I Tecnocrati vogliono farci credere che il mondo sia troppo complesso per la democrazia

In politica non esiste un progresso costante, solo un’infinita e deprimente circolarità. Democrazia e libertà sono inevitabilmente vulnerabili ed effimere; sono sempre messe in dubbio da chi detiene il potere e si ritiene più intelligente degli altri, e quindi costantemente a rischio di essere sovvertite.

In un commento recentemente apparso sul Telegraph, si mettono in luce i tentativi attualmente in corso in Gran Bretagna per bloccare e screditare il processo democratico della Brexit. Gli argomenti sono sempre gli stessi, utilizzati ormai in qualsiasi paese in cui la volontà popolare è abbastanza forte da minacciare lo status quo e gli interessi delle élite: una surreale celebrazione di modelli di governance pre-ottocenteschi, con tutto il potere concentrato nelle mani di un’aristocrazia di burocrati non-eletti, paternalisticamente ritenuti gli unici capaci di comprendere la complessità del mondo odierno. Di fronte a queste derive autoritarie e oscurantiste, è necessario che i cittadini resistano e rivendichino con forza la prevalenza del buonsenso e della trasparenza”. (Allister Heath, 31 gennaio 2018)

Democrazia e libertà sono quindi costantemente a rischio di essere sovvertite. Nell’antichità, Platone, auspicava nella “Repubblica” che la fiducia popolare fosse riposta nei re-filosofi, perché solo loro avevano accesso alla vera saggezza. Come Sir Karl Popper avrebbe argomentato più di 2000 anni dopo, la preferenza di Platone per l’ingegneria sociale, ha contribuito ad alimentare le ideologie totalitarie del XX secolo. Nel Medioevo si radicò l’obbedienza al sovrano che governava per diritto divino, per quanto con l’andar del tempo questo diritto venne man mano limitato dalla Magna Carta, le varie carte dei diritti e la common law.

Nel XVIII secolo la sovranità apparteneva solo alle classi superiori, perché le masse non sapevano leggere (ma presto impararono a farlo e molti finivano col votare Tory). Nel XIX secolo, la scusa era che dare il voto ai poveri avrebbe portato al comunismo (gli oppositori non riuscirono a prevedere la ‘democrazia dei proprietari’ di Margaret Thatcher). Poi ci sono state le patetiche scuse per non estendere il suffragio alle donne. Di volta in volta, sinistra e destra si sono alternate come nemici o difensori della democrazia.

Oggi sono i “radical chic post-liberal”, presumibilmente moderati, a guidare la carica: devastati dalla Brexit, sostengono apertamente e a gran voce che gli elettori sono troppo stupidi o prevenuti per avere fiducia nel futuro del loro paese, e che il potere reale dovrebbe essere nelle mani di un gruppo scelto di funzionari, burocrati o organi “indipendenti”. Una Banca d’Inghilterra indipendente non basta; è ora necessario “depoliticizzare” tutto il resto, incluso il Servizio Sanitario Nazionale, per assicurare che esso sia messo al sicuro dalle masse.

La Brexit doveva essere il ripudio definitivo di un tale incubo tecnocratico, ma diventa sempre più evidente, che il governo di Theresa May sta per perdere un’opportunità irripetibile di ripristinare la democrazia britannica. I burocrati sono invece tornati ai posti di comando, con le loro “previsioni” che lasciano il tempo che trovano, e affermano che Brexit significa un lento scivolare nel nulla.

Certo, la democrazia è imperfetta e fidarsi del popolo è rischioso, ma l’alternativa è il dominio dell’élite, che è ancora più pericoloso. Non c’è nessuno a controllare i controllori, che quindi non sono mai tenuti a rendere conto del loro operato, anche quando scatenano crisi finanziarie e guerre.

La nuova idea antidemocratica è incentrata sulla complessità: il mondo è troppo difficile, troppo interconnesso perché le persone normali, ignoranti e affaccendate possano capirlo. E non solo a causa dei droni o dell’intelligenza artificiale o delle fake news sui social media; ma perché – così ci viene detto – oggi operiamo in un contesto tecnico-giuridico, che ha bisogno di avvocati per interpretare e decidere cosa può o non può essere fatto, e di esperti capaci di calcolare le possibili scelte.

Prendiamo l’esempio della Brexit: ci viene assicurato che non può davvero accadere, o, anche se accadesse, non ne varrebbe la pena. Le persone sono diventate impotenti; la politica è stata, a tutti gli effetti, abolita. L’ordine tecnocratico che è stato creato da innumerevoli trattati e regolamenti farebbe sì che gli aerei precipiterebbero, o sparirebbero le medicine dalle farmacie, se solo avessimo la temerarietà di annullare una qualsiasi parte di questo edificio costruito senza il nostro consenso. Un “processo” di governance lento e opaco ha rimpiazzato le vecchie forme decisionali, e ora siamo definitivamente intrappolati, o almeno così i governanti vorrebbero farci credere.

