di Andrea Legni
Siamo portati a credere che le cose stiano andando a rotoli. Non solo in Italia, ma in tutto il mondo, almeno nella sua parte occidentale, l’insoddisfazione è palpabile e crescente.
Un recente sondaggio svolto in alcuni grandi Paesi ha posto una domanda molto semplice: “Credete che il mondo stia complessivamente migliorando o peggiorando?” In Svezia solo il 10% degli intervistati ha risposto che stava migliorando, negli Usa il 6%, in Germania addirittura il 4%. Oltre nove persone su dieci credono di vivere in un pianeta che ad ogni alba sta un po’ peggio rispetto al giorno prima. Eppure non è affatto così. Se ci si basa sui dati, ovvero su tutti gli indicatori di benessere, non solo materiale, si scopre che il mondo ha fatto passi in avanti giganteschi negli ultimi 200 anni, ed anche negli anni della crisi, ovvero dal 2008 ad oggi, questa tendenza non si è fermata.
Non ci credete? A dimostrarlo è stato un economista di Oxford, Max Roser, che ha condotto una lunga ricerca storico-economica, confrontando una gran mole di dati e statistiche per verificare come se la passa il mondo in sei ambiti chiave: povertà, alfabetizzazione, salute, libertà, popolazione ed educazione. I risultati, paragonati al pessimismo devastante che attanaglia la nostra generazione, sono a dir poco sconvolgenti e permettono, senza ombra di dubbio, di poter affermare che non c’è mai stato un momento migliore per vivere sul pianeta Terra.
LA POVERTÀ. Basta una rapida occhiata al grafico per capire di cosa stiamo parlando. La zona rossa rappresenta la quota di popolazione mondiale che vive in condizioni di povertà assoluta, cioè nella difficoltà o nell’impossibilità oggettiva di potersi assicurare due pasti al giorno. Ebbene, se nel 1820 la mancanza di cibo a sufficienza caratterizzava la quotidianità del 96% della popolazione mondiale, da allora questo dato non ha fatto che migliorare. Ma non a velocità costante: ancora nel 1950 i tre quarti del mondo vivevano in estrema miseria, nel 1981 si erano ridotti al 44%. Un calo sempre più pronunciato fino al dato del 2015, quando per la prima volta la quota di essere umani costretti a vivere in povertà assoluta è scesa sotto al 10%.
Un risultato enorme, particolarmente degno di nota se pensiamo al fatto che nello stesso periodo di analisi la popolazione mondiale è invece aumentata di sette volte, passando da uno a sette miliardi di abitanti. Si poteva pensare che questo aumento esponenziale della popolazione avrebbe portato all’accrescimento della povertà, a devastanti lotte tra poveri per la conquista delle risorse a disposizione. Invece è successo il contrario. Rispetto a nostri antenati di 200 anni fa abbiamo più cibo, vestiti migliori e abitazioni enormemente più salubri e confortevoli. E lavoriamo anche molte meno ore.
L’ALFABETIZZAZIONE. Lungo i millenni della vita umana sulla terra c’è sempre stata una costante: solo poche persone appartenenti alle élite sapevano leggere e scrivere. L’educazione di base per tutti, anche nei paesi più ricchi, è una conquista molto recente e solo nell’ultimo secolo si è avviata a diventare la norma.
Ancora nel 1820 solo una persona su 10 era alfabetizzata, nel 1930 una su tre, oggi siamo all’85% su scala globale. Allo stesso modo oltre 8 persone su 10 oggi sanno leggere e le due persone che non lo sanno fare sono in maggioranza appartenenti alle fasce d’età più anziane, segno di come la situazione stia ancora migliorando. Nel 1820 nel mondo c’erano 120 milioni di persone in grado di leggere e scrivere, oggi sono 6,2 miliardi. Un dato fondamentale per il progresso sociale, prima che economico, di tutti i Paesi.
