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È Difficile Se Non Impossibile Eseguire un’Esaustiva Analisi Geopolitica sugli Eventi Recenti

di Claudio Martinotti Doria

In questi giorni concitati in cui avviene di tutto nel mondo, in particolare nel Vicino Oriente (Medio Oriente per gli anglosassoni) è naturale che i vari conduttori di canali e blog di informazione libera cerchino di informare tempestivamente il loro pubblico di quanto avviene, fornendo loro un quadro descrittivo basato su quanto sono venuti a conoscenza fino a quel momento.

Il problema è che è impossibile essere informati esaurientemente, neppure se si è in pensione o ci si dedica professionalmente a gestire i propri canali di informazione, perché non si riesce oggettivamente ad attingere a tutte le fonti disponibili in rete, oltre naturalmente al fatto che molti fatti vengono taciuti o mistificati e quindi si possono solo intuire, dedurre o sospettare. E dopo aver acquisito le informazioni occorre ancora elaborarle per poterle proporre al pubblico in modo articolato e razionale.

Con specifico riferimento agli eventi siriani, che credo sia emblematico di quanto sopra premesso, personalmente mi sono dedicato a decine di canali e ho letto altrettanti articoli, e ognuno mi ha fornito un tassello in più per formarmi un quadro d’insieme della situazione, ma nonostante questo mio impegno sfuggono ancora troppi elementi di valutazione per potermi permettere di scrivere un articolo con pretese di esaustività.

Eppure alcuni prematuramente si sono permessi di dichiarare che si trattava di una chiara rivincita anglosassone sulla Russia, riducendo il tutto a una contesa duale. Alcuni escludevano persino il coinvolgimento come attore primario della Turchia, oppure dedicavano la maggiore responsabilità e conseguente successo a Israele.

Ma col tempo si dovrebbe aver capito che le cose non stanno esattamente così, che i meriti degli anglosassoni e dei sionisti sono assai modesti, semmai opportunistici ma non di pianificatori e sceneggiatori a tutto tondo.

Le recenti dichiarazioni di Erdogan, che al mondo esistono solo due grandi leader politici, sottendendo che uno è lui e l’altro è Putin, dovrebbe chiarire chi è stato lo stratega primario di quanto avvenuto in Siria.

Soprattutto sapendo che Bashar al-Assad negli ultimi anni ha commesso alcuni gravi e grossolani errori di valutazione e scelte politico strategiche, avversando Erdogan e amareggiando i russi, ponendosi in una posizione che alla lunga era divenuta indifendibile, alimentando defezioni e tradimenti, soprattutto non avendo voluto riconoscere e interagire coi numerosi capi tribù del suo paese. Anziché stabilizzare e consolidare il suo potere ne ha minato le fondamenta indebolendosi sempre di più. Ha peccato di scarsissima lungimiranza e capacità di prevenzione.

Erdogan ha agito da sultano con un notevole controllo degli attori in gioco, probabilmente accordandosi preventivamente con Putin, infatti sia l’ambasciata russa che le due basi militari (aerea e navale) che sono in Siria non sono state neppure sfiorate dai terroristi che hanno invaso il paese (sempre di terroristi si tratta, anche se i media li hanno trasformati in “ribelli moderati”, dimenticandosi che sono tagliagole).

Allo stato dell’arte risulta ormai ovvio che è stato tutto pianificato fin nei minimi dettagli da diversi mesi, soprattutto corrompendo l’entourage di Bashar al-Assad necessario per conseguire gli obiettivi finali, e probabilmente hanno anche già stabilito le fasi successive di quale assetto fornire al paese, come eventualmente spartirlo e/o federarlo.

I veri perdenti sono i curdi che si troveranno a malpartito essendo la Turchia a condurre i giochi, e se confideranno ancora sul sostegno USA commetteranno l’ennesimo errore di valutazione nel riporre fiducia su soggetti inaffidabili e pericolosi.

In situazioni così complesse la prudenza è d’obbligo, per cui è consigliabile non attribuire a caldo meriti, responsabilità e successi a chicchessia finché i giochi non si saranno svelati ed emergerà chiaramente la risposta alla nota locuzione latina cui prodest?

