di Marco Massignan
Il progetto di costruzione di un oleodotto minaccia la nazione Lakota Sioux di Standing Rock, in North Dakota (USA), patria dei Lakota Hunkpapa, discendenti diretti di Toro Seduto.
Si tratta anche della stessa gente che mi ha onorato concedendomi di partecipare alla Danza del Sole, la loro cerimonia più sacra.
Il DAPL (Dakota Access Pipeline) è un oleodotto che la compagnia petrolifera Enbridge intende costruire tra gli impianti di estrazione in North Dakota e Illinois. Il tragitto proposto per l’oleodotto, che trasporterebbe greggio attraverso quattro stati, passerebbe sotto il fiume Missouri e numerosi altri corsi d’acqua, attraversando inoltre i territori della nazione Hunkpapa Lakota di Standing Rock e distruggendo o danneggiando irreparabilmente numerosi siti archeologici, antichi siti di sepoltura e luoghi sacri ai Nativi da tempo immemorabile.
Tra l’altro, la realizzazione dell’oleodotto, è in aperta violazione ai Trattati come quello di Fort Laramie del 1851 e del 1868, in cui il governo americano si impegnava a “garantire per sempre l’utilizzo indisturbato delle risorse idriche” ai nativi. Il pericolo posto da questo progetto è grande, poiché nel caso non infrequente di una perdita di greggio, andrebbe a inquinare in modo molto grave il fiume Missouri e numerosi altri corsi d’acqua da cui non solo i nativi, ma oltre 18 milioni di persone attingono per le necessità quotidiane.
Già all’inizio del 2016, la gente del posto aveva innalzato un accampamento, il Sacred Stone Camp, in un punto della riserva in cui il progetto prevederebbe il passaggio dell’oleodotto. Era stata creata una petizione online, tuttora valida, a cui hanno aderito numerose personalità, tra cui Leonardo Di Caprio, Susan Sarandon, Robert Redford, Lenny Kravitz, Mark Ruffalo, il reverendo Jesse Jackson, la candidata alla Casa Bianca Jill Stein e la star di Divergent Shailene Woodley, che a ottobre è stata arrestata insieme ad altri manifestanti, mentre diffondeva live le immagini delle proteste. Lo scorso luglio, un nutrito gruppo di giovani aveva organizzato una marcia di protesta per attirare l’attenzione sulla questione, correndo per oltre 3000 km da Standing Rock fino a Washington, ed erigendo un tepee di fronte al Campidoglio.
Non appena però l’Army Corps of Engineers (Genio militare) ha dato il via libera al progetto, Enbridge e le altre aziende petrolifere coinvolte hanno subito iniziato i lavori, protette dalla polizia statale e dallo sceriffo, che stanno di fatto agendo a protezione di interessi privati e non a tutela della salute dei cittadini.
Subito sono iniziate le proteste pacifiche dei nativi, con preghiere continue e un sit-in permanente che da poche decine di donne, uomini e bambini si è rapidamente ingrandito. Oramai oltre 100 persone sono state arrestate per aver oltrepassato il cordone delle forze dell’ordine intorno al cantiere, tra cui il presidente tribale Dave Archambault II e il consigliere tribale Dana Wasinzi, che conosco personalmente. Bisognava arrivare al 2016 per vedere ancora dei nativi americani arrestati per violazione di domicilio sulla loro stessa terra, all’interno della riserva!
La stampa del North Dakota ha cercato prima di far passare sotto silenzio la cosa, etichettando le proteste come “attività criminali” e utilizzando in alcune occasioni termini apertamente razzisti. Il governatore dello stato Jack Dalrymple, consigliere di Donald Trump, ha ordinato di innalzare posti di blocco e di tagliare l’acqua al campo nel tentativo di disperdere i manifestanti. Si è quindi scoperto che Dalrymple e altri sostenitori dell’oleodotto possiedono delle quote nella società che promuove il progetto, e sono quindi apertamente in conflitto d’interessi.
Ma a questo punto i Lakota hanno cominciato a chiedere aiuto, e numerose altre tribù, ambientalisti e simpatizzanti si sono uniti al campo eretto in difesa della Madre Terra. Sono giunte sul posto delegazioni di oltre 300 tribù da tutti gli Stati Uniti e dal Canada, tra cui gli Cheyenne e gli Arapaho, coi quali i Lakota sconfissero Custer nella celebra battaglia del Little Big Horn. Ma anche i Crow, tradizionali nemici dei Lakota, in un beneaugurante e storico incontro. E poi Amnesty International, il movimento Black Lives Matters, organizzazioni di Nativi del Sud e Centro America, e molti altri. Ormai al Sacred Stone Camp sventolano le bandiere di centinaia di popoli tribali di tutto il mondo e di varie altre nazioni, tra cui l’Italia.
Le manifestazioni si sono trasformate nel più grande raduno di Nativi Americani dall’occupazione di Wounded Knee del 1973, con oltre 3000 persone in sit-in permanente. Un raduno assolutamente pacifico, senza armi né violenza alcuna. Anzi: l’evento è divenuto un’occasione per recuperare un’identità etnica e culturale al di là delle divisioni tribali, con scuole tradizionali all’aria aperta, gare di solidarietà, preghiere e cerimonie tradizionali tutti i giorni.
