Quasi nessuno di noi mangia per soddisfare semplicemente la “fame biologica“, spesso assumiamo cibo in maniera incontrollata indipendentemente dal senso di fame e da quello di sazietà.
Come dire, mescoliamo emozioni e cibo e usiamo quest’ultimo per far fronte alle emozioni. Può essere complicato guardare le nostre emozioni per quelle che sono (tristezza, paura, contrarietà, delusione, rabbia) e riuscire ad esprimerle, ma non essendo chiari, si rischia di innescare circoli viziosi che aumentano la fame, portandoci a mangiare di più.
Dei pellegrini che andarono a visitare un saggio Zen quasi centenario, il quale dimostrava non più di cinquant’anni, chiesero: “Qual è il segreto per mantenerti così giovane e in forma?” lui ripose: “Mangio quando ho fame e dormo quando ho sonno”. Con questa breve risposta lo Zen voleva dire che era in grado di riconoscere ed assecondare i propri stimoli interni.
Spesso l’obeso o la persona in sovrappeso confonde le emozioni e le sensazioni con la fame. Quindi, mangiare diventa un metodo per soddisfare quasi tutte le proprie esigenze, con il risultato di ingrassare e non aver esaudito i propri reali bisogni. Mangiare non significa semplicemente soddisfare la sensazione fisica della fame. In sostanza, non si mangia solo per placare il brontolio dello stomaco, ma anche per soddisfare l’appetito e le proprie emozioni.
“Di cosa ho fame?”: è la semplice domanda da porsi quando siamo tormentati da un eterno languorino. Ma di che cosa si ha davvero fame? Qual è il vero bisogno? Quasi nessuno di noi mangia per soddisfare semplicemente la “fame biologica”, spesso assumiamo cibo in maniera incontrollata indipendentemente dal senso di fame e da quello di sazietà.
Localizzare le emozioni in una parte del corpo o in un distretto corporeo renderà più facile individuarle, facendole affiorare senza che si traducano in chili di troppo. Per riuscire a trovare l’equilibrio alimentare, l’equilibrio comunicativo e quello emotivo, è necessario investire del tempo verso se stessi e fermarsi a riflettere.
Dare una possibilità a se stessi di potersi modificare e migliorare è già il primo passo. Pertanto il lavoro consiste nel riconoscere i pensieri, le emozioni, le tensioni e le abitudini disfunzionali e codificarle nella maniera giusta. Si inizia con l’imparare a distinguere le sensazioni principali del proprio corpo, un lavoro mirato sul rendere le persone consapevoli del proprio modo di mangiare:
Perchè mangio?
Quando?
Dove?
Come?
In quanto tempo?
Come mi sento e cosa penso?
È quindi importante riconoscere le proprie modalità disadattive di far fronte a certe situazioni attraverso il cibo, individuare le proprie convinzioni irrazionali e le emozioni che esse scatenano.
Dobbiamo imparare a capire quando abbiamo veramente fame e quando invece sono altre emozioni e sensazioni che devono essere soddisfatte, come faceva appunto il saggio Zen.
Centro Studi di Psicologia Applicata Pisa
Fonte: http://quantoequantaltro.blogspot.it/