Un interessante sondaggio condotto da ricercatori dell’Università di Warwick, ha scoperto che il 75% dei detriti spaziali che orbitano intorno al nostro pianeta, non possono essere ricondotti ad oggetti noti, presenti nei cataloghi pubblici dei satelliti artificiali.
Questo significa che intorno al nostro pianeta girano molti oggetti di cui ignoriamo l’origine, alcuni, probabilmente lanciati a scopi militari, altri appunto di origine non sconosciuta.
Gli stessi astronomi che hanno condotto il sondaggio, spiegano che c’è bisogno di indagini più regolari effettuate anche con i telescopi, per cercare di quantificare al meglio i rischi relativi a questi pezzi vaganti che orbitano intorno alla Terra. Tutti questi detriti rappresentano infatti dei potenziali pericoli per i satelliti che operano ancora.
In questo caso i ricercatori hanno cercato i detriti più piccoli e quelli più scarsamente riflettenti, fondamentalmente quelli più difficilmente individuabili. I ricercatori hanno utilizzato il più grande catalogo pubblico degli oggetti spaziali, quello della rete di sorveglianza spaziale globale (SSN) statunitense. Si tratta di una rete che si serve di più di 30 radar terrestri e vari telescopi ottici oltre a sei satelliti in orbita per catalogare tutti gli oggetti e quindi anche i detriti che circolano intorno al nostro pianeta. Questa rete può individuare gli oggetti fino ad un metro di diametro.
Le collisioni di questi oggetti con i satelliti o con la stazione spaziale internazionale, possono verificarsi con velocità di diversi km al secondo, dunque con una velocità anche più alta di quella di un proiettile. Utilizzando anche il telescopio Isaac Newton, sull’isola di La Palma delle Canarie, e raccogliendo la luce riflessa dagli oggetti, i ricercatori hanno scansionato diverse strisce di cielo di quest’area e hanno scoperto che il 75% di oggetti individuati non era riconducibile ad alcun satellite presente nel database.
“Le curve di luce estratte dalle immagini del nostro sondaggio mostrano quanto possano essere vari questi oggetti, sia in termini di natura fisica che di atteggiamento o comportamento in orbita. Molti dei detriti deboli e non catalogati sembrano rotolare, mostrando una variazione significativa della luminosità attraverso la finestra di osservazione”, spiega James Blake, studente di dottorato del Dipartimento di Fisica a Warwick ed autore principale dello studio pubblicato su Advances in Space Research.
Alieni intelligenti rilevabili osservando i loro satelliti o spazzatura spaziale
Potrebbe essere la spazzatura spaziale intorno ai pianeti, un giorno, a condurci alla scoperta della vita extraterrestre intelligente. È di quest’idea l’astrofisico Hector Socas-Navarro, dell’Istituto di astrofisica delle Isole Canarie in Spagna, che ha presentato la sua ricerca su arXiv.
Secondo Navarro, potrebbe essere possibile trovare indicatori di presenza di civiltà “moderatamente avanzate” su pianeti extrasolari con il metodo del transito, un metodo che di solito si utilizza per scoprire gli esopianeti ma non per comprendere se su questi ultimi possa esserci la vita (a meno che non si riesca ad analizzare in maniera sopraffina la loro atmosfera, cosa che i moderni telescopi, anche quelli spaziali, non sono ancora in grado di fare).
Interpellato da Digital Trends, Navarro parte col dire che il problema nella ricerca dell’intelligenza extraterrestre oggigiorno sta nel fatto che, sostanzialmente, non sappiamo ancora cosa cercare, tanto che qualcuno ha coniato nuovi termini come “tecnofirme”, ossia marcatori o firme di qualsiasi tipo che dimostrino l’esistenza di una vita extraterrestre avanzata a livello tecnologico. Tuttavia, secondo lo stesso Navarro ritiene che le stesse tecnofirme possano essere relative solo a civiltà molto avanzate a livello tecnologico, qualcosa che taglierebbe fuori qualsiasi altra civiltà che potrebbe essere, per esempio, al nostro livello di tecnologia o poco oltre.
Il nuovo approccio di Navarro mira invece a cercare civiltà extraterrestri intelligenti simili a noi, e proprio per questo si concentra sui satelliti che possono orbitare intorno ad ipotetici pianeti abitati ma anche sulla cosiddetta “spazzatura spaziale”, ossia tutti quei detriti e quelle rimanenze degli stessi satelliti o navicelle che restano in orbita intorno al pianeta madre, dopo generazioni e generazioni di lanci e di utilizzi.
In particolare, Navarro consiglia di cercare quei satelliti e quei detriti in orbita geosincrona che, tutti insieme, formano la cosiddetta “cintura di Clarke”, relativamente visibile dall’esterno, soprattutto, se i satelliti sono in gran numero, situazione abbastanza prevedibile per una civiltà mediamente avanzata. La nostra stessa “cintura di Clarke” potrebbe risultare, in un futuro vicino, già rilevabile da ipotetiche civiltà extraterrestri intelligenti su pianeti orbitanti intorno a stelle a noi vicine.
Civiltà tecnologiche rilevabili individuando pannelli solari o sostanze inquinanti in atmosfere
Anche Adam Frank, professore di fisica e astronomia presso l’Università di Rochester, si dedicherà soprattutto alla scoperta delle cosiddette a “tecnofirme”, ossia segni rilevabili dal nostro pianeta che dimostrino senza dubbio che sono stati causati da una civiltà intelligente e tecnologica.
Le tecnofirme possono essere tantissime e possono variare a seconda della civiltà che le ha causate. Ad esempio, una civiltà tecnologica, anche solo per poter esistere, dovrà trovare un modo per produrre dell’energia e ci sono diverse forme di energia che è possibile sfruttare nell’universo. La produzione stessa di energia lascia sempre qualche firma o qualche segno.
Il team di ricercatori di Frank, tuttavia, inizierà il proprio progetto esaminando due particolari e possibili tecnofirme che indicherebbero attività tecnologica su un altro pianeta. Si parla dei pannelli solari o di una tecnologia simile e delle sostanze inquinanti che, per forza di cose, una civiltà tecnologica deve produrre.
I pannelli solari sono lo sbocco più naturale da parte di una civiltà intelligente di produrre energia a basso costo. Le stelle, infatti, sono uno dei più potenti generatori di energia dell’universo e sfruttarne almeno in parte questo potenziale, è la prima cosa a cui una civiltà tecnologica ed intelligente penserebbe per sopravvivere o progredire. Se una data civiltà utilizza tecnologie solari all’avanguardia o semplicemente molti pannelli solari, questa luce riflessa causerebbe comunque una firma spettrale, ad una certa lunghezza d’onda, che potrebbe essere misurata dalla Terra, soprattutto con i futuri telescopi spaziali.
Per quanto riguarda le sostanze inquinanti, secondo Jason Wright, altro scienziato dell’Università statale della Pennsylvania che sta partecipando al progetto, ci sono molte probabilità che una civiltà intelligente e tecnologica produca particolari gas che poi vanno a finire nelle atmosfere dei loro pianeti. Alcuni gas, invece, potrebbero essere prodotti dalla vita stessa, così come avviene sulla Terra con il metano o l’ossigeno.
Una civiltà industriale potrebbe produrre anche gas artificiali tra cui i cloroflourocarburi, gas che per esempio possono essere utilizzati come refrigeranti. A seconda dell’artificialità o meno del gas rilevabile nell’atmosfera, si possono catalogare le loro firme chimiche che potrebbero indicare anche la presenza di una civiltà industriale.
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Fonte: https://notiziescientifiche.it