di Paolo Di Sia
L’11 marzo 2011 a Fukushima uno dei più forti terremoti registrati in Giappone ha portato a conseguenze impensabili.
A seguito del terremoto si è creato uno tsunami, una doppia forza scatenante che ha portato ad effetti devastanti: un grave incidente nucleare presso l’impianto di Fukushima Daiichi, la morte di oltre 15.000 persone e la distruzione di gran parte delle infrastrutture e delle abitazioni.
Quanto accaduto ha avuto ampie conseguenze per le politiche giapponesi ed energetiche internazionali, l’ambiente, l’opinione pubblica in materia di energia nucleare e la stessa gestione delle catastrofi. Le vibrazioni del terremoto hanno causato l’arresto automatico di 11 centrali elettriche in tutto il paese, tra cui tre reattori della centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Lo tsunami che ha colpito la costa circa 50 minuti più tardi ha causato una catena senza precedenti di eventi devastanti negli impianti della centrale. I generatori diesel di emergenza che avrebbero dovuto sostituire gli impianti elettrici danneggiati sono stati allagati e si sono fermati interrompendo il raffreddamento; così tre dei noccioli dei reattori dell’impianto hanno iniziato a fondere e il materiale radioattivo è stato rilasciato nell’ambiente in seguito anche ad alcune esplosioni.
Accertati i problemi, sono state eseguite evacuazioni massicce fino a 30 chilometri dalla centrale nei giorni immediatamente successivi e l’intero impianto nucleare giapponese è stato chiuso. L’incidente ha influito direttamente non solo sulla vita dei lavoratori presso la centrale elettrica e di oltre 150.000 sfollati (la cui maggioranza vive ancora in alloggi temporanei), ma ha avuto anche un impatto enorme sull’ambiente atmosferico e naturale, la situazione economica e politica, la psicologia e la salute umana. Su scala mondiale, l’incidente di Fukushima ha riacceso grandi discussioni sull’energia nucleare e le politiche internazionali di regolamentazione, coinvolgendo incidenti simili, come il disastro di Chernobyl.
Radiazione e ingegneria: a seguito del terremoto, 11 dei reattori nucleari giapponesi si sono fermati immediatamente, come previsto, inserendo automaticamente le barre di controllo nel nocciolo dei reattori. Le pompe di circolazione di emergenza alimentate da generatori diesel, previste per la rimozione del calore di scarto residuo nei recipienti a pressione dei reattori sono partite a funzionare, ma l’enorme tsunami creatosi a seguito del terremoto ha inondato la diga e distrutto i generatori diesel. In poche ore è avvenuta la fusione dei nuclei dei reattori 1, 2 e 3. L’assenza di filtri di sfiato dei reattori giapponesi ha portato ad una sovrapressurizzazione dell’idrogeno e ciò ha portato ad esplosioni all’interno degli edifici, aumentando ulteriormente la dispersione di radioattività nell’ambiente.
La risposta dei tecnici a quanto accaduto ha spaziato in una vasta gamma di discipline, portando a un gran numero di analisi e rapporti tecnici. La Comunità europea ha richiesto a ciascuno stato membro di effettuare valutazioni adeguate (“stress tests”) di ogni centrale nucleare per evidenziare possibili cause di vulnerabilità di sicurezza a seguito di questo incidente. In termini di potenziali effetti dovuti al rilascio di radionuclidi nell’ambiente, si è cercato di applicare ciò che si è appreso a seguito di emergenze radiologiche del passato, come l’incidente di Chernobyl, utilizzando tecniche di dosimetria retrospettiva sui tessuti biologici, e come i livelli di radioattività sono stati misurati dopo l’incidente.
Impatto ambientale, atmosferico e salute umana: l’incidente ha comportato il rilascio di grandi quantità di becquerel (simbolo “Bq”) di attività nell’ambiente, prevalentemente iodio I-131, cesio Cs-134 e Cs-137. Il becquerel è l’unità di misura adottata a livello internazionale dell’attività di un radionuclide; è definita come l’attività di un radionuclide che ha 1 decadimento al secondo: 1 Bq equivale ad una disintegrazione al secondo. La radioattività è stata dispersa nell’atmosfera e nell’oceano; nei giorni successivi al disastro tracce di radionuclidi sono state rilevate in tutto il mondo. Lo scenario dell’incidente e le emissioni radioattive hanno dato luogo a una serie di ricerche scientifiche, ma i tempi di risposta non sono stati rapidi relativamente allo studio degli isotopi a vita breve.
Gli studi di piante e animali attorno a Fukushima hanno evidenziato conseguenze di natura fisiologica, morfologica e comportamentale come conseguenza dell’esposizione alla radioattività. Vari effetti sono stati osservati nelle popolazioni esposte, ad esempio scimmie, farfalle, uccelli, alberi e afidi (i pidocchi delle piante), così come nelle popolazioni in ambiente marino. Diversi studi sono stati intrapresi per valutare l’impatto sulla salute umana. I numeri relativi alla mortalità e alle patologie globali e locali indicano un impatto considerevole, anche se inferiore rispetto all’incidente nucleare di Chernobyl.
