Il dott. Byrne è un medico americano, nonché professore universitario, che da decenni insiste sul fatto che la morte cerebrale non esista. “E’ una menzogna dall’inizio”. Ed il trapianto di organi è il vero motivo per cui “esiste”.
Quella che segue è una delle traduzioni più inquietanti che abbia mai fatto ed è solo un estratto pubblicato da una fonte, che cito a fine articolo e che merita una coraggiosa completa lettura… Resta il pensiero che, da tempo immemore, siamo dominati da un culto di morte.
Il Dott. Paul A. Byrne è un neonatologo e pediatra americano, certificato dall’Ordine. È il fondatore dell’unità di terapia intensiva neonatale del SSM Cardinal Glennon Children’s Medical Center di St. Louis, MO (Missouri-USA). È professore clinico di pediatria presso l’Università di Toledo, College of Medicine. È membro dell’American Academy of Pediatrics e della Fellowship of Catholic Scholars. Il dott. Byrne è ex presidente dell’Associazione Medica Cattolica (USA), già professore clinico di pediatria presso la St. Louis University di St. Louis, MO, e la Creighton University di Omaha, NE. È autore e produttore del film “Continuum of Life” e anche autore dei libri “Life, Life Support and Death”, “Beyond Brain Death” e “Is ‘Brain Death’ True Death?“.
A partire dal 1967, il dottor Byrne ha presentato testimonianze su “questioni della vita”, a nove legislature statali. Si è opposto al dottor Kevorkian nel programma televisivo “Cross-Fire”. È stato intervistato da “Good Morning America”, dalla televisione pubblica giapponese e ha partecipato al documentario della BBC (British Broadcasting Corporation) “Are the Donors Really Dead?” (I donatori sono veramente morti?).
Sebbene la professione medica dichiari i pazienti come “morti cerebrali”, spesso in seguito a un incidente, il dottor Byrne ha insistito sul fatto che non esiste una cosa del genere. La “morte cerebrale” è falsa, ha detto.
“La morte cerebrale è stata una menzogna fin dall’inizio. È sempre stata una bugia. La ‘morte cerebrale’ non è la vera morte. Il trapianto di organi è il motivo per cui avere la morte cerebrale”.
Gli Organi Donati Devono Provenire da Persone Vive
Il dott. Byrne ha detto che gli organi donati, senza eccezioni, devono provenire da una persona viva. Entro pochi minuti dalla “vera morte”, che è la cessazione della circolazione e della respirazione, gli organi inizieranno infatti a morire.
Per questo motivo, quando gli organi vengono prelevati da un donatore, il cuore pulsante viene sempre prelevato per ultimo. Non è possibile ottenere organi da cadaveri, ha fatto osservare. Se si èveramente morti, non si possono estrarre organi. Ha anche sottolineato le differenze tra pazienti vivi e morti. Un esempio è il raffreddamento del corpo, che rallenta il metabolismo in una persona viva. In un cadavere, invece, rallenta la distruzione. Ha detto che un ventilatore, che spinge l’aria nel corpo, può essere usato solo su qualcuno che è vivo, poiché la persona espira l’aria. Inoltre, se si taglia la pelle di una persona viva, ma dichiarata “cerebralmente morta”, la ferita guarisce, cosa che non accade in una persona morta. È chiaro che c’è una differenza, ha detto.
Il Dr. Bryne ha poi descritto i danni che possono verificarsi quando i medici eseguono un “test di apnea”, che spesso pone le basi per la donazione di organi. Si tratta di un test in cui il ventilatore viene rimosso prematuramente, per 10 minuti, per verificare se una persona è in grado di respirare da sola. Questo processo, che ha chiamato “soffocamento”, di solito porta a un peggioramento delle condizioni della persona, ha detto. Secondo l’esperienza personale e la ricerca del Dr. Byrne, è inoltre possibile il recupero dopo la dichiarazione di “morte cerebrale”.
La Harvard Medical School e l’Annullamento di 5000 Anni di Studi sulla Morte
Nel 1968, tredici uomini si riunirono alla Harvard Medical School per annullare virtualmente 5.000 anni di studi sulla morte. In un periodo di tre mesi, il comitato di Harvard (nome completo: Ad Hoc Committee of the Harvard Medical School to Examine the Definition of Brain Death: Comitato ad hoc della Scuola di Medicina di Harvard per esaminare la definizione di morte cerebrale) elaborò una semplice serie di criteri.
Tali criteri oggi consentono ai medici di dichiarare la morte di una persona in un tempo inferiore a quello necessario per un esame oculistico decente.
Fu usato un linguaggio molto medico, ma alla fine i criteri della commissione spostarono il dibattito dalla biologia alla filosofia. Prima che passassero molti anni, la maggior parte dell’establishment medico accettò che la morte non venisse definita da un cuore che non poteva essere riavviato o da polmoni che non potevano respirare.No, si veniva considerati morti quando si subiva una perdita di personalità.
Ma prima di vedere cosa significhi per i pazienti reali sostituire la filosofia alla scienza, esaminiamo i criteri che gli autori di Harvard ritenevano indicassero che un paziente avesse un “cervello permanentemente non funzionante”:
– Non ricettivo e non responsivo. “Anche gli stimoli più intensamente dolorosi non evocano alcuna risposta vocale o di altro tipo, nemmeno un gemito, il ritiro di un arto o l’accelerazione della respirazione”, questo secondo gli standard del comitato.
