di Eugenio Orso
Non resta che scegliere fra una nuova comunità di amici che non si occupa di politica e di Stato e un ampio portico cosmopolita sotto il quale ripararsi, sognando la città universale. Se ci fossero, naturalmente.
Il “riflusso nel privato” si compie in tutta la sua tragicità, l’individuo è solo e ripiega in se stesso anziché ribellarsi. Tutti i movimenti, negli ultimi decenni, sono falliti miseramente, schiacciati sotto il peso della globalizzazione finanziaria neocapitalista, che predilige gli individui impotenti, impossibilitati ad aggregarsi e reagire, docilmente soggetti alla legge di mercato.
Pacifisti, altermondisti e infine indignados hanno fatto un buco nell’acqua e sono scomparsi quasi del tutto, senza lasciare traccia. Cornuti e mazziati, si potrebbe dire, perché il loro “nemico”, guerrafondaio, globalista, liberista come non mai, ha vinto su tutta la linea. Infatti, lui è ancora lì, a decidere dei destini del mondo, a manovrare l’isis, a salvare le banche smantellando lo stato sociale, a destabilizzare paesi inoculando il “caos controllato”, mentre loro sono finiti letteralmente nel dimenticatoio.
A una vaga indignazione delle masse disorientate, subentra definitivamente l’impotenza politica di individui isolati, non più in grado di ricostruire forme di aggregazione, di resistenza e di lotta al potere vigente.
Avete notato che gli indignados spagnoli ed europei e gli occupy nordamericani sono usciti di scena già da un pezzo, con un pugno di mosche in mano? Avrebbero fatto meglio, costoro, a restarsene chiusi in casa, fra le quattro mura domestiche (fin tanto che ci sono) oppure, per quel che potrebbe servire, a rifugiarsi in una ristretta comunità di amici, consolatoria, protettiva e accogliente, piuttosto che sotto un portico cosmopolita nella città universale (e globale!).
Ironia a parte, per quanto riguarda l’Italia notiamo che non ci sono più tracce di antagonismo e cenni di rivolta sulle piazze. Gli ultimi, stanchi tentativi li abbiamo avuti con i Forconi, a partire dalla Sicilia, con la “rivolta” dei tassisti contro il governo e la Val di Susa Versus TAV, più qualche manifestazione metalmeccanica un po’ più sanguigna delle esangui e rituali sfilate di perdenti, nella guerra sociale in corso. Persino i comizi elettorali di Grillo in piazze stracolme, agli inizi del 2013, sembrano, oggi, anacronistiche adunate di massa e una riuscita presa per il culo.
Dopo Monti e la sua “cura”, imposta al paese dalla Bce e dalla Troika, anche il raffazzonato antagonismo di piazza si è sgonfiato e persino l’indignazione popolare, importata dalla madrilena Puerta del Sol e dal Zuccotti Park di New York, è scomparsa dai radar.
A seguire, soltanto una serie cialtronesca di piccole truffe elettorali, nel rito del voto democratico, in cui l’”indignazione” nei confronti delle banche, del potere e delle sue ramificazioni internazionali (Ue, Uem, troika e compagnia bella) nasconde la volontà di piccole camarille sinistroidi, asservite sottobanco alla finanza e alle sue logiche, di assicurarsi qualche scranno in parlamento e la pagnotta.
Qui, da noi, il piddì collaborazionista trionfa, perché non incontra più ostacoli, anche se continua a starnazzare contro il pericolo populista, anti-europeo, illiberale. Chi sarebbero i populisti oggi? Grillo, Di Maio, Fico, Di Battista, oppure Salvini e la Meloni? Ennesima presa per il sedere perché il piddì e i suoi padroni sopranazionali conoscono molto bene la differenza fra un vero movimento populista – come quello delle campagne russe ottocentesche, a sfondo rivoluzionario, per l’emancipazione sociale dei mugik – e le comparse liberaldemocratiche dei partiti presenti in parlamento, a militanza ridotta, drammaticamente carenti di programmi alternativi credibili.
Volendo fare una battuta, la crisi dell’individuo osservata da Theodor Adorno già nello scorso secolo, non solo non si è risolta positivamente, ma è sfociata nell’individualizzazione riduttiva e dissolutiva del neocapitalismo, che ha fatto tabula rasa dei residui comunitaristici e delle solidarietà reciproche.
Ciò si vede con chiarezza in Italia, dove una maggioranza “silenziosa”, rimbecillita se non zombificata, non è più capace di difendere se stessa e il proprio futuro, tanto che assicura il consenso agli aguzzini sub-politici della grande finanza internazionalizzata (il piddì di Renzi). Oppure si astiene mostrando indifferenza – se non proprio ostilità – per le “istituzioni” e la democrazia, pervasa da un senso di impotenza, nella latitanza di qualsiasi alternativa concreta.
A che serve, ormai, indignarsi e manifestare la propria indignazione, come fecero appena qualche anno fa gli squinternati “voglio ma non posso” di Madrid o New York, se il potere si fa beffe delle manifestazioni pacifiche, dei sit-in, delle sfilate di protesta, nel solco della democrazia “avanzata”, ancella (o puttana) del liberismo?
L’impotenza dell’individuo contemporaneo, è tale da inibire persino un’innocua indignazione e la sua “democratica” esternazione di piazza, e questo, per come sono ridotti gli italiani, è fin troppo evidente.
di Eugenio Orso
Fonte: http://pauperclass.myblog.it/2016/01/19/finita-lindignazione-resta-che-limpotenza-eugenio-orso/