Concludendo direi che è meglio tardare a pubblicare i video o gli articoli finché non si avranno notizie sufficienti a compiere valutazioni esaustive, e per essere tempestivi nell’aggiornare il pubblico occorrerebbe limitarsi alla sola realtà fattuale disponibile al momento.

Articolo di Claudio Martinotti Doria (Claudio@gc-colibri.com)

Fonte: www.conoscenzealconfine.it

LA CIVILTà DELL'ORTO
La Coltivazione Elementare
di Gian Carlo Cappello

La Civiltà dell'Orto

La Coltivazione Elementare

di Gian Carlo Cappello

Cosa significa “non fare” in agricoltura? E come può un orto coltivato senza fatica rendere a tal punto da avere tutto il cibo di cui si ha bisogno?

Gian Carlo Cappello, agrotecnico con decenni di esperienza sulle spalle, ci spiega questa apparente contraddizione in un libro che è a metà tra un manuale agricolo e una riflessione sulla società di oggi.

Il libro racconta l'idea del progetto “Civiltà dell’Orto”, natoe per la sussistenza alimentare dei/delle partecipanti.

Ogni persona che contribuisce, sia con il lavoro sul campo sia con beni e/o servizi, può accedere al raccolto condiviso. Il Non-metodo di Coltivazione Elementare sviluppa il principio definito del «non fare».

Cosa non viene fatto:

  • nessuna lavorazione del terreno, neppure superficiale e neppure all'inizio della coltivazione;
  • nessun uso di fertilizzanti, antiparassitari, ammendanti e diserbanti (né chimici né organici né omeopatici) né E.M.;
  • nessuna rotazione colturale, consociazione varietale, compostaggio, sovescio, progettazione, calendarizzazione;
  • riduciamo al minimo l'apporto di acqua irrigua;
  • nessun intervento contro le cosiddette “malattie” né contro l'erba spontanea poiché considerate parte dei processi naturali di ripristino dell'equilibrio non comprensibili alla mente razionale;
  • non scegliamo dogmaticamente sementi antiche

Cosa viene fatto:

  • preserviamo il naturale equilibrio della terra e del contesto di coltivazione;
  • consideriamo la crescita delle coltivazioni come conseguenza dell’equilibrio della biosfera;
  • cerchiamo di rendere le piante coltivate quanto più «selvatiche» possibile;
  • promuoviamo il cambiamento e la crescita interiore, affiniamo l'intuito, il sentire, la saggezza innata e l'intrinseca capacità creativa di risoluzione dei problemi;
  • sosteniamo l'autosufficienza alimentare e il superamento dell'economia capitalista.
  • favoriamo l’inserimento di nuovi/e partecipanti che condividano questi principi.

Il cambiamento è possibile!

Perché leggere questo libro:

  • Per scoprire perché in agricoltura "non fare" è meglio di "fare".
  • Per sentire la voce di un esperto agrotecnico con oltre 30 anni di esperienza nel campo.
  • Perché non si tratta solo di un manuale di agricoltura, ma anche di un'inaspettata riflessione sulla società e sui comportamenti comunemente accettati, talvolta inspiegabili, dell'essere umano.

Le parole dell'autore

La Coltivazione Elementare è la realizzazione più avanzata della filosofia del «non fare», concepita ormai mezzo secolo fa dal contadino giapponese Masanobu Fukuoka. Essa rivisita con creatività ed estemporaneità nel contesto di per sé perfetto della Natura l'esperienza di una ruralità tramandata di generazione in generazione.

Se la tecnologia ci rende dipendenti dalla razionalità allontanandoci dalla nostra vera dimensione naturale, la Coltivazione Elementare ci può affrancare dai disastrosi tentativi dell'umanità di controllare la vita.

Nei processi naturali c'è già la ricchezza per ottenere con ottimi raccolti l'autosufficienza alimentare delle comunità. La nostra esistenza si può allineare alla perfezione imperscrutabile che è dentro di noi.

Ciò che ho scritto non è e non vuole essere soltanto un manuale, ma ripercorre i miei cinquant'anni di esperienza sul campo ed è rivolto ai lettori e alle lettrici che già coltivano o coltiveranno e ai borderline desiderosi di liberarsi dal peso della città e della società capitalista.

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