La stampa nazionale e internazionale ha quindi cominciato a occuparsi del caso, con la prima pagina del New York Times e trasmissioni nazionali in diretta sulle principali reti televisive, in cui si parla della figuraccia che sta facendo lo stato del North Dakota. Sui social network le notizie e le pagine in solidarietà al movimento NO DAPL si sono moltiplicate in pochi giorni, con adesioni da tutto il mondo. Tra l’altro, un forte temporale ha danneggiato le abitazioni temporanee di alcuni lavoratori dell’oleodotto, costringendoli a trovare una nuova sistemazione.
Il 10 settembre 2016, un giudice federale doveva prendere una decisione in proposito, ma il tutto si è risolto in un nulla di fatto. Dopo un silenzio assordante, il presidente Barack Obama si è limitato a invitare la compagnia petrolifera a interrompere i lavori finché non sarà fatta luce sulle rivendicazioni dei manifestanti, e com’era prevedibile la compagnia se n’è infischiata. Obama ha quindi tradito le promesse che aveva fatto ai Nativi di Standing Rock, durante la sua seconda campagna elettorale, quando aveva detto che “meritavano di essere al sicuro” e che avrebbe “fatto rispettare i trattati”.
Anche negli altri stati interessati dal progetto, tra cui l’Iowa, residenti nativi e non, continuano a organizzare proteste per attirare l’attenzione sui pericoli dell’oleodotto. Tutto questo in una nazione che per anni ha abusato della pratica del fracking (l’estrazione di idrocarburi tramite esplosioni sotterranee, che causa terremoti e inquinamento delle falde acquifere).
I Nativi hanno dichiarato, per voce del comitato di anziani riunito al Sacred Stone Camp, che non se ne andranno in ogni caso fino a quando il progetto non sarà stato definitivamente abbandonato. Molti si incatenano ai macchinari quasi ogni giorno per ritardare i lavori, venendo poi arrestati.
L’ormai storica resistenza dei Lakota Hunkpapa, scandita da slogan come I Stand with Standing Rock, si inserisce nell’ambito del movimento mondiale che in moltissimi paesi si oppone con forza crescente allo strapotere delle multinazionali del petrolio che, invece di aggiornarsi e sviluppare metodologie rispettose dell’ambiente, restano ancorate al vecchio e passano sulla testa della gente pur di accumulare denaro.
La compagnia petrolifera ha utilizzato tattiche come l’impiego di cani addestrati che hanno morso i manifestanti (tra cui una donna incinta e una bambina), proprio come facevano spagnoli e inglesi per sterminare i Nativi nei secoli scorsi. La polizia, in tenuta antisommossa e con equipaggiamento esagerato rispetto alla situazione, ha fatto uso più volte di gas lacrimogeni, manganelli, autoblindo, sirene assordanti e proiettili di gomma, sgomberando uno dei campi e ferendo numerose persone disarmate. In numerose occasioni sono stati arrestati giornalisti per il solo fatto che stavano documentando l’accaduto, tra cui la nota reporter Amy Goodman. Gli arrestati sono stati detenuti in gabbie per cani e sottoposti a strip searching (perquisizioni in cui la vittima viene lasciata nuda in una cella).
La forza del messaggio dei Nativi americani e dei loro alleati sta anche nel fatto che essi dichiarano di non essere “protestors”, ma “protectors”, e che stanno lottando per il bene di tutti e per la Madre Terra. Essi affermano di star difendendo anche gli altri popoli, non solo tutti gli americani di qualsiasi razza, ma anche i popoli degli animali e delle piante che vivono grazie al Missouri. Mni wiconi (“L’acqua è vita”) è una delle loro parole d’ordine. Ed è proprio la dimensione spirituale, quella che considera l’ambiente non un freddo concetto scientifico ma la Terra e le acque come qualcosa di sacro, il luogo in cui vivono gli Spiriti invisibili degli Antenati e delle Forze misteriose della natura, a dare alle loro parole una forza speciale.
“Solo quando avrete inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero e pescato l’ultimo pesce, solo allora vi accorgerete di non poter mangiare il denaro accumulato nelle vostre banche.” – Anonimo nativo americano
Come aiutare
I Nativi Americani e i loro alleati chiedono di far conoscere la situazione a tutto il mondo e necessitano di donazioni urgenti per sostenere le spese del campo (cibo e altro) e le spese legali degli arrestati.
Firma la petizione online: https://www.change.org/p/jo-ellen-darcy-stop-the-dakota-access-pipeline
Donazioni alla nazione Lakota Sioux di Standing Rock: http://standingrock.org/
Donazioni per il fondo legale: https://fundrazr.com/d19Af
Facebook: No Dakota Access / Camp of the Sacred Stone
Articolo di Marco Massignan
Fonte: http://marcomassignan.org/news/lakota-sioux-minacciati-un-oleodotto/