Il Rispetto si mostra in piedi, la Sottomissione in ginocchio

di Silvana De Mari

Continua, capeggiata da Letta Enrico il grigio, anzi meglio l’incolore, l’ordine a innocenti di inginocchiarsi e chiedere perdono per colpe che non hanno mai commesso.

Letta Enrico ci tiene molto, e aggrotta inutilmente la fronte nell’espressione del pensatore oppure del maestrino che bacchetta bambini scemi. Anche la signora Boldrini Laura si è aggiunta ai richiedenti e ci avrebbe stupito il contrario. Come dimenticarla inginocchiata nell’aula di Montecitorio, ovviamente senza mascherina, mentre tutti gli altri ce l’avevano, sia perché non fosse nascosto il suo bel viso pieno di dolore, sia perché la mascherina non è per le élite.

La pretesa che innocenti si inginocchino a chiedere perdono per colpe non loro, si posa su tre presupposti completamente idioti e può essere considerato il pilastro di un progetto oscenamente astuto.

Primo presupposto completamente idiota: noi bianchi, all of us, abbiamo fatto cose tremende, siamo, quindi, sporchi, brutti cattivi e dobbiamo inginocchiarsi per chiedere perdono di quanto siamo sporchi brutti e cattivi. Il concetto, cioè, è che la  responsabilità sia collettiva e tribale.

Questo concetto era già stato abrogato dal codice di Nabucodonosor, ulteriormente limitato dal giudaismo, dove le colpe dei padri contro Dio possono ricadere sui figli, ma mai oltre la terza generazione, frantumato nel cristianesimo, trionfalmente ripreso e rilanciato dal nazismo. Si tratta di un concetto razzista – le colpe di alcuni su tutti gli appartenenti alla stessa etnia – e nazista.

La responsabilità è individuale e personale: ognuno è responsabile di tutte le sue azioni e solo delle sue azioni. Se i nostri antenati o appartenenti alla nostra etnia nemmeno nostri parenti hanno commesso porcate, sono assoluti affari loro. Che io debba avere la responsabilità di un’azione fatta da un tizio che non sono io, indipendentemente dal fatto che questo fosse un mio parente o semplicemente uno che ha caratteri somatici analoghi ai miei, è un’idea che poteva venire in mente non solo a giganti del pensiero come Letta Enrico e Boldrini Laura, ma che è venuta in mente anche a tale Hitler Adolf ed è lo schema della strage delle Fosse Ardeatine e di qualsiasi azione di rappresaglia.

Lo schema dell’antisemitismo nazista è questo: alcuni finanzieri di origine ebraica hanno svantaggiato la Germania durante la prima guerra mondiale (che fosse vero o no in questo momento è irrilevante), quindi tutti gli ebrei sono colpevoli dei nostri morti inutilmente morti e della nostra economia distrutta. Alcuni italiani sono stati responsabili di colonialismo e razzismo e quindi tutti gli italiani ne sono colpevoli: questa idea è semplicemente nazista, e il fatto che una mostruosità di questo calibro sia blaterata da due tizi che dovrebbero essere personaggi politici e che hanno titoli di studio superiori la terza media, dimostra non solo l’assoluto fallimento della politica italiana, ma anche della scuola asservita alla sinistra.

Secondo presupposto completamente idiota: noi siamo stati sporchi, brutti e cattivi, gli altri sono stati meglio. Qui non si tratta nemmeno di stabilire quanto piccoli siano i  libricini  su cui Letta Enrico e Boldrini Laura hanno studiato la storia, si tratta di due strutturazioni disfunzionali del pensiero che sono la legge del tutto o nulla, se non è perfetto fa schifo, e, ancora peggio, l’incapacità di prospettiva. La ferocia è insita dell’essere umano, fa parte del pacchetto base. Tutti abbiamo enormi potenzialità di ferocia, aprite a caso un libro di storia e troverete tragica  conferma di queste affermazioni.

Da sempre i più forti prevaricano i più deboli, li uccidono per sottrarre loro la terra e i beni, o li fanno schiavi. Noi siamo stati più forti degli altri, tecnologicamente più avanzati perché nella nostra civiltà si sono fusi quattro elementi straordinari che l’hanno resa formidabile: la spiritualità biblico evangelica, la filosofia greca, il diritto romano e la violenza e la ferocia dei barbari: siamo una civiltà spirituale, duttile, pragmatica e violenta e questo ci ha reso invincibili. Il cristianesimo del nord Africa e della Siria era infinitamente più perbene del nostro, ma non è sopravvissuto allo scontro con l’islam.