LA SALUTE. Nel 1800 un terzo dei bambini moriva prima di compire i 5 anni di età. Un dato altissimo che colpiva tutto il pianeta senza particolari differenze tra i Paesi più e meno sviluppati. Una forma di selezione naturale che permetteva solo ai bambini forti di andare avanti nella vita, allo stesso modo di quanto accade nel regno animale. Poi i miglioramenti nell’alimentazione, nelle condizioni di vita, negli alloggi e nei servizi sanitari hanno posto le basi affinché sempre più individui potessero arrivare alla vecchiaia.
Mentre una popolazione più istruita ha potuto scoprire nuove verità scientifiche, che hanno posto le basi al miglioramento globale della salute. Sarebbe tuttavia sbagliato credere che la medicina moderna sia stato l’unico motivo che ha garantito il miglioramento della salute. I miglioramenti negli alloggi e nei servizi igienici sono stati decisivi per vincere la battaglia contro molte malattie infettive, il miglioramento della dieta ci ha permesso di essere più sani, robusti e resistenti. Tra tutte la scoperta della teoria dei germi nei primi del ‘900 ha permesso la diminuzione drastica delle infezioni, prima causa di morte fino a pochi decenni fa. Con queste innovazioni abbiamo raggiunto risultati impensabili per i nostri antenati. Nel 2015 la mortalità infantile era al 4,3%, dieci volte meno rispetto a duecento anni fa.
LA LIBERTÀ. Nulla è più difficile da misurare dei diritti umani e delle libertà politiche. Tra dittatura e democrazia compiuta ci sono numerose sfumature che rendono difficile una scala valoriale condivisa. Tuttavia, prendendo l’Indice internazionale Policy IV, che tenta di rendere conto di tutti questi diversi gradi di libertà, scopriamo che anche da questo punto di vista stiamo decisamente meglio rispetto ai secoli passati. Nell’800 più di un terzo della popolazione mondiale viveva in regimi coloniali, cioè in stati dominati da altre potenze straniere, e quasi tutti gli altri vivevano i regimi più o meno dittatoriali, classificabili come autarchie.
Nel corso del ventesimo secolo la situazione è iniziata a cambiare sempre più velocemente, specie dopo la fine della seconda guerra mondiale e le guerre d’indipendenza dei Paesi africani. Il colonialismo è stato sconfitto, mentre ad ogni latitudine sono passati dalla dittatura o dalla monarchia assoluta alla democrazia.
Oggi più della metà della popolazione vive in stati democratici che permettono la libertà di associazione, espressione e culto. I quattro quinti della popolazione rimanente vive in Cina, uno stato ancora classificato come “autarchico”, ma dove le libertà civili stanno lentamente, ma inesorabilmente, guadagnando spazio. Si tratta di un dato fondamentale, perché è innanzitutto della libertà di ricerca e di pensiero che si nutrono i progressi umani e scientifici.
LA POPOLAZIONE. Come dicevamo la popolazione mondiale è aumentata di sette volte negli ultimi due secoli, arrivando a circa sette miliardi di persone. Questo ha avuto un impatto pesante sullo sfruttamento delle risorse naturali e sull’ambiente, negatività alle quali per parecchio tempo l’umanità non ha saputo dare la necessaria importanza, ma verso le quali stiamo cercando (sperando non sia troppo tardi) di prendere le necessarie contromisure. Questa crescita di popolazione, in definitiva, è stata l’effetto del clamoroso abbassamento del tasso di mortalità dell’ultimo secolo, al quale si è affiancato un aumento altrettanto inaspettato dell’aspettativa di vita, arrivata nella parte di mondo più sviluppata ben oltre gli 80 anni e comunque in sensibile aumento in tutto il pianeta.
