Quella della Sacra Sindone è una vicenda lunga e tormentata che ancora oggi non riesce a mettere d’accordo chi crede che il lino sia l’autentico sudario che avvolse Gesù nel breve soggiorno nella tomba, e chi invece ritiene che si tratti della creazione di un artista del medioevo. Secondo alcuni, ci sarebbe lo zampino di quel grande genio che fu Leonardo da Vinci.
È davvero il lenzuolo che ha avvolto il corpo di Cristo nel sepolcro, oppure si tratta di un’ingegnosa opera d’arte concepita da un eccentrico artista del medioevo?
Parliamo della Sindone, una delle reliquie più controverse della storia della cristianità e l’occasione ci è offerta dalla Ostensione 2015, in programma dal 19 aprile fino al 24 di giugno nel Duomo di Torino. A partire dal 1898, anno in cui fu scattata la prima immagine fotografica della Sindone dall’avvocato Secondo Pia, il lenzuolo è stato sottoposto a numerosi esami.
Eppure, nonostante le analisi dettagliate, la reliquia non vuole saperne di svelare i suoi segreti. L’ultimo studio è stato eseguito dai tecnici dell’ENEA alla fine del 2011, i quali non hanno dubbi: la Sindone non è un falso medievali e resta un enigma per la scienza, non riproducibile in laboratorio.
La Sindone è un lenzuolo di lino lungo 4,41 metri e largo 1,13 tessuto con una trama a spina di pesce, sul quale è impressa la doppia immagine del cadavere di un uomo morto dopo aver subito una serie di atroci torture culminate nella crocefissione.
L’immagine impressa sul telo è circondata da due strisce nere e da alcuni lembi mancanti dovuti all’incendio avvenuto nel 1532 a Chambery. Per caratteristiche della sua impronta, secondo la tradizione più antica si tratterebbe de lenzuolo citato nei Vangeli che servì ad avvolgere il corpo defunto di Gesù Cristo nella tomba. Tuttavia, nonostante i numerosi riscontri scientifici offerti dalle analisi scientifiche, la sua provenienza non può ancora definirsi provata.
La stessa Chiesa Cattolica, infatti, prudentemente considera la Sindone, più che a prova visibile dell’esistenza storica di Gesù di Nazareth e della sua resurrezione, come il rimando più diretto ed immediato alla drammatica conclusione della sua vita. Una delle definizioni più efficaci è stata offerta da Giovanni Paolo II, il quale definì il lino come lo “specchio del Vangelo”.
La storia della Sindone
Le prime testimonianze sicure sulla Sindone risalgono al XIV secolo, quando il cavaliere Geoffry de Charmy depose il lenzuolo nella chiesa da lui eretta nel 1353 nel suo feudo di Lirey, in Francia. Durante la prima metà del Cinquecento, Marguerite de Charmy tolse il lino dalla Chiesa di Lirey a causa dell’aggravarsi della Guerra dei Cent’anni, portandolo con sé nel suo lungo peregrinare per l’Europa.
Trovando accoglienza presso la corte dei duchi di Savoia, Marguerite trasferì la proprietà della Sindone ai Savoia, attraverso una serie di atti giuridici. Il lenzuolo venne riposto nella Saint Chapelle du Saint Suaire e i Savoia richiesero e ottennero da papa Giulio II il riconoscimento di una festa liturgica propria.
Ma il 4 dicembre 1532 un incendio devastò la Sainte Chapelle, causando gravi danni al lenzuolo, i quali furono riparati alla meglio nel 1534 dalle Suore Clarisse della città.
Fu Emanuele Filiberto a trasferire definitivamente la Sindone a Torino nel 1578, dove vi rimase nei secoli seguenti, divenendo oggetto di numerose ostensioni pubbliche e private. Ne sono testimonianza i numerosi dipinti presenti a Torino e in molti paesi del ducato.
Anche nella sua ultima collocazione la Sindone ha dovuto affrontare un nuovo drammatico incendio scoppiato la notte tra venerdì 11 e sabato 12 aprile 1997nella Cappella della Sindone posta tra la Cattedrale torinese e Palazzo Reale.
