di Massimo Mazzucco
Il 28 aprile a 90 anni se n’è andato Michael Collins, il terzo astronauta della missione “Apollo 11”, insieme a Neil Armstrong e Buzz Aldrin. (Armstrong è morto una decina di anni fa, Aldrin è ancora in vita).
Collins è stato soprannominato anche “l’astronauta dimenticato”, poiché fu l’unico dei tre – secondo la narrazione ufficiale – a non mettere mai piede sulla luna. Mentre Armstrong e Aldrin sgambettavano allegramente sulla superficie del nostro satellite – ci dice la NASA – al buon Collins era stato riservato il compito di restare nel modulo di comando, in orbita attorno alla luna, in attesa che i due “moonwalkers” ne facessero ritorno.
Passò circa 24 ore in completa solitudine. Il suo ruolo era quello di gestire le comunicazioni con la terra, oltre che di tenere d’occhio gli strumenti di bordo, e assicurarsi che tutto funzionasse regolarmente.
Ebbene, fra le tante incongruenze di questi presunti “viaggi lunari” ce n’è una in particolare che mi ha sempre colpito, e che riguarda proprio Collins. Perché quest’uomo non ha scattato una serie di fotografie delle stelle e delle galassie lontane?
Dalla sua posizione privilegiata, Collins avrebbe potuto scattare fotografie delle stelle lontane con una nitidezza mai vista prima. Ricordiamo infatti che all’epoca il telescopio Hubble non esisteva ancora, e che le uniche immagini dell’universo di cui disponevamo erano quelle riprese da terra, che purtroppo erano filtrate dall’atmosfera, e quindi poco nitide.
Sarebbe stata quindi un’occasione eccezionale, per un uomo che “non ha niente da fare” e che si trova a galleggiare nello spazio per lunghissime ore, per riportare a terra immagini mai viste prima della nostra galassia. Fra l’altro proprio Collins, nella sua autobiografia, aveva scritto che il sogno di diventare astronauta gli era nato quando, da piccolo, passava il suo tempo a guardare il cielo stellato.
Ebbene, ora che sei lì nello spazio vuoto, con il naso appiccicato al finestrino, e sei vicino più che mai alle stelle che hai tanto amato, non ti viene voglia di allungare un braccio, prendere la fotocamera, ed immortalare per sempre la magnifica visione che hai davanti agli occhi?
Tutte le volte che ho posto questo interrogativo ai sostenitori della versione ufficiale, mi è stato risposto che “Collins aveva ben altro da fare che occuparsi delle fotografie”. Ma è una spiegazione profondamente stupida. Basti pensare al fatto che, durante ogni orbita lunare, Collins passava circa 50 minuti nella zona di “ombra radio” della terra. Ovvero, quando il modulo di comando si trovava “dietro” alla luna non era comunque in grado di comunicare con la terra. Quindi, casomai, il vero problema di Collins era proprio di come occupare quei 50 minuti di silenzio radio in completa solitudine.
A volte le grandi bugie possono essere rivelate da piccoli dettagli come questo. Una domanda più che logica (“perché Collins non ha scattato foto delle stelle?”) che riesce a trovare soltanto una spiegazione estremamente stupida (“non doveva occuparsi di fotografie”), legittima in pieno i sospetti di una grande messinscena.
Tra l’altro, non dobbiamo dimenticare che nella famigerata conferenza stampa davanti al mondo intero, quando i giornalisti chiesero agli astronauti se avessero visto le stelle dalla luna, fu proprio Collins a rispondere “I don’t remember seeing any”(Non ricordo di averne vista alcuna).
Chissà dove è stato davvero Michael Collins fra il 16 e il 23 luglio del 1969, le date della presunta missione Apollo 11 sulla Luna? Questa è, purtroppo, una domanda alla quale rischiamo di non aver mai più una risposta.
Articolo di Massimo Mazzucco