Noi avevamo la ferocia e la potenza dei barbari tra i quattro componenti della nostra civiltà e abbiamo retto, ma, come ha giustamente sottolineato Claude Lévi-Strauss in “Tristi Tropici”, lo scontro con l’Islam ha ulteriormente imbarbarito il cristianesimo europeo, che però è sopravvissuto. Gli altri non sono stati più buoni, erano semplicemente meno forti, ma se analizziamo la loro storia è ben più atroce della nostra, anche perché alle altre civiltà è mancata la potenza del cristianesimo che è arrivato alla distruzione della schiavitù e del cannibalismo.

Dove il cristianesimo non c’è, la feroce è maggiore. In India era serenamente previsto il rogo delle vedove, che potevano essere anche bambine di dieci anni date in sposa a un sessantenne. La schiavismo islamico è ben più atroce del nostro, anche perché agli schiavi non è permesso riprodursi. Dei milioni di schiavi morti in Arabia e in Persia non esistono i discendenti e quindi è facile dimenticarsene.

Gengis Khan nelle sue guerre con mezzi assolutamente artigianali, tutto fatto a mano, è riuscito ad ammazzare un numero di milioni di morti paragonabile a quello delle vittime della seconda guerra mondiale, gli irochesi (nativi dell’America settentrionale) mangiavano i nemici catturati, cotti ma vivi: evito i particolari. La ferocia europea era maggiore prima del cristianesimo – con innocenti bruciati vivi o sbranati negli anfiteatri per la gioia pubblica, con la pessima abitudine dei barbari, in particolare degli Alemanni di scuoiare vivi anche donne e bambini – ed è riesplosa con il cristianesimo sospeso, quando sono stati dati ordini scritti di sterminare donne e bambini. Mentre le suore della consolata andavano in Africa a morire di malaria per curarla, mentre i missionari fondavano lebbrosari, la “scienza” creava ideologie razziste, che ripeto sono state teorie “scientifiche” prima che politiche, che hanno toccato il loro punto più basso in Congo. Con il cristianesimo sospeso nella due terrificanti religioni atee del ventesimo secolo, il comunismo e nazismo, i morti si sono contati a metri cubi.

Terzo presupposto idiota: Noi siamo tanto cattivi, ma gli altri, loro sì, sono tutti tanto buoni. Il considerare le persone di origine africana, tutte, come migliori di quelle di origine italiana è oggettivamente razzista, ma molto: infatti Roberto Saviano dichiara che l’Italia sarà un paese decente solo quando i sindaci saranno di origine africana. Si sta scatenando una violenza cieca di alcuni immigrati di origine africana sugli autoctoni, assassinati a colpi di coltello o di piccone. Pamela e Desireè sono state un crimine etnico. Noi non siamo tutti cattivi e tutto questo umilia l’enorme percentuale di persone perbene. Gli altri non sono tutti buoni e tutto questo scatena la piccola percentuale costituita da psicopatici e aspiranti terroristi.

Negli stessi giorni in cui tutti quanti siamo invitati a inginocchiarsi per colpe che mai abbiamo commesso, Mario Draghi ha affermato che, se non li integreremo, gli immigrati diventeranno i nostri nemici. La grande maggioranza della nostra immigrazione è costituita da maschi islamici in età militare. E l’Islam per sua stessa affermazione domina e non può essere dominato. Quindi nessun islamico può integrarsi alla vita di non islamici, è vietato dal Corano e dalla Umma, quindi siamo noi che dobbiamo integrarci a usi, costumi e tradizioni altrui. Si tratta quindi di cedere a persone che non hanno vinto una guerra militare d’occupazione.

Ecco perché la campagna del Black Lives Matters è così fondamentale, ecco perché Letta Enrico l’incolore, e Boldrini Laura la coloratissima, ci vogliono in ginocchio: è un tassello fondamentale.

Inginocchiarsi a che serve? Il Mindfucking, la tecnica estrema di manipolazione mentale per spingere le persone e i popoli contro i propri interessi, può metterci in condizioni di asservimento psicologico, portarci a dipendere mentalmente da altre persone, portarci a credere di essere colpevoli di colpe immaginarie e ad accettare una punizione (persino la morte) per espiare tali colpe.

Tutta la mia stima a chi si inginocchia solo davanti a Dio e quando deve prendere in braccio un bimbo piccolo.