Pur non essendo la Sindone e la sua teca interessate dal fuoco dell’incendio, nel corso di quella notte fu deciso di rompere la struttura di cristallo e di portare via la Sindone, onde evitare sia i rischi di un crollo anche solo parziale della cupola della cappella, sia i possibili danni provocati dall’acqua degli idranti usati dai vigili del fuoco.
La ricerca scientifica
Dalla prima foto scattata da Secondo Pia più di cento anni fa, lo studio della Sindone è proseguito ininterrottamente sino ad oggi. Nel 1966 fu costituita la prima commissione di studio; nel 1978 furono eseguiti alcuni esami approfonditi da parte di un team di ricercatori americani dello STURP (Shroud of Turin Research Project) alla fine di una delle ostensioni pubbliche.
Nel 1988 arrivò il controverso risultato della prima datazione al radiocarbonio che collocava il lino tra il XIII e il XIV secolo, smorzando gli entusiasmi di chi voleva che la Sindone fosse l’autentico lenzuolo di Gesù.
Poco dopo, però, un gruppo di ricercatori laici invitò a prendere con prudenza i risultati della datazione, in quanto l’incendio del 1532 poteva aver alterato la struttura atomica e molecolare del lino, falsando così il risultato.
Nel 1998, Avinoam Danin, un botanico israeliano, dichiarò di aver identificato 28 specie di fiori diversi sulla Sindone durante l’ostensione di quell’anno. Secondo i suoi studi, l’unico luogo in cui esse sono presenti tutte insieme sarebbe una ristretta area tra Gerusalemme e Gerico.
Un’altra studiosa di pollini, Marzia Boi, ricercatrice presso l’Università delle Isole Baleari, mette in rilievo con chiarezza il fatto che i pollini testimoniano che il lenzuolo custodito a Torino aveva una caratteristica ben precisa: era un lenzuolo funerario, utilizzato secondo rituali presenti nell’area del Medio oriente da oltre due millenni.
L’enigma dell’immagine impressa
L’ultimo studio sulla Sindone è stato pubblicato nel 2011 dall’ENEA, frutto di cinque anni di esperimenti svolti nelcentro di Frascati.
Oggetto dello studio è “la colorazione simil-sindonica di tessuti di lino tramite radiazione nel lontano ultravioletto”: in soldoni, gli scienziati hanno cercato di capire in che modo possa essersi impressa l’immagine sul lenzuolo, cercando di individuare quei processi fisici e chimici in grado di generare una colorazione simile a quella della Sindone.
Lo studio firmato dai ricercatori Di Lazzaro, Murra, Santoni; Nichelatti e Baldacchini giunge ad una clamorosa conclusione: la Sindone non può essere un falso medievale! Così si legge in uno stralcio dello Studio riportato nel resoconto offerto davaticaninsider.lastempa.it: “La doppia immagine (frontale e dorsale) di un uomo flagellato e crocifisso, visibile a malapena sul lenzuolo di lino della Sindone di Torino presenta numerose caratteristiche fisiche e chimiche talmente peculiari che rendono ad oggi impossibile ottenere in laboratorio una colorazione identica in tutte le sue sfaccettature, come discusso in numerosi articoli, elencati nelle referenze.
Questa incapacità di replicare (e quindi falsificare) l’immagine sindonica impedisce di formulare un’ipotesi attendibile sul meccanismo di formazione dell’impronta. Di fatto, ad oggi la Scienza non è ancora in grado di spiegare come si sia formata l’immagine corporea sulla Sindone”.
Gli scienziati sono partiti dall’ultimo (e unico) esame completo compiuto nel 1978 dal team di scienziati dello STURP, uno studio che non si tiene in debito conto quando si ragiona sulla Sindone. I ricercatori americani conclusero che l’immagine corporea impressa sul lino non è dipinta, nè stampata, nè ottenuta tramite riscaldamento.