Tutte sciocchezze, e per giunta pericolose. Il puro e semplice potere politico democratico -specialmente in un’economia grande e potente come la Gran Bretagna – sarà sempre superiore a quello di ordinamenti artificiosi e legalistici, specialmente se illegittimi come quello dell’UE. La legittimazione oggi conta ancor più che nel passato, i paesi possono separarsi. Le regole possono essere infrante. Tutto può cambiare, e infatti spesso accade. Lo ha dimostrato la stessa UE quando ha infranto le regole per aggirare i referendum o per consentire i salvataggi bancari o facilitare il Quantitative Easing.

Il Regno Unito potrebbe facilmente aprirsi la strada per uscire dall’Unione europea, con la giusta leadership, e pensare che questo paese sia intrappolato per sempre in un sistema che non vuole più, è la grande “nobile menzogna” platonica dei nostri tempi. È una truffa, e il suo debole governo semplicemente non ha la forza di volontà per dimostrare il contrario. Ma con il giusto mix di forza e leadership, una soluzione negoziata sarebbe ancora possibile.

È certamente vero che il mondo è oggi più complicato. Ma ciò non significa che le nostre istituzioni debbano nascondersi dietro di essa; al contrario, dovrebbero sforzarsi di fare proprio l’opposto. Tutte le decisioni, grandi o piccole, dovrebbero essere spiegate e rese comprensibili al pubblico, e oggetto di dibattito. Esistono modi migliori, meno alienanti e più sostenibili per organizzare le relazioni economiche internazionali, secondo principi liberali rispetto all’attuale caos.

Maggiore è la complessità, più semplici e trasparenti dovrebbero essere le regole del gioco, e più i politici dovrebbero cercare il consenso dell’elettorato.La soluzione è l’esatto contrario dell’approccio attuale.

La realtà è che gran parte dell’opinione pubblica britannica reagirà con rabbia se la Brexit venisse bloccata o neutralizzata, e non potrà facilmente digerire il tentativo di rimuovere sempre più aree della vita pubblica dall’influenza della politica democratica. La loro rabbia sarà incontenibile e minaccerà di sovvertire l’ordine stabilito.

La Gran Bretagna diventerà come la Francia o la Polonia o la crescente lista di paesi dove partiti autenticamente estremisti vengono votati con percentuali crescenti. Ci saranno nuovi raggruppamenti populisti sia all’estrema destra che all’estrema sinistra: il collasso della Brexit renderebbe, paradossalmente, la nostra politica più europea.

Rivisto da Conoscenzealconfine.it

Fonte: http://vocidallestero.it

IL MINOTAURO GLOBALE
America, Europa e il futuro dell'economia globale
di Yanis Varoufakis

Il Minotauro Globale

America, Europa e il futuro dell'economia globale

di Yanis Varoufakis

Chi meglio dell'ex ministro delle finanze del governo greco di Tsipras può mostrarci con grande schiettezza quanto il sistema capitalistico sia oggi assolutamente inadeguato e dannoso per l'economia mondiale?

Il Minotauro globale non è solo un saggio di economia, o di storia dell'economia. E un testo che offre una delle più lucide e chiare visioni dell'Europa, della sua struttura, e dello scenario economico internazionale ad essa inestricabilmente collegato.

Vi troviamo una delle critiche costruttive al capitalismo e all'istituzione europea per come li conosciamo, tra le più originali e limpide.

Se vogliamo capire perché l'Europa si trovi ora ad affrontare alcune delle più gravi crisi della sua storia recente, e se vogliamo farlo con lo sguardo rivolto non solo al passato ma anche al futuro, queste pagine di Varoufakis ce ne presentano l'occasione.

Attraverso la metafora del Minotauro, l'economista greco tiene in vista il filo che unisce l'Europa di oggi all'Europa del mito. Senza questo ricordo non solo difficilmente potremmo capire le crisi, ma nemmeno intravedere dove ci porteranno.

Ne Il Minotauro globale Yanis Varoufakis offre un quadro dello scenario economico globale. L'ex Ministro delle Finanze greco spiega perché il capitalismo debba mutare radicalmente per poter sopravvivere.

In questo saggio, Varoufakis smonta il credo dominante secondo il quale le crisi dell'Eurozona hanno le loro radici nella finanziarizzazione e nella deregolamentazione delle banche.

Egli sostiene invece che esse siano sintomi di una malattia ben più profonda, le cui cause sono riconducibili al grande crack del 1929 e che si è materializzata nel sistema dominato dagli Stati Uniti - quello che Varoufakis chiama appunto il Minotauro globale - rivelando poi come sia possibile reintrodurre un po' di razionalità in ciò che è diventato un ordine economico pernicioso e irrazionale che esige nuovi modi di pensare e politiche radicalmente diverse.

Lettura fondamentale, e al tempo stesso appassionante, per chi vuole capire i meccanismi economici e politici che ci hanno portati fin qua. Edizione aggiornata con nuova introduzione e due nuovi capitoli.

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