– Nessun movimento o respirazione spontanea (l’ausilio di un respiratore non conta). I medici devono osservare i pazienti per almeno un’ora per assicurarsi che non facciano movimenti muscolari spontanei o respirazione spontanea. Per verificare quest’ultima, i medici devono spegnere il respiratore per tre minuti per vedere se il paziente tenta di respirare da solo (il test dell’apnea).
– Assenza di riflessi. Per verificare la presenza di riflessi, i medici devono accendere una luce negli occhi per verificare che le pupille siano dilatate. Vengono testati i muscoli. Si versa acqua ghiacciata nelle orecchie.
– EEG piatto. I medici dovrebbero utilizzare l’elettroencefalogramma, un test “di grande valore confermativo”, per assicurarsi che il paziente abbia onde cerebrali piatte.
La commissione ha affermato che tutti i test sopra citati devono essere ripetuti almeno 24 ore dopo, senza che si verifichi alcun cambiamento, ma ha aggiunto due avvertenze: l’ipotermia e l’intossicazione da farmaci possono simulare la morte cerebrale.
Dal 1968, l’elenco delle condizioni camuffatrici si è allungato. Sebbene i criteri di Harvard si basassero su zero pazienti e non fossero stati condotti esperimenti su esseri umani o animali, essi divennero presto lo standard per la dichiarazione di morte in diversi Stati americani.
Nel 1981 la Conferenza Nazionale dei Commissari per le Leggi Statali Uniformi sancì l’Uniform Determination of Death Act (UDDA). L’UDDA si basa sul rapporto del Comitato Ad Hoc di Harvard. Il fatto che un articolo di quattro pagine che definisce la morte venga codificato da tutti i 50 Stati nel giro di 13 anni è sconcertante.
Giudizio Biologico Versus Nozione di Personalità
Proprio come alcuni dei nostri antenati consideravano il cuore come il luogo dell’anima, oggi l’establishment medico presume che il cervello sia ciò che definisce l’umanità e che un cervello funzionante sia vitale per ciò che viene definita “la personalità” di un essere umano.
D. Alan Shewmon, neurologo pediatrico dell’UCLA, che inizialmente era favorevole alla morte cerebrale, ora respinge l’idea. Secondo lui, l’approccio più scientifico che si possa avere nei confronti della morte è quello di trattare gli esseri umani come qualsiasi altra specie.
Le persone dovrebbero essere giudicate biologicamente in base al fatto che siano vive o morte, non in base a una vaga nozione di personalità. Non esiste una nozione astratta di “scoiattolosità”, per esempio, o di “gorillità”, con cui determinare la morte di altre specie.
La domanda è: perché abbiamo bisogno di concetti come “stato di persona” e morte cerebrale? Nonostante gli eroici sforzi per chiarire e giustificare i criteri di Harvard, essi rimangono opachi, confusi e contraddittori.
Se, come dicono i sostenitori, i criteri di morte cerebrale descrivono la stessa condizione – cioè la morte – dei criteri cardiopolmonari, perché preoccuparsi? Soprattutto perché sono disponibili gli strumenti per dichiarare la morte cardiopolmonare, mentre mancano, o almeno sono ignorati, quelli per determinare se l’intero cervello è davvero morto.
Shewmon ha raccolto 150 casi documentati di pazienti in morte cerebrale il cui cuore ha continuato a battere e il cui corpo non si è degradato dopo una settimana. In un caso straordinario, il paziente è sopravvissuto 20 anni dopo la morte cerebrale prima di soccombere a un arresto cardiaco.
I sostenitori della morte cerebrale hanno sempre insistito sul fatto che chiunque soddisfi i loro criteri, crollerà rapidamente e andrà rapidamente a soddisfare i criteri cardiopolmonari. Eppure Shewmon presenta una serie di processi vitali che i pazienti in morte cerebrale continuano a manifestare:
– I rifiuti cellulari continuano a essere eliminati, disintossicati e riciclati.
– La temperatura corporea viene mantenuta, anche se a una temperatura più bassa del normale e con l’aiuto di coperte.
– Le ferite guariscono.
– Le infezioni vengono combattute dall’organismo.
– Le infezioni producono febbre.
– Gli organi e i tessuti continuano a funzionare.
– Le donne incinte morte cerebralmente possono nutrire un feto.
– I bambini morti cerebralmente maturano sessualmente e crescono proporzionalmente.
Allora cosa ha spinto il Comitato ad hoc di Harvard a riportare indietro il calendario e a costruire per la morte uno standard più basso? Per un numero crescente di critici scientifici, sembra che la commissione si sia fissata sull’obiettivo di liberare organi umani per i trapianti.
Attenzione dunque quando in sede di rilascio o rinnovo della carta di identità date il consenso alla “donazione” dei vostri organi… adesso sapete di cosa si tratta! (nota di conoscenzealconfine)
Articolo a cura di Cristina Bassi
Fonte originale: https://tapnewswire.com/2023/04/very-disturbing-brain-death-is-a-lie-dont-donate-your-organs-dr-paul-a-bryne/
Traduzione e introduzione: M.Cristina Bassi per www.thelivingspirits.net
Riferimenti: https://www.discovermagazine.com/health/the-beating-heart-donors