Gli scienziati utilizzarono strumentazioni all’avanguardia per l’epoca effettuando numerose misure di spettroscopia infrarossa, visibile ed ultravioletta, di fluorescenza a raggi X, di termografia e pirolisi, di spettrometria, ecc…
Non furono trovare tracce di pigmenti o di disegni. Le indagini rivelarono che lo spessore della colorazione delle fibre di lino è estremamente sottile, pari a circa 200 nanometri (200 miliardesimi di metro), corrispondente allo spessore della parete cellulare della singola fibrilla di lino.
Ma allora, se non è stata dipinta, nè impressa con il calore, cosa può aver generato l’immagine? E’ quello che si sono chiesti i ricercatori dell’ENEA, compiendo una serie di esperiementi con il laser che ha offerto dei risultati assolutamente strabilianti.
“La misura di radio datazione effettuata con il carbonio 14, per esempio, ha collocato l’origine del telo in pieno medioevo (1260 – 1390) ma questa misura sembra aver sofferto sia di errori materiali di calcolo sia di problemi di contaminazione”, spiega il dottor Paolo di Lazzaro, responsabile del Laboratorio Eccimeri del Centro Ricerche ENEA di Frascati, in unaintervista pubblicata sul sito dell’ENEA.
Il principale interrogativo, però, sembra riguardare la realizzazione di questa immagine che ha caratteristiche chimiche e fisiche praticamente impossibili da replicare oggi, e a maggior ragione nel medioevo o in tempi più remoti.
“La curiosità è una delle caratteristiche principali degli scienziati. Di fronte all’immagine sindonica, invece di porci la domanda sul ‘quando’,ci siamo chiesti ‘come’”, continua Di Lazzaro. “I risultati ottenuti sono andati oltre ogni nostra aspettativa”.
Gli esperimenti hanno dimostrato che un impulso di luce ultravioletta estremamente breve (pochi miliardesimi di secondo) in un intervallo ristrettissimo di valori di energia e densità di potenza è in grado di colorare con la stessa cromaticità dell’immagine sindonica il tessuto di lino in modo molto superficiale, in pratica solo gli strati più esterni del singolo filo di lino.
Più precisamente, ciascun filo di lino (che ha un diametro di circa 0,3 millimetri) è composto da circa 200 fibrille. I ricercatori sono riusciti a colorare il primo strato di fibrille esposto alla luce laser, il cosiddetto “primary cell wall” della fibrilla di lino, una pellicola sottilissima spessa 0,2 micrometri che circonda la fibrilla, lasciando la parte interna della stessa fibrilla non colorata. Questa è una delle caratteristiche dell’immagine sindonica più difficili da replicare.
La procedura per trovare i giusti parametri laser adatti a colorare i tessuti di lino in modo simile alla Sindone ha richiesto circa due anni di tentativi. I ricercatori, infatti, hanno scoperto con sorpresa che è sufficiente una piccola variazione dei parametri laser per non ottenere più la colorazione.
Naturalmente, un risultato del genere apre numerosi interrogativi: cosa può aver generato un lampo di luce capace di imprimere un’orma sul lenzuolo di lino? Se la Sindone fosse realmente il sudario di Gesù Cristo, cosa potrebbe essere successo al suo corpo? Potrebbe essere il “segno” della resurrezione di Gesù? Sollecitato dalle questioni, è lo stesso Di Lazzaro a rispondere:
“Quando si parla di un flash di luce che riesce a colorare un telo di lino in modo simile alla sindone è facile portare il discorso nell’ottica del miracolo e della resurrezione. Ma come scienziati, noi ci occupiamo solo di eventi scientificamente riproducibili.
Quello che posso dire con assoluta certezza è che il nostro risultato è assolutamente riproducibile in laboratorio, lo abbiamo verificato più volte con attenzione. Se i nostri risultati scientifici possono aprire un dibattito filosofico e teologico, le conclusioni le lasciamo agli esperti dei rispettivi campi, e in definitiva alla coscienza di ciascuno di noi”.
Fonte: forum.chatta.it