se lo fai notare, se indichi cause e responsabilità, quando va bene ti senti rispondere che “non è il momento!”, che “ne parleremo dopo!”. Si stenta a capire che, nell’emergenza perenne, un vero “dopo” non c’è mai.

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In ogni caso, siamo certi di una cosa: smettere di correre o passeggiare non porterà alcun miglioramento della situazione negli ospedali, perché le due cose sono irrelate. L’altro mezzo passo verso l’accusa ai podisti di riempire gli ospedali, lo compiono direttamente i poliziotti o carabinieri che li fermano.

Se i poteri pubblici pensano che le loro misure non stiano funzionando, cerchino il colpevole nello specchio. Perché il punto è questo: sono misure raffazzonate e al tempo stesso autoritarie, incoerenti e al tempo stesso classiste, discriminatorie. Sono misure pensate da incompetenti – si veda la bella idea di versare tonnellate di varechina sulle strade – prese su fomento dei media e per avere tanti like sui social.

E invece i responsabili del disastro danno la colpa a chi fa jogging, ai “furbetti dell’autocertificazione” ecc. È molto facile e comodo additare capri espiatori, “colpire verso il basso”, dare a noi la colpa delle “loro” responsabilità, storiche e recenti. Vedremo fino a dove si spingeranno, e anche se riusciranno a fermarsi: sono prigionieri dello stesso terrore che vanno seminando.

Distanziarsi è una cosa, murarsi vivi tutt’altra!

Articolo di Wu Ming

Rivisto da Conoscenzealconfine.it

Fonte: www.wumingfoundation.com

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