di Zela Satti
Come distruggere il futuro di un paese: il nostro!
Ad oltre due anni e mezzo dall’inizio del nuovo conflitto in Ucraina, l’Italia continua a subire passivamente decisioni prese altrove, con un unico risultato: stiamo lavorando per distruggere il futuro del paese.
Le guerre non si limitano a essere conflitti armati: sono strumenti per ridisegnare equilibri di potere. Questo ridisegno non riguarda solo la sfera militare, ma soprattutto quella politico-economica.
Gli scontri sul campo di battaglia rappresentano, in fondo, la manifestazione più visibile di un gioco più ampio, dove gli attori principali – Stati Uniti, Russia, Cina, Unione Europea, ma anche Israele e India – si confrontano per ridefinire il controllo delle risorse, delle influenze e dei mercati.
La guerra in Ucraina – a oltre due anni e mezzo dalla sua manifestazione più virulenta – sta ricalibrando questi equilibri globali. Ogni giorno, gli attori coinvolti giocano la loro partita attraverso una combinazione di propaganda, decisioni economiche e manovre militari.
La tragedia delle vittime civili e dei territori devastati è reale, ma è anche parte di questa dinamica complessiva, in cui la posta in gioco è la riorganizzazione degli assetti economico-politici mondiali.
In questo scenario, ci sono i “vasi di coccio”, tra cui l’Italia, che subiscono passivamente gli effetti di queste scelte globali. Ma cosa significa concretamente per il nostro paese? Le conseguenze sono evidenti e rappresentano una seria minaccia per il nostro futuro:
1. Un paese sempre più povero
Questa guerra ci renderà più poveri, e non è un’ipotesi. L’inflazione è impennata in questi ultimi 24 mesi mentre i salari sono fermi al palo. Il potere d’acquisto delle classi lavoratrici, dei pensionati e dei giovani precari è in caduta libera. È un attacco diretto al nostro tenore di vita.
2. I risparmi bruciati dall’inflazione
L’aumento dei prezzi sta erodendo i risparmi degli italiani. I fondi messi da parte con sacrificio stanno perdendo valore rapidamente. Quello che un tempo era un “cuscinetto” economico per far fronte a emergenze o incertezze ora vale sempre meno. Paradossalmente, coloro che gridavano al pericolo quando presunti populisti minacciavano i risparmi degli italiani, oggi restano in silenzio mentre il governo, seguendo fedelmente i diktat internazionali, contribuisce alla loro distruzione.
3. Il sistema produttivo a rischio
Il tessuto industriale italiano sta subendo colpi pesanti. L’aumento dei costi dell’energia rende le nostre aziende meno competitive sul mercato internazionale, portando a una perdita di quote di mercato occupate da altre economie. Inoltre, l’Italia ha perso un mercato importante come quello russo, dove esportavamo prodotti chiave come macchinari, vino e moda. Le espressioni di ostilità del nostro governo verso Mosca hanno reso impossibile un futuro recupero di questo mercato, danneggiando ulteriormente la nostra economia.
4. Dipendenza crescente dagli Stati Uniti
Sebbene si sperasse in un aumento delle esportazioni verso gli Stati Uniti, questa guerra sta consolidando la nostra dipendenza economica e militare da Washington. L’intera Europa, compresa l’Italia, è stata costretta ad accettare le sanzioni contro la Russia sotto minaccia di ritorsioni economiche americane. Tuttavia, mentre le sanzioni penalizzano l’economia europea, offrono un vantaggio strategico all’economia statunitense, che ne trae nuovo slancio. E ora con la presidenza Trump il quadro rischia di degenerare ulteriormente per il Vecchio Continente, sempre più marginale nella visione di washington.
5. Il rallentamento dell’Europa
La Germania, locomotiva economica dell’Unione Europea, è in crisi profonda, produttiva e politica che crea una miscela pericolosa di inflazione e recessione: la cosiddetta “tempesta perfetta”. Quello che frena Berlino, in questo meccanismo europeo, frena anche l’Europa e dunque l’Italia.
6. Una UE sempre più militarizzata
La natura stessa dell’Unione Europea sta cambiando. L’aumento vertiginoso delle spese militari e il coinvolgimento diretto delle grandi industrie belliche, come evidenziato dal rapporto ENAAT del 2023, mostrano una trasformazione inquietante. Il bilancio dell’UE si sta militarizzando, e questo avviene a scapito delle politiche sociali ed economiche, che vengono invece ridimensionate.
7. Debito buono o debito cattivo?
C’è un’ipocrisia evidente nelle politiche economiche europee. Gli stessi funzionari che in passato hanno criticato duramente le spese per il reddito di cittadinanza o le pensioni, non sembrano opporsi all’aumento incontrollato delle spese militari. Questo viene considerato “debito buono”. Le vite umane, invece, sembrano avere valore solo in quanto strumentali al profitto e all’accumulazione di capitale.
Stiamo pagando un prezzo altissimo per decisioni che favoriscono altri, mentre i lavoratori e le imprese italiane subiscono le conseguenze più gravi. Lo diciamo, lo ripetiamo, lo sanno tutti, ma è come se fossimo su un treno in corsa in cui nessuno ha il coraggio di tirare il freno.
Articolo di Zela Satti