di Davide Mura
Molti, forse troppi, e in ogni caso una minoranza, usano la nostra Costituzione per attaccare le politiche migratorie dell’attuale Governo, che magari non sono il massimo, ma comunque si pongono – pur nei loro limiti – nel solco della difesa delle frontiere e della tenuta sociale del nostro paese.
Costoro infatti si servono di quanto stabilisce la nostra Carta agli artt. 2 e 10, per trasformare il territorio italiano in una sorta di “porto franco” per l’immigrazione di massa. Cosa affatto possibile, poiché, seppure sia vero che l’art. 2 e l’art. 10 pongano una serie di tutele per lo straniero, in quanto persona e in quanto immigrato, è anche vero che la lettura di queste norme non può, né deve essere fatta, a prescindere e addirittura contro l’interesse nazionale e la tenuta sociale ed economica del nostro paese.
Ma per meglio spiegare il concetto, approfitto di quanto scrive Quarantotto, il quale afferma che “tutte le società hanno limitate capacità di assorbire l’immigrazione, che spesso proviene da retroterra culturali molto differenti, e sarebbe sbagliato che un Paese vada oltre questi limiti”, e ciò sia per ragioni economiche, e sociali e sia per ragioni di “identità nazionale”. Infatti, se nel primo caso, “un afflusso troppo rapido di immigrati condurrebbe non soltanto ad un’accresciuta competizione tra lavoratori per la conquista di un’occupazione limitata” e “porrebbe sotto stress anche le infrastrutture fisiche e sociali, come quelle relative agli alloggi, all’assistenza sanitaria”, creando altresì “tensioni con la popolazione residente”, nel secondo caso, una società che subisce una forte immigrazione di massa troppo repentina,“avrà problemi nel creare una nuova identità nazionale, senza la quale sarà difficilissimo mantenere la coesione sociale“.
Dunque, è chiaro che l’immigrazione massiva non può essere accettata come fenomeno ineluttabile, che deve essere semplicemente governato, ma non limitato. Tutt’altro: l’immigrazione massiva senza limiti, che in molti, stranamente e irresponsabilmente auspicano, è un fenomeno che può generare pericolose tensioni sociali, forti discriminazioni, odio e una feroce competizione nella ricerca di un lavoro, la cui offerta è strutturalmente limitata dall’architettura europeista, e in ogni caso dai limiti oggettivi dell’economia nazionale.
Non solo! Essa, essendo caratterizzata (nella prospettiva “accoglientista”) da una forte connotazione ideologica globalista (sicché se non accetti l’immigrazione di massa, sei razzista e xenofobo), spinge a una lettura delle norme costituzionali in chiave esclusivamente immigrazionista. Lettura questa inaccettabile, poiché lo spirito delle norme anzidette, e cioè quelle che tutelano lo straniero in quanto persona e in quanto immigrato, non hanno certo lo scopo di imporre al legislatore di accogliere tutti sempre e comunque e di abolire sostanzialmente le frontiere, eliminando qualsiasi requisito (rigido e selettivo) per accedere al territorio, sicché gli unici requisiti validi siano solo l’umanità e l’essere straniero; bensì hanno lo scopo di tutelare lo straniero, in conformità delle norme sull’immigrazione, ponendo solo un’eccezione realmente rilevante, e cioè quella sul “rifugiato politico”.
Ma tale ultima eventualità, richiederebbe quanto meno che il presunto rifugiato sia “fuggito” dal proprio paese (conclamatamente in guerra o sotto dittatura), attraversando direttamente la frontiera con l’Italia, ovvero in quanto parte di un accordo internazionale di ripartizione dei rifugiati, dubitandosi in tal senso dell’operatività ex-art. 10.3 Cost., nel caso in cui l’immigrato abbia attraversato quattro o cinque nazioni, nelle quali magari sarebbe stato possibile presentare la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, o al paese in questione o al consolato italiano locale.
Questa peraltro è anche la ragione per la quale anche le consuetudini, le convenzioni e i trattati internazionali ai quali l’Italia aderisce e che (in troppi casi surrettiziamente) imporrebbero o favorirebbero l’immigrazione di massa – attribuendo allo straniero uno status intangibile e insensibile alle legislazioni nazionali (es. il “Global Compact for Migration”, a cui comunque l’Italia non ha aderito) – devono avere una lettura costituzionalmente orientata nel senso primario della tutela della coesione economica e sociale della nazione. Solo così è possibile assegnare reale tutela all’immigrato, senza per questo stravolgere e sconvolgere la società italiana, trasformandola in una società etnicamente segmentata e disarticolata, foriera di pericolose tensioni economiche e sociali.
Articolo di Davide Mura – avvocato, sovranista, autore
Rivisto da Conoscenzealconfine.itFonte: http://www.primoarticolo.it/costituzione-significa-anche-limitare-limmigrazione/