Indietro… non si torna!

di Andrea Marcon

È di questi giorni la notizia che il “miracoloso” vaccino anti Covid sarebbe ormai alle porte. Così forse nel 2024 si risolverà il problema Covid…

Emergenza coronavirus, la grande serrata: negozi e locali pubblici chiusi in tutta la provincia - La Stampa

Non mi interessa in questa sede esprimere valutazioni in ordine all’efficacia di tale strumento, alla sua pericolosità o alle questioni generali in materia di vaccini. Preferisco soffermarmi sulle parole pronunciate alla stampa dal Dott. Remuzzi, che ha testualmente dichiarato che grazie al vaccino “sarà immunizzata gran parte della popolazione, ma solo a condizione che vengano mantenute le attuali misure di precauzione: mascherine, distanziamento sociale, (…)”. La sua conclusione è che solo nel 2024 ci sarà forse la possibilità, grazie appunto alla combinazione di vaccino e “comportamenti responsabili” di risolvere definitivamente il problema Covid.

Forse qualcuno ha dimenticato perché nel 2001 venne ufficialmente invaso l’Afghanistan: per catturare Osama Bin Laden, ci dissero sull’onda emotiva dell’11/9. Sono passati 19 anni, Osama è stato dichiarato morto da 9, ma l’Afghanistan è ancora un paese occupato dalle truppe occidentali. Nel frattempo ci sono stati un numero non precisato di morti (nell’ordine almeno delle decine di migliaia), il ritorno al proliferare della coltivazione di papavero e del conseguente business della droga, il consolidamento degli interessi geopolitici ed economici della regione a beneficio degli invasori. Tutti meri effetti collaterali, of course.

Di fatto, nel nome della lotta al terrorismo e della difesa della democrazia, l’invasione e la guerra non sono ancora terminate. Non solo: dalla Libia alla Somalia, dall’Iraq alla Siria, il principio per il quale è lecito ed anzi doveroso bombardare uno stato sovrano – sempre per combattere il terrorismo, sia chiaro – si è definitivamente affermato. Per non parlare delle limitazioni alla libertà, in stile “Patriot Act”, o alla violazione di principi costituzionali, in stile Guantanamo, che nel nome dell’eccezionalità sono diventati ordinari.

Oggi abbiamo un’altra “emergenza”. È di carattere sanitario, ci dicono, ma gli interventi di natura epocale adottati per fronteggiarla non sono, se non in minima parte, volti alla costruzione di nuovi ospedali, allo studio di cure di prevenzione, all’assunzione di personale medico, alla ristrutturazione di una capillare rete di medicina territoriale. Eppure, anche da un punto di vista economico, non sono interventi che costerebbero di più di quelli adottati, rovinosi per grandissima parte della popolazione.

Malgrado ciò, si è scelto senza eccezioni (e già questo è significativo) di stravolgere le relazioni sociali, di fatto annullandole, di modificare gli stili di vita accentuando l’atomizzazione e l’individualismo, di impostare l’intero mondo del lavoro sui cardini della flessibilità e dello smart working, di governare a mezzo di DPCM in spregio ai fondamenti costituzionali. Anche questa volta ciò avviene per “necessità” e con l’implicita promessa che si tratta di misure temporanee: finita l’emergenza, tornerà tutto come prima. Però già oggi scopriamo che, nella più ottimistica delle ipotesi, ciò avverrà tra alcuni anni.

Quando i negozi saranno quasi tutti falliti a vantaggio dei colossi dell’e-commerce, quando le aziende avranno strutturato gran parte della loro organizzazione con il lavoro da casa (per i fortunati che lo manterranno), quando la violazione di diritti fondamentali sarà ormai prassi istituzionale, quando noi e i nostri figli avremo introiettato e fatto diventare normale persino non celebrare un funerale o non stringerci la mano, quando insomma si sarà perfezionato il mondo che da decenni rappresenta il sogno della tecnocrazia finanziaria che ci governa, qualcuno dovrebbe spiegarmi come e perché si dovrebbe tornare indietro.

Siamo stati zitti o addirittura abbiamo applaudito di fronte ad un percorso avviato da decenni: adesso che siamo arrivati alle ultime curve, almeno rendiamoci conto del mondo che ci aspetta.

Articolo di Andrea Marcon

Fonte: http://www.giornaledelribelle.com/index.php?option=com_content&task=view&id=3080&Itemid=10

IL FATTORE UMANO
Un ponte tra anima e corpo
di Stefania Magnone

Il Fattore Umano

Un ponte tra anima e corpo

di Stefania Magnone

Una delle più antiche questioni, legata sia ai testi sacri che alla leggenda e alla filosofia, argomenta riguardo all'albero della conoscenza del Bene e del Male.

Cosa differenzia bene e male per una persona? Quando si è malati? Come curare?

Siamo giunti a speranze di vita fino a pochi anni fa impensate, eppure della cura del prossimo, nel quale convivono e hanno pari valore anima e corpo, non apprezziamo ancora la valenza. Con conoscenze specifiche ma soprattutto con grande cuore, l'autrice riesce a donarci chiarezza, sorretta non solo da informazioni sulle pratiche curative ormai divenute scienza ma soprattutto da un'ottica positiva di dedizione all'altro con la voglia di credere nella possibilità di far vincere il Bene sul Male.

Non ci può essere cura se non si pensa che il soggetto può essere malato sia nel corpo che nello spirito, in un'ambivalenza che va considerata innanzitutto ma che nonostante ciò troppo spesso è trascurata. Viene qui proposta la limpida interpretazione di Stefania Magnone che con fiducia e speranza ci chiarisce bene, non solo la questione medica ma anche quella della sfera emozionale.

Vale davvero la pena di fare attenzione a queste pagine e gustarle con una visione umana oltreché accademica.

"Un breve viaggio nel nostro misterioso e affascinante mondo umano fonte di continue riflessioni che portano a prender-ci cura di questa vita che non smetterà mai di sorprenderci perchè questo è il suo compito, il suo destino."

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