Secondo gli “studi di genere”, l’identità di genere sarebbe una componente distinta dall’identità sessuale e potrebbe anche non coincidere con essa (producendo maschi-donne e femmine-uomini), poiché le differenze tra uomo e donna sarebbero soltanto una costruzione sociale, dovuta a stereotipi di genere, per l’appunto.
Su questa base teorica, nata negli anni ’70, viene legittimato il “cambio di sesso” di chi vive una incoerenza tra il “sentirsi” uomo o donna – cioè il “genere”- e l’essere nata biologicamente come donna o uomo, cioè il “sesso”.
Tutto falso, lo dimostra oggi la scienza moderna. Le differenze tra uomo e donna sono biologiche e genetiche, non certo dovute all’influsso sociale o dall’educazione ricevuta. Chi afferma di aver “cambiato sesso” ha semplicemente amputato parti anatomiche del corpo o ne ha aggiunte altre con la chirurgia estetica, dopo essersi bombardato di ormoni. A livello neuro-fisiologico rimane come è nato, nella sua originale identità sessuale.
“I dati scientifici”, ha spiegato Antonio Federico, ordinario di Neurologia presso l’Università di Siena, “evidenziano chiare e nette differenze tra il cervello femminile e quello maschile, differenze che sono genetiche, ormonali e strutturali anatomo-fisiologiche, con importanti conseguenze sulle funzioni cerebrali e anche su alcune malattie”. Oltre all’aspetto anatomico, “in situazioni complesse è avvantaggiata la donna, perché il cervello femminile è meno ‘rigido’ e portato, quindi, ad analizzare uno spettro più ampio di dati e possibilità; al contrario, il cervello maschile è favorito in situazioni semplici e collaudate”.
Lo ha confermato poco tempo fa il neurochirurgo Giulio Maira: “L’uomo possiede un cervello che segue schemi basati di più sulla razionalità, mentre nella donna sono più di tipo intuitivo. Ciò fa sì che le donne siano più brave nel multitasking, più empatiche e con migliori abilità sociali. Gli uomini, invece, eccellono nelle attività motorie e sono più capaci ad analizzare lo spazio”. Esistono dunque comportamenti e qualità tipiche degli uomini e delle donne perché vi sono differenti ed immodificabili impostazioni a livello cerebrale, i quali “influiscono sulle diversità di comportamento e di percezione del mondo”, hanno spiegato i ricercatori dell’Università di Cambridge.
Non può dunque esistere alcuna “identità di genere” separata e/o in contraddizione con “l’identità sessuale”, chi sostiene di avere un’identità differente da quella indicata dalla sua struttura neuro-anatomo-fisiologica, ha semplicemente un disturbo di percezione di sé, che la medicina moderna chiama “disforia di genere” o “disturbo dell’identità di genere” (DIG), ovvero “il forte e persistente desiderio di identificarsi con il sesso opposto, piuttosto che con il dato biologico o anatomico”.
I cosiddetti “studi di genere”, dunque, sono confutati fin dalla partenza: “La genetica e la biologia neoevoluzionista contemporanee hanno concorso a rimettere in gioco il corpo”, si legge sul Dizionario di filosofia dell’Enciclopedia Treccani. “Per tali vie il sesso sembra riacquistare incidenza sul genere, attutendo la spinta propulsiva degli studi di genere”.