di Pasquale Cicalese
L’ “inflazione core” Usa (un particolare tipo di inflazione calcolata senza tenere conto dei beni soggetti a forte volatilità, ovvero generi alimentari e i costi dell’energia) è aumentata dal 5.9 al 6.3%. Wall Street martedì sera perdeva il 5%. Ah, il vostro tanto temuto Blackrock, “padrone” di tutto, ieri ha perso il 7.5%.
L’inflazione non solo porta ad aumenti del tasso Fed Fund ma anche alla corrosione dell’asset inflation. Blackrock, che non è altro che gestore di soldi di altri, teme che i suoi sottoscrittori mondiali ritirino i soldi.
Gli Usa, che da 60 anni campano di soldi altrui, cercano di attirare capitali, cosa che gli riesce con i fessi europei, che ci stanno perdendo da un anno e mezzo, ma altri parti del mondo, vedi la Cina, non si lasciano abbindolare. Inoltre, la mancanza di manifattura, cosa di cui scrive nei giorni scorsi Il sole, e il differenziale inflazionistico con la Cina, portano al massacro economico statunitense, così come quello europeo.
L’asset inflation, a cui da sempre si contrappone la “lotta di barricata” della Pboc, la banca centrale cinese, si sgonfia. La conseguente distruzione di capitale fittizio, unita ad un’economia reale inesistente, modello che sta per imporsi anche da noi, porta alla perdita egemonica statunitense.
Il toro ferito dà le cornate a tutti, è pericolosissimo e c’è chi, come i maggiordomi inglesi, parlano della necessità di una guerra atomica. Ma dietro c’è lo sgonfiamento del capitale fittizio, su cui si è retta la nazione americana per 60 anni.
La lotta di barricata porta la Cina a rivolgersi all’interno; essa vede il collasso dell’Occidente. E c’è poi chi vorrebbe l’autonomia differenziata, nel mentre il suo mondo di carta va a pezzi.
Paolo Bricco scrive su Il sole 24 ore: “Nel 1950 la quota di occupati americani nell’industria era pari al 30%, ora all’8%; la quota di commercio mondiale riferito agli Usa nel 2000 era pari al 25,3% ora al 16.9%; la quota di beni intermedi, che rispecchiano le intersezioni tra sistemi produttivi, è scesa in maniera ancora più accentuata, dal 24,5 al 16.1%; la quota di beni manifatturieri riferiti agli Usa fra il 2000 e il 2008 dal 23.2 al 15,7%“.
Non mi dilungo oltre, parlano i numeri. Questo è il paese di riferimento della classe dirigente europea, da cui noi dovremmo prendere spunto. Un declino inarrestabile. Sarei curioso di sapere quanti di quell’8% di addetti all’industria siano occupati nell’industria degli armamenti.
Un paese che non produce niente, con centinaia di milioni di cittadini a cui si dà la carità e qualche decina di milioni impegnati nel Fire (immobili, finanza assicurazioni). Stiamo facendo la stessa fine.
Se monta la protesta, ad ora sottaciuta, di piccoli imprenditori, di professionisti, di commercianti non l’addossate alla lamentela dei “bottegai”, semplicemente loro sono la spia di quanto sta succedendo da decenni.
Articolo di Pasquale Cicalese – Economista
Fonte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-il_crollo_inesorabile_degli_usa_in_3_dati/29785_47325/