Di Neolingua e di Spazzini…

di Uriel Crua

Da almeno tre decenni è in uso la pratica di riformulare o reinventare parole o interi sintagmi allo scopo di alleggerire quella che viene percepita come la carica negativa o offensiva di alcune definizioni.

L’intenzione si spaccia per nobile, quando di nobile per davvero non ha nulla: si tratta di stendere uno strato di glassa sopra cibi marci.

Si prenda per esempio la parola “spazzino”, che oggi è diventata “operatore ecologico”, e si notino le differenze.

Lo “spazzino”, fino a qualche decennio fa, era assunto a tempo indeterminato dalla municipalizzata, lavorava le sue belle otto ore e quando andava a bersi un caffè al bar durante il turno sorrideva. Col suo stipendio mandava avanti la famiglia tutta, faceva un mese di ferie e quando stava male aveva il diritto di stare a casa in malattia pagata.

L’ “operatore ecologico” lavora a tempo determinato in somministrazione per una cooperativa in subappalto alla municipalizzata, gli fanno rinnovi ogni sei mesi, anche dieci o dodici, e per due/tre anni è precario e non ha il credito per comprarsi una macchina a rate e nemmeno per avere una casa in affitto. Non ha messo su famiglia, e quando va al bar durante il turno il suo responsabile lo chiama perché il geolocalizzatore ha mandato un alert di improduttività: è stato troppo tempo fermo in un posto.

Fa una settimana di vacanza a giugno o settembre perché luglio e agosto hanno prezzi inavvicinabili, e quando sta male teme di restare a casa in malattia perché altrimenti non gli rinnovano il contratto, così va a lavorare anche con la febbre o con una caviglia slogata. Ma tanto poi il contratto non glielo rinnovano lo stesso e si mette in disoccupazione tentando di entrare nel concorso per bidelli (anzi no, operatori scolastici).

Lo spazzino era un uomo tutto sommato felice. L’operatore ecologico un gradino sopra lo schiavo!

Articolo di Uriel Crua

Fonte: https://t.me/weltanschauungitaliaofficial

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