di Donatella Donati
Chi non si è mai sentito dire: no? Quando i nostri genitori da piccoli ci negavano qualcosa, era una vera tragedia, ci sentivamo morire. La vita è intrisa d’impossibilità che limitano il nostro volere, e l’educazione rigida, forse antica e bigotta dei nostri genitori, ci ha abituati ad accettare, almeno in parte, i no della vita.
Quando i no diventano frequenti e quotidiani, bisogna iniziare a porsi delle domande. Non sono solo i no a negare la vita e la gioia di un entusiasmo, spesso ci sono modalità molto più sottili, come la non presenza, lo sminuire il valore di ciò che viene detto o fatto con un senso di supponenza e arroganza. Soprattutto se l’ha fatto qualcun altro e non noi…
Nei rapporti interpersonali è frequente questo tipo di dinamica, ad esempio, dopo l’innamoramento (dove pensi illusoriamente di aver trovato qualcuno che ti amerà così come sei), inizia il bisogno di cambiare l’altro a nostro piacimento. Inizia l’inibizione del piacere, che non è solo fisico (questo è il meno!) ma è una dinamica precisa di crudele lotta di potere, che per fortuna non è sempre presente. Quando tutto ciò ci tocca nella quotidianità, forse è ora di prendere in mano la nostra vita, è ora di smettere di appoggiarci all’altro, al quale deleghiamo oltre alle piccole responsabilità della nostra vita, anche la nostra felicità.
Se viviamo frequenti no dall’esterno, noi per primi ci riconosciamo come qualcosa che non è degno di avere successo nella vita e possiamo continuare a lamentarci, mantenendo quel clima di odio e invidia che ci corrode il cuore di tristezza. Io conosco questa dinamica, l’ho vissuta e so che peso inibitorio ha la sfiducia in se stessi, quale forza ha la depressione che ti fa amare la notte dell’anima. Non siamo qui per questo, per porgere il fianco alla disperazione che vuole impadronirsi della nostra leggerezza. Ci siamo incarnati per cambiare, per essere esempi di forza costruttiva che decide cosa vuole e come lo vuole.
Per prima cosa, dobbiamo smettere noi di inibire la vita negli altri, succhiando la vitalità degli altri come antichi vampiri. Come può l’altro essere spudoratamente e liberamente gioioso? Come si permette, soprattutto, di essere gioioso anche senza di me?
Dobbiamo sentire l’odio che esprimiamo nei silenzi, nella seriosità priva di vita che incatenano gli altri al nostro volere. Io ci sto provando, per me, per il sorriso degli altri e perché sono stanca. La distruttività stanca, ti porta a consumarti del tuo stesso male. Se siamo in questo pianeta ora, in un momento in cui viene privilegiato il male (dal cibo, all’aria che respiriamo, passando per ogni impressione putrida che ci viene impressa nel corpo eterico), abbiamo il dovere di coltivare il bello e la leggerezza che unisce i dolori di ognuno di noi, trasformandoli in piccole scintille di tenerezza che nutrono la terra su cui viviamo, offesa dal male e da chi la violenta senza scrupolo. Ogni azione del nostro agire può andare nella direzione della scelta consapevole del bene. Basta volerlo e… mantenerlo!
Articolo di Donatella Donati, co-autrice di “Exalux Erbe di Luce, Un Nuovo modo di concepire la fitoterapia“
Fonte: http://www.yogavitaesalute.it/psicologia-dello-yoga/i-no-e-la-negazione-della-gioia/