Il rapporto Living Planet 2016 del WWF lancia l’allarme: entro 4 anni le popolazioni animali diminuiranno del 67% per colpa dello sfruttamento selvaggio dell’ambiente, della caccia di frodo e dell’inquinamento.
I numeri sono quelli di un’estinzione di massa in tempi brevissimi. Tra appena 4 anni, potrebbero scomparire due terzi delle popolazioni di specie animali che oggi vivono sulla Terra, una perdita di biodiversità senza precedenti che metterà a dura prova gli ecosistemi di tutto il globo. Lo affermano il WWF e la Zoological Society di Londra in un report appena pubblicato, dove indicano lo sfruttamento selvaggio dell’ambiente, la caccia di frodo e l’inquinamento come cause principali del disastro.
“Non siamo più un piccolo mondo su un grande pianeta – scrive nella prefazione il professor Johan Rockström del Stockholm Resilience Centre – ora siamo un grande mondo su un piccolo pianeta. Abbiamo raggiunto il punto di saturazione”. Il rapporto stila l’indice globale Living Planet, mettendo a sistema i migliori studi scientifici. È l’analisi più accurata e onnicomprensiva finora prodotta, che passa al vaglio i cambiamenti di numero in 14.000 popolazioni di 3.700 specie di vertebrati, per cui abbiamo dati attendibili. Il risultato è che il numero globale di pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili – già crollato del 58% tra il 1970 e il 2012 – potrebbe sprofondare del 67% entro il 2020.
Lo sfruttamento sconsiderato delle risorse è il fattore più incisivo. La distruzione di vaste aree selvagge per la coltivazione e la deforestazione, giocano un ruolo importante, al pari della caccia di frodo e della pesca condotta in modo non sostenibile: sono almeno 300 le specie di mammiferi che stiamo condannando all’estinzione in questo modo. Negli ecosistemi fluviali e lacustri – i più colpiti – la popolazione animale è calata di più dell’80% dal 1970 a causa del proliferare di dighe, eccessivo sfruttamento dell’acqua e inquinamento.
Se la