di Lorenzo Maria Pacini
Ormai anche i più scettici stanno capendo che non si torna più indietro.
Ci dicono tutti media già da tempo che, con l’emergenza epidemiologica, dobbiamo abituarci al passaggio dalle cose alle e-cose a distanza, e-things in inglese. Ce lo ha detto chiaramente il guru di Davos, Klaus Schwab, nel suo libro sul “Great Reset” nella primavera del 2020: Netflix in luogo del teatro, lo smart working al posto del lavoro in presenza, l‘e-learning (o Didattica a distanza – Dad) invece che la classe con studenti e insegnanti, Amazon che ti porta ogni oggetto a domicilio, e molte altre cose ancora che, dall’epifania del Coronavirus, si sono per così dire dematerializzate e desocializzate, traslandosi nella nuova dimensione del digitale da casa.
Come bene ha puntualizzato il filosofo Giorgio Agamben, il distanziamento sociale, vero fulcro della società riorganizzata in chiave “pandemico-sanitaria”, fa sistema con la tecnologia digitale, tanto che non c’è più niente di nascosto o “complottista” perché adesso pure i Ministeri del Governo si chiamano così: ne scaturisce una società non sociale, incardinata su atomi reciprocamente distanziati, che cercano di immunizzarsi l’uno con l’altro fino all’isteria, e che comunicano solo mediante i nuovi dispositivi digitali, divenuti unico spazio sociale ammissibile perché perfettamente controllabili.
Provate per un attimo a riflettere realmente sull’essenza della nuova barbarie digitale e del nuovo dispotismo tecnicizzato della distanza sociale: se, per il nuovo animale virtuale che è l’uomo postmoderno, il lavoro e l’istruzione diventano da casa, non stupisce che anche la reclusione coatta si riconfiguri come reclusione coatta da casa o lockdown, per usare un termine più chic.
Non è difficile immaginare come nel quadro della nuova società post-umana che sta prendendo forma, e che trova nell’emergenza epidemiologica la propria imperdibile occasione per strutturarsi, si verificherà e anzi già si sta verificando, una situazione tremenda di questo tipo. È altrettanto facile da comprendere come chiunque non risulterà organico al blocco dominante della civiltà neoliberale tecnodinamica sarà di fatto tumulato in casa, condannato non soltanto al lockdown perpetuo, che è già da un anno il paradigma riuscito della nuova modalità di governo delle cose e delle persone, ma anche al silenziamento inappellabile, mediante chiusura dei profili dei colossi del web e delle piattaforme dette social network.
Come nelle migliori tirannie, i non allineati verranno fatti sparire come sassi nell’oceano, per riprendere la bella formula di Antonio Gramsci, senza nemmeno che vi sia più bisogno di sopprimerli fisicamente, anche perché la dimensione fisica ha ormai acquisito un valore inferiore a quella digitale, tant’è che vale più un profilo con milioni di follower di una vita in pericolo davanti ai nostri occhi. Senza nemmeno il bisogno di agire con forme coercitive attive, si lascerà marcire agli arresti domiciliari del lockdown, nella propria dimora trasformata in prigione, senza nemmeno più la possibilità di comunicare con l’esterno mediante le forme della tecnologia digitale, tutti coloro che non accoglieranno con devota reverenza il padrone del mondo, per dirla con Robert Hugh Benson, mentre il “Ministero della Verità” di orwelliana memoria starà a rimpinguare i nostri vicini di casa con le nuove narrazioni di una Storia riscrivibile, dalla quale, pare, non abbiamo imparato quasi niente.
Non è poi nemmeno pura fantascienza immaginare che in un futuro non troppo lontano il potere istituirà, a mo’ di punizione per i dissidenti, la disconnessione dalla rete dell’internet. Il 2021 da poco iniziato sta già dando prova in modo niente affatto marginale di questa tendenza, ricordandoci con fastidiosa insistenza che internet non è uno spazio di pubblico dominio, ma una piattaforma militare privata, una gigantesca rete piena di succulente esche dove tutti quanti, prima o dopo, siamo finiti, ma che rete da pesca rimane e quando il pescatore vorrà tirarla su, resteremo soffocati all’oblio delle nostre identità virtuali.
La propaganda prosegue senza sosta da anni sommessamente, in maniera subliminale, notificandoci le informazioni che, messe insieme, danno forma a paradigmi indiziali che pochi hanno saputo captare e ricostruire; la massa, stolta per suo statuto diceva Weber, attende belante che il pastore macellaio indichi verso quali albeggianti pascoli ibridati proseguire l’esistenza, o meglio la sopravvivenza.
Si fa passare l’idea che, data l’emergenza, vi è bisogno di norme di emergenza. Poi l’emergenza diviene “nuova normalità” e quindi anche le norme attivatesi per l’emergenza divengono nuova normalità. Con ciò si è prodotto il grande cambiamento o Great Reset che dir si voglia.
Attenzione: ancora siamo all’inizio, la sovversione delle economie mondiali e lo spodestamento di tutti gli Stati nazionali, preconizzata nelle pergamene sacre dei forum dell’alta finanza, non è ancora giunta. Il “meglio” deve ancora venire. E il guaio è che la resa colma di gratitudine dei più è assicurata.
A noi, ai resistenti, ai ribelli, a coloro che lavorano per essere “Uomini Nuovi”, il compito di essere gli eroi che nella pre-futurità dell’oggi, si traghetteranno il piccolo resto nella Nuova Era.
Articolo di Lorenzo Maria Pacini
Fonte: http://www.ilpensieroforte.it/dibattiti/4700-l-uomo-animale-virtuale-come-stiamo-passando-dal-