Articolo di Silvana De Mari

Fonte: https://www.silvanademaricommunity.it/2021/07/02/il-rispetto-si-mostra-in-piedi-la-sottomissione-in-ginocchio/

INTRODUZIONE ALLA PERMACULTURA
di Bill Mollison

Introduzione alla Permacultura

di Bill Mollison

Il libro che ha fatto conoscere in tutto il mondo la Permacultura: l'arte di coniugare i saperi di discipline diverse (agricoltura naturale, bioarchitettura, climatologia, botanica, ecologia) per progettare in armonia con la natura.

L'autore è Bill Mollison, ideatore della Permacultura e premio Nobel Alternativo. È conosciuto in tutto il mondo, dove ha condotto conferenze e seminari sull'argomento.

Tradotto nelle principali lingue il libro ha venduto più di 80.000 copie in tutto il mondo.

"Tutti riconosciamo che il nostro lavoro è modesto, ma la somma dei nostri modesti lavori è straordinaria" (Bill Mollison).

Già tradotto in diversi paesi nelle principali lingue, esce finalmente anche in italiano il libro che ha fatto conoscere in tutto il mondo la Permacultura.

Il termine deriva dalla contrazione di "permanent agriculture" e "permanent culture" per sottolineare la convinzione che qualsiasi cultura non può sopravvivere a lungo senza una base agricola sostenibile e un'etica dell'uso della terra.

A un primo livello, la permacultura, si occupa di piante, animali, edifici e infrastrutture (acqua, energia, comunicazioni). Essa però non considera tali elementi come a sé stanti: piuttosto osserva le relazioni che si possono stabilire tra loro secondo il modo in cui essi sono collocati in una determinata area. Lo scopo è la creazione di sistemi ecologicamente ben strutturati ed economicamente produttivi, in grado di provvedere ai propri fabbisogni, evitando ogni forma di sfruttamento e inquinamento, e quindi sostenibili sul lungo periodo. A questo scopo, la permacultura valorizza le qualità intrinseche di piante e animali, unite alle caratteristiche naturali dell'ambiente e alle peculiarità delle infrastrutture al fine di creare sistemi in grado di sostenere la vita utilizzando la minore superficie possibile di terreno.

In realtà, leggendo il libro ci si accorge di come la permacultura sia molto di più: da una parte rappresenta un sistema di riferimento etico-filosofico non dogmatico, dall'altro e un approccio pratico alla vita quotidiana, al centro del quale troviamo una sola regola: "take your own responsability", "prendi la tua responsabilità".

Introduzione alla Permacultura è soprattutto una sorta di repertorio di ecologia applicata, di consigli e suggerimenti pratici messi a punto dall'autore dopo lunghe e approfondite osservazioni in campo. Tra le sue pagine troviamo originali proposte per ridurre al minimo l'impiego di acqua nell'orto e nel frutteto; consigli inediti per raffrescare un edificio utilizzando in maniera appropriata le piante e le correnti d'aria oppure suggerimenti pratici per scegliere l'orientamento di un orto o di un edificio.

Cosa può offrire la permacultura? Può lavorare a diversi livelli. Ai singoli può offrire un sistema di riferimento etico e pratico, che li aiuti a capire il territorio che li circonda e li guidi nei primi passi della pratica quotidiana. Per i giovani può rappresentare una porta d'accesso che li aiuti a tornare alla campagna, ed in particolare ai territori marginali dimenticati dalla struttura economico-sociale. Per i progettisti, gli architetti, i paesaggisti e gli amministratori pubblici può diventare un punto di riferimento progettuale per affrontare le difficoltà del nostro presente verso la costruzione di un futuro equilibrato e giusto. La permacultura propone loro di progettare recuperando la capacità di uno sguardo aperto verso il pianeta di oggi e quello di domani.

Prendersi la propria responsabilità, abbattere i consumi e le dipendenze. Contribuire a ricreare gli ecosistemi e a mantenerli nel tempo. Produrre, ovunque possibile, una parte del cibo che consumiamo tutti i giorni, o comunque entrare coscientemente nella catena di produzione e distribuzione alimentare.

La permacultura è portatrice di una cultura di pace e di cooperazione, è una ricerca di equilibri permanenti, é un invito a diventare artefici e sostenitori di un'agricoltura per cui la gestione e la distribuzione delle risorse sia equa e permanente. Prendendo spunto dai preziosi suggerimenti che offre questo libro, possiamo aprire la mente ad una nuova visione e vivere una nuova quotidianità iniziando, come ama ripetere Mollison, "dalla porta di casa".

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