La nostra privacy – già seriamente compromessa da una costante e sempre più diffusa videosorveglianza – si appresta ora ad affrontare la minaccia dei Microchip sottocutanei.
Amal Graafstra, imprenditore di Vancouver, si è fatto impiantare un chip sottocutaneo che gli permette di aprire la porta di casa con la sola imposizione della mano. Sono decine gli entusiasti del nuovo sistema di identificazione a radiofrequenza Rfid. «Sembra di avere una sorta di potere magico» commenta Mikey Sklar, di Brooklyn, «Abracadabra e la porta si apre, il computer si accende».
Il riferimento a “1984” di Orwell stavolta è davvero d’obbligo. La nostra privacy – già seriamente compromessa da una costante e sempre più diffusa “videosorveglianza” – si appresta ora ad affrontare la minaccia dei Microchip sottocutanei, dispositivi tecnologici, grandi poco più di un chicco di riso, che una volta impiantati nel corpo umano, permetterebbero l’immediata e perenne rintracciabilità dell’individuo stesso. La sperimentazione del chip è già iniziata in diverse parti del mondo con fini sanitari e, ovviamente, commerciali. Ma in diversi ambienti si parla già da tempo di una sua prossima installazione obbligatoria su tutta la popolazione mondiale per motivi di “sicurezza”.
Come faranno a imporre alla gente l’impianto del chip? Semplice. Come già sta avvenendo col vaccino anti-suina, faranno in modo di portare la stessa gente a chiederlo a gran voce. Attraverso la diffusione sistematica di una paura incontrollata che li convincerà a rinunciare alle loro libertà fondamentali, pur di sentirsi al sicuro. L’elite di potenti che già governa il mondo da dietro le quinte sa bene che le persone, una volta messe di fronte a terribili tragedie (architettate ad arte, vedi 11/09), imploreranno i governi di proteggerle.
Lo scenario che se ne ricava in realtà farebbe impallidire lo stesso Orwell: si tratterebbe a tutti gli effetti della creazione di un database globale, ottenuto chippando l’intera popolazione mondiale; un sistema che permetterebbe di monitorare (e controllare) le nostre abitudini e i nostri spostamenti, istante dopo istante.
Avete capito bene, e no, non è un film di fantascienza o un romanzo distopico. E’ la realtà. In rete la notizia è ormai diffusissima, anche se in TV (che resta sempre il primo mezzo di “indottrinamento” delle masse) non se ne parla quasi per nulla. Senza che la stragrande maggioranza dei cittadini ne sia informata, le sperimentazioni si protraggono ormai da diversi anni; sembra che oggi i tempi siano finalmente maturi per compiere il passo decisivo: il terrorismo, la crisi economica, l’incremento della criminalità saranno i principali moventi per attuare l’atroce progetto del NWO, che come sappiamo consiste nell’unificazione monetaria (praticamente INEVITABILE per un sistema basato esclusivamente sulla moneta elettronica) e nel totale controllo delle masse da parte di un unico organo sovranazionale. Il piccolo impianto servirà proprio a quest’ultimo scopo, fungendo da vero e proprio interruttore sulle vite delle persone.
Ma cos’è esattamente e come funziona il chip? Presto detto: si tratta di un micro-circuito senza alimentazione a batteria, che si accende solo nel momento in cui è irradiato da onde a radiofrequenze, rispondendo con un identificativo unico (di solito un numero su 4 byte) utile per associare in maniera univoca (cioè senza possibilità di sbaglio od omonimia) l’identità di una persona. Come ho detto, ha le dimensioni di un chicco di riso; una volta inserito chirurgicamente non è più espiantabile. Qualsiasi tentativo di rimozione sarebbe rilevato da un’apposita centrale che, in assenza del segnale identificativo, avvertirebbe le autorità. Senza considerare il fatto che l’eventuale tentativo di rimozione provocherebbe una fuoriuscita di sostanze altamente tossiche come litio e mercurio che danneggerebbero gravemente il corpo.
Come è noto il chip viene già utilizzato sui cani domestici; ma si può trovare anche nei badge di molte aziende per permettere ai dipendenti di “timbrare il cartellino” (cioè registrare l’ora di entrata e di uscita), e in alcune carte di credito. Ecco, immaginate di essere al ristorante e di aver dimenticato contanti e carta di credito. Nessun problema: un apposito lettore puntato sul vostro chip sottocutaneo, trasferirebbe in pochi secondi l’importo dovuto dal vostro conto a quello del ristorante.
Il sistema viene già usato con successo al Baja Beach Club (vedi foto), un esclusivo locale di Barcellona, che nel 2004 ha messo a disposizione dei suoi soci un chip sottocutaneo a radiofrequenze. Le tessere di riconoscimento sono obsolete e si possono perdere. Mentre il chip è impossibile da perdere, ed è anche “cool”. Bene, nel locale tutto funziona proprio come vi ho spiegato: i clieti “chippati” pagano le consumazioni con la lettura del RFID.
Anche in ambito sanitario il chip sembra destinato a diventare “fondamentale”. Si pensa già di dotare gli ospedali di lettori in grado di identificarli, in modo da avere subito a disposizione in tempo reale tutte le informazioni mediche del paziente; il sistema, in effetti, velocizzerebbe il riconoscimento e l’accesso ai dati in situazioni di emergenza. Nell’eventualità di un ricovero nessuno potrà mai sostituire le cartelle cliniche e, nel caso si perdessero i documenti o l’uso della parola, l’“identità numerica” del paziente sarebbe fedelmente custodita nel chip.
Pare proprio che Microsoft abbia fiutato il business. La società di Bill Gates infatti ha deciso di inserirsi nell’affare con la sua piattaforma HealthVault, concentrandosi sulla gestione dei dati medici e sul software che permette di accedere ad essi, lasciando a VeriChip (produttrice del microchip, qui a fianco l’evocativo logo dell’azienda) la parte RFID, ossia tag (codice di identificazione) e reader (i “lettori”). HealthVault, amici, è pensata come un’enorme risorsa online (!) che racchiuderà le informazioni sanitarie dei pazienti, che saranno protette da password e criptate per evitare problemi di privacy.
Grazie alla partnership di Microsoft, le operazioni di marketing per la promozione di questa tecnologia sono partite alla grande. Nel 2002, trascinati dall’enfasi del figlio 14enne (Derek, allievo prodigio della Microsoft), un’intera famiglia americana, i Jacobs, si è fatta impiantare il chip. Sono comparsi in una celebre trasmissione americana asserendo di sentirsi veramente “sicuri” e soddisfatti…
La VeriChip, parallelamente, rassicura i propri clienti; attraverso apposta sezione del sito, l’azienda ci tiene a far sapere che “Verichip Corporation appoggia una legislazione che bandisca l’impianto forzato del Microchip negli esseri umani“. Ovviamente. Come ho già detto, saremo noi stessi a sottoporci liberamente all’impianto. Il chip sottocutaneo è uno strumento troppo importante per l’elite al potere e non c’è motivo di non credere che continuerà ad essere riproposto all’infinito con strategie sempre diverse, comprese quelle meno “morbide” come la paura o il caos, se non dovesse diventare una “moda” come qualcuno spera…
Noi di NoA confidiamo sul fatto che la società libera e democratica non permetterà mai ai governi di attuare una tale mostruosità. Naturalmente seguiremo con attenzione tutti gli sviluppi, per tenervi costantemente informati sull’argomento…
Fonte: http://noanoagenda.blogspot.it