In tutto il mondo, a partire da quelli più ricchi, la diminuzione della mortalità e il miglioramento delle condizioni materiali si accompagna a una diminuzione dei tassi di natalità: se le donne del passato mettevano al mondo anche dieci figli nella speranza di vederne diventare adulti due o tre, oggi ne fanno di meno perché la loro sopravvivenza è molto più probabile: questa è la transizione demografica. La fertilità globale si è dimezzata negli ultimi 50 anni, dai 5 figli per donna del 1960, ai 2,5 di oggi.
L’EDUCAZIONE. Senza l’istruzione, la conoscenza e la cultura nessuno dei grandiosi miglioramenti degli ultimi due secoli sarebbe stato possibile, questo è indubbio. Essa è stata la chiave di tutto. Secondo una proiezione della Iiasa (uno dei principali centri di studi statistici mondiali) è prevedibile che entro il 2100 tre miliardi di persone avranno un’istruzione di livello post-secondario o universitario, altri 4 miliardi un’istruzione secondaria, mezzo miliardo un’istruzione di livello primario, e solo qualche decina di milioni di persone saranno prive di ogni istruzione. Insomma, quasi nessuna persona senza alcuna istruzione e oltre sette miliardi di menti con un’istruzione almeno di grado secondario: se è vero che l’educazione è alla base di ogni progresso sociale, significa che possiamo riporre grande fiducia nel futuro del pianeta.
Perchè non lo sappiamo?
A questo punto la domanda è d’obbligo: perché siamo all’oscuro di questi progressi sociali al punto da ritenere, contro ogni dato reale, che il mondo stia invece peggiorando? La risposta è semplice, perché nessuno ce lo dice. A cominciare dai media. L’informazione mainstream non ci parla di come il mondo stia cambiando nelle sue dinamiche di lungo periodo, ma si concentrano sempre e solo sull’oggi. Si parla sempre dei singoli eventi ed in particolare concentrandosi sulle cattive notizie: incidenti aerei, attacchi terroristici, disastri naturali, crisi politiche.
Il risultato di questa mancanza di prospettiva, di un sistema che non riesce quasi mai ad andare più indietro del crudo fatto del giorno, è che la grande maggioranza delle persone non è assolutamente consapevole dello sviluppo globale verificatosi. Inoltre, i media ci raccontano quasi solamente storie di singoli o piccole vicende: sono più facili da seguire e ognuno si può facilmente immedesimare nei protagonisti. Queste sono invece vicende collettive, che riguardano tutta l’umanità, e raccontarle richiede l’uso della statistica e uno sforzo narrativo e di comprensione che i media, un po’ per pigrizia e soprattutto per valutazioni in base all’audience ed alla loro linea politica, finiscono per trascurare.
Eppure pensate che ogni giorno il telegiornale potrebbe aprire la nuova edizione con le seguenti notizie: oggi nel mondo ci sono 130mila poveri in meno rispetto a ieri; questa settimana altri 300mila bambini hanno imparato a leggere e scrivere; per il 200esimo anno consecutivo è diminuita la mortalità infantile. Incredibile vero? Ora che ve lo abbiamo detto, fatelo sapere in giro.
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Articolo di Andrea Legni – Giornalista professionista, vive a Bologna dove lavora insieme al gruppo media indipendente SMK Videofactory. Ha scritto e realizzato video-inchieste per Il Corriere della Sera, La Repubblica, Altreconomia ed altri. Come documentarista ha realizzato le inchieste “Kosovo vs Kosovo” e “Quale Petrolio?”. È caporedattore web di Dolce Vita Magazine.
Fonte: https://www.dolcevitaonline.it/non-ce-mai-stato-un-momento-migliore-per-vivere-sulla-terra/
Ridefinirei il concetto di miseria e ricchezza.
Forse l’umanita’ ha migliorato le proprie condizioni di vita il problema e’ che l’ha fatto sfruttando in maniera non piu’ sostenibile il pianeta..piu’ ricchezza vuol dire piu’ plastica ed inquinamento deforestazione estinzione di specie oltre quella umana e quando saremo circondati dal cemento faremo la fine degli abitanti sell’isola di Pasqua.