di Gianluca Marletta
“L’Ideologia britannica” ha una lunga storia: si tratta di un mix di suprematismo classista, culto dell’eugenetica ed elitismo, ossessione per il controllo sociale indotto e idea fissa che l’umanità debba essere drasticamente ridotta di numero.
Chiunque abbia la ventura di leggere l’allucinata ma “profetica” distopia dell’inglese Aldous Huxley – che già negli anni ’30 del XX secolo precognizzava un futuro Governo Globale, dove un’umanità concepita “in provetta” (la pubblicazione del romanzo è del 1932!) e ridotta a 200 milioni di individui, viene mantenuta in “dorate catene” e totale obbedienza attraverso droga, sesso e spettacoli – non può non sospettare che la trama rifletta non solo la “fantasia” del romanziere ma anche una tendenza, uno stato di spirito, realmente presente tra le “classi alte” del mondo anglosassone (di cui Aldous era uno dei più brillanti rampolli).
In effetti, quella che potremmo definire come “ideologia britannica” ha una lunga storia: un mix di suprematismo classista, culto dell’eugenetica ed elitismo, ossessione per il controllo sociale indotto e idea fissa che l’umanità debba essere drasticamente ridotta di numero, se non addirittura “ricreata” prometeicamente. Tutto ciò è stato un vero e proprio riferimento occulto di molte politiche anglosassoni degli ultimi due secoli, divenendo dal secondo dopoguerra “ideologia di riferimento”, non più solo in Inghilterra o negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo occidentale e oltre.
Un’ideologia che rivela, a volte, suggestioni para-messianiche di rinnovamento globale e dominio del mondo ma che ha, tuttavia, saputo imporsi, a livello pseudo-scientifico, con le ipotesi di Malthus e Darwin, divenendo giustificazione e pilastro dell’ultra-capitalismo moderno e della sua visione del mondo. Così, ad esempio, quando si assiste, al giorno d’oggi, ad operazioni come il tentativo di estendere l’eutanasia ai bambini malati o all’incessante propaganda contro la “natalità” umana, vista quale pericolo per la “madre Terra”, bisogna sempre tener conto di quali radici ideologiche si celino dietro tali politiche.
Malthus: diminuire la popolazione con guerre, carestie, adulterio e sodomia
Uno degli esempi più noti di questa scienza al servizio del potere, è il pastore anglicano Thomas Malthus, autore di quel “An essay of the principle of the population as it affects the future improvement of society” a cui si rifanno, ancor oggi, tutti i teorici del denatalismo e della necessità di contenere o ridurre la popolazione mondiale.
Secondo Malthus, infatti, poiché la popolazione tenderebbe a crescere in progressione geometrica, quindi, più velocemente della disponibilità di alimenti, (che crescerebbero invece in progressione aritmetica), bisognerebbe fare di tutto per evitare il moltiplicarsi della popolazione stessa, soprattutto – vien da sé – della sua parte più povera. A questo scopo, secondo Malthus, andavano rimossi quei “sussidi per i meno abbienti”, per evitare che le famiglie fossero invogliate a riprodursi eccessivamente, e bisognava anche mantenere i salari delle classi più povere ad un livello minimo di sussistenza.
Da “religioso”, naturalmente, Malthus vedeva nella castità e nella continenza il rimedio più accettabile moralmente per ridurre la popolazione, ma da “scienziato” non negava che i mezzi attraverso i quali tale limitazione si attuava in natura o nelle società, fossero più spesso di carattere repressivo o preventivo. Le vie repressive contemplavano in un caso l’azione della mortalità per mezzo di epidemie, guerre, carestie, ecc.; nell’altro, una diminuzione della natalità mediante la diffusione di tutti quei comportamenti, tra cui l’adulterio, la sodomia, ecc. che causano una diminuzione delle nascite.
D’altronde, l’ipotesi malthusiana non faceva altro che tradurre, in forma di ipotesi “scientifica”, un sentimento già fortemente diffuso nella società inglese dell’epoca. Se ne avrebbe avuta una drammatica dimostrazione di lì a poco, tra il 1845 e il 1849, durante la spaventosa carestia che colpì la vicina Irlanda (The Great Famine, in gaelico An Gorta Mòr) uccidendo o costringendo all’emigrazione quasi il 40% della popolazione dell’isola; carestia accolta come un’occasione d’oro dai dominatori britannici e dai proprietari terrieri protestanti, i quali, molto “malthusianamente”, rifiutarono ogni forma d’aiuto ai loro (detestati) sudditi celtici e cattolici, lasciandoli letteralmente morire di fame.
L’Ideologia darwinista e la “manipolazione culturale” di Thomas Huxley
Ma se il malthusianesimo è l’antenato più o meno diretto di quei veri e propri dogmi del pensiero mondialista, che saranno il denatalismo e l’eugenetica, esso è anche l’ispiratore di un altro “mito scientifico” anglosassone via via imposto a tutto il mondo: il Darwinismo. Darwin stesso ne riconobbe l’apporto, specie nell’aspetto così tipico della sua ipotesi, che riguarda la lotta per l’esistenza e la sopravvivenza del più “adatto”. D’altronde, anche la vicenda dell’affermazione del Darwinismo a partire dal XIX secolo, è piuttosto significativa del ruolo fortemente politico assunto dalla scienza nella cultura britannica.
