di Andrea Sperelli
Sintomi della malattia ridotti grazie a una luce stroboscopica.
Basta un flash per rallentare il decorso dell’Alzheimer. Lo hanno dimostrato i ricercatori del Mit e del Georgia Institute of Technology che su “Nature” hanno pubblicato i dettagli della loro sperimentazione.
Gli scienziati hanno esposto un gruppo di topi affetti da Alzheimer a impulsi luminosi intermittenti emessi da una luce stroboscopica. Con 40 flash al secondo di una specifica frequenza, i sintomi della malattia risultavano attenuarsi, con conseguente riduzione nel cervello di proteine beta amiloidi.
“Avevamo notato che nei topi malati di Alzheimer le onde cerebrali gamma sono più deboli, e questo fin nelle primissime fasi della malattia: anche prima dell’accumulo delle placche amiloidi e prima che i topi mostrino problemi di memoria”, spiega intervistata da Repubblica, Annabelle Singer, docente di ingegneria biomedica alla Georgia Tech University di Atlanta e coautrice dello studio.
“Questo ci ha fatto ipotizzare che l’Alzheimer si sviluppi quando le onde gamma non svolgono bene il loro lavoro. Così abbiamo provato a stimolarle tramite gli impulsi luminosi intermittenti. E abbiamo capito che alla frequenza di 40 volte al secondo la luce ha un effetto particolare: riesce a indurre i neuroni a mandare impulsi a quella stessa frequenza. Una sorta di sincronizzazione dei neuroni ottenuta grazie alla luce, che fa calare la produzione di proteine amiloidi nel cervello, secondo un meccanismo che stiamo ancora indagando. I flash inducono le cellule della microglia a eliminare una quantità di proteina amiloide superiore alla norma”.
La duplice azione sembra però svolgere la propria efficacia soltanto su due aree del cervello, la corteccia visiva e l’ippocampo, zona fondamentale per la memorizzazione delle esperienze. In caso di Alzheimer, il problema è dato dal fatto che le placche di amiloide si formano in varie zone del cervello, dall’amigdala ai lobi frontali, parietali e temporali, fino al tronco encefalico.
“Pensiamo che agendo sulla risincronizzazione delle onde gamma, potremmo ridurre la quantità di proteine amiloidi anche in parti del cervello non associate alla vista e perciò indifferenti alla terapia luminosa. Quello che stiamo cercando adesso, è un modo per raggiungere in maniera non invasiva anche queste altre regioni”, spiega la dott.ssa Singer.
Articolo di Andrea Sperelli
Fonte: http://www.italiasalute.it/3823/Il-flash-che-cura-l’Alzheimer.html