L’atteggiamento nei confronti dell’energia nucleare e le radiazioni erano e rimangono ambivalenti. Anche se esistono articoli che mostrano i benefici potenziali sull’espressione genica dell’esposizione a radiazioni a basso dosaggio, continua ad esserci una paura generalizzata circa la produzione di energia nucleare e gli incidenti verificatisi in queste strutture. Negli ultimi 30 anni dal disastro di Chernobyl gli effetti sulla salute e sull’ambiente esposto alle radiazioni sono stati ampiamente analizzati attraverso molti studi che valutano l’aumento dei rischi e dei meccanismi associati allo sviluppo del cancro, di malattie cardiovascolari e mutazioni genetiche. Gli studi hanno anche esaminato l’impatto psicologico a lungo termine di tali disastri.
Impatto psicologico ed economico: l’incidente della centrale nucleare di Fukushima Daiichi ha portato ad una massiccia evacuazione di oltre 150.000 residenti dalla prefettura di Fukushima e oltre. Molte persone sono state costrette a lasciare la loro abitazione (tutte quelle all’interno della zona di evacuazione di raggio 20 chilometri di distanza dalla centrale), alcuni hanno volontariamente lasciato, alcuni hanno deciso di rimanere, anche se fortemente sconsigliati di farlo.
Attualmente circa 100.000 persone rimangono evacuate. Anche se il governo giapponese ha presentato un piano che prevede per i due terzi degli sfollati il rientro per marzo 2017, la maggioranza di essi rimane incerta e scettica circa il ritorno a casa, a causa dei possibili ulteriori rischi per la salute. L‘abbandono della propria casa e la perdita del lavoro ha inevitabilmente portato a sentimenti di insicurezza, stress, “trauma per trasferimento” e disturbi psicosomatici di vario genere.
L’incidente ha avuto un impatto significativo a lungo termine anche dal punto di vista internazionale sul mercato economico e del lavoro. Il danno totale causato dal disastro è stimato dell’ordine di centinaia di milioni di dollari, in gran parte relativo all’evacuazione così massiccia. La compagnia che gestiva l’impianto di alimentazione, la “Tokyo Electric Power Company” (TEPCO), è fallita ed è stata nazionalizzata.
Politica energetica nucleare: l’incidente ha ulteriormente influenzato la percezione del pubblico circa l’energia nucleare, con un ripensamento sulla regolamentazione per soddisfare la sicurezza degli impianti nucleari. I produttori di reattori nucleari e gli operatori delle centrali nucleari dedicheranno risorse significative per la comprensione e il miglioramento della sicurezza operativa dei loro impianti. Queste misure di sicurezza sono obbligatorie per legge e sono regolate dalla “Nuclear Regulatory Commission” (NRC) negli Stati Uniti e suoi equivalenti altrove nel mondo.
Nonostante queste misure, gravi incidenti nucleari, anche se non frequenti, continuano a verificarsi, con l’incidente alla centrale di Fukushima Daiichi come esempio più recente. Negli Stati Uniti, attraverso gli ordini da parte del NRC, diversi nuovi requisiti di sicurezza a breve termine sono in corso di attuazione e altri dovrebbero seguire presto.
Nonostante le molte norme di sicurezza, gli incidenti nucleari come quello di Fukushima riportano ad accese discussioni internazionali sull’energia nucleare. A prescindere dai vantaggi che l’energia nucleare “sembra” offrire, l’opinione pubblica cambia e l’accettazione sociale si riduce a seguito di disastri come questo. Di conseguenza alcuni paesi nel mondo hanno deciso di ridurre o addirittura eliminare gradualmente i loro programmi futuri di energia nucleare.
Nonostante la politica e la regolamentazione per migliorare la sicurezza degli impianti nucleari del mondo, rimane il fatto innegabile che gli effetti di questi disastri minano severamente la salute e le basi della sopravvivenza umana sulla terra. Per questo occorre ripensare seriamente alle politiche di sviluppo nucleare mondiale, ponendo l’uomo, e non l’economia, al centro, e dare il corretto peso alle energie alternative “pulite”, cosa che spesso non avviene.
Articolo inviato a www.conoscenzealconfine.it direttamente dall’autore
Articolo di Paolo Di Sia
Paolo Di Sia è attualmente docente di Matematica e Didattica 2 presso l’Università degli Studi di Padova (sede Verona). Ha conseguito una laurea triennale in metafisica, una laurea specialistica in fisica teorica e un dottorato di ricerca in modellistica matematica applicata alle nano-bio-tecnologie. Si interessa del rapporto tra filosofia e scienza, di fisica alla scala di Planck, di nanofisica classica e quantistico-relativistica, di neuroscienze e filosofia della mente, di divulgazione scientifica. È autore di 203 lavori su riviste nazionali e internazionali, capitoli di libri, libri, interventi accademici su web, in press. E’ reviewer di 12 riviste internazionali, membro di 7 società scientifiche internazionali, membro di 26 international advisory/editorial boards, gli sono stati attribuiti 8 riconoscimenti internazionali.
Paolo Di Sia
Università di Padova (sede: Verona), ISSR (Bolzano), ISEM (Palermo)
E-mail: paolo.disia@libero.it
Webpage: www.paolodisia.com