Il Darwinismo, che per la nuova “ideologia scientista” doveva servire da stampella ai progetti egemonici della Gran Bretagna e di tutto l’Occidente, sarebbe stato quello che era stata la Genesi, per l’universalismo cristiano dei secoli precedenti. Una genesi atea, materialista ed esaltante il potere del più forte sul più debole, che rispondeva alla perfezione al clima culturale e politico dell’epoca del Colonialismo e della Seconda Rivoluzione Industriale. E se da una parte, con la sua idea di evoluzione “casuale”, il Darwinismo estrometteva di fatto qualsiasi intervento divino sulla realtà, esso diveniva anche uno straordinario strumento per legittimare il dominio di una autoproclamata “elité” di “esseri evoluti” sul resto del mondo bollato come involuto, passatista e destinato per natura all’estinzione.
Questo, tuttavia, non significa che non ci furono resistenze. L’ascendente ancora forte che la religione aveva su una parte della società britannica e occidentale – oltre alle aporie e ai legittimi dubbi scientifici che il Darwinismo suscitava – potevano rendere difficile l’affermazione di un’ideologia così rivoluzionaria. È proprio in questo frangente, in effetti, che risalta più che mai l’azione concertata di determinate “lobby culturali” che, all’atto pratico, furono determinanti nell’imporre il Darwinismo all’opinione pubblica. Stiamo parlando, ad esempio, del gruppo cappeggiato da Thomas Henry Huxley, personaggio brillante e astuto, nonno del romanziere Aldous.
Presidente della Royal Society dal 1883 al 1885, Thomas Huxley fu anche il promotore di un gruppo più ristretto ed esclusivo, l’XClub, che ebbe un influsso enorme sulla cultura britannica, spingendola all’accettazione del Darwinismo e dei suoi presupposti. Cooptando nell’XClub, uomini di cultura particolarmente in vista e potenti della società britannica dell’epoca, infatti, Thomas Huxley riuscì inesorabilmente a diffondere la fede darwinista in larghi strati dell’alta società inglese, secondo uno schema di “manipolazione della società” che ritroveremo spesso nella nascita delle “mode” moderne.
L’Ideologia britannica diventa ideologia mondiale
È solo a partire dal secondo dopoguerra, tuttavia, che tale ideologia verrà proposta e imposta al mondo intero. E sarà proprio uno dei nipoti di Thomas Huxley, Julian Sorel Huxley – darwinista di ferro, neomalthusiano e convinto assertore dell’eugenetica, tra i fondatori dell’UNESCO, di cui fu primo direttore – a definire pubblicamente l’immagine di un piccolo gruppo di illuminati detentori della verità, che ha il diritto di “indirizzare” l’umanità verso scopi e fini ignoti alle moltitudini.
Così, scrive Julian Huxley, nel programma della Commissione preparatoria dell’UNESCO, dal titolo “Unesco its purpose and its philosophy” [1]: “Il progresso non è automatico o inevitabile, ma dipende dalla scelta umana e da uno sforzo di volontà. Prendendo le tecniche di persuasione e informazione e vera propaganda che abbiamo imparato ad applicare come nazione in guerra, e deliberatamente unendole ai compiti internazionali di pace, se necessario utilizzandole, come Lenin previde per superare la resistenza di milioni verso il cambiamento desiderabile”. (J.S.Huxley, Unesco its purpose and its philosophy, 1946. Il testo é scaricabile in inglese su formato PDF dal sito ufficiale dell’UNESCO: http://unesdoc.unesco.org/images/0006/000681/068197eo.pdf )
Propaganda di guerra utilizzata in tempo di pace per manipolare l’opinione delle masse: questo è dunque uno degli scopi programmatici delle organizzazioni internazionali contemporanee. E l’ideologia che tali organizzazioni propongono non è altro, in fondo, che l’edizione più aggiornata degli “ideali” nati in Inghilterra dal XVIII secolo in poi: controllo sociale, depopolazione, eugenetica, diffusione di quei costumi (sessualità puramente “ricreativa”, omosessualità, ecc.) che possono indurre ad una diminuzione della natalità, eliminazione dei più deboli considerati come “vite inutili”, ecc. Senza questi presupposti, in effetti, è impossibile comprendere molti dei fenomeni che caratterizzano la storia più recente.
Articolo di Gianluca Marletta
Bibliografia:
G. Marletta – E. Perucchietti, “Governo globale”, Ed. Arianna
E. Pennetta, “Inchiesta sul Darwinismo”, Ed. Cantagalli
Fonte: http://www.gianlucamarletta.it/wordpress/2018/04/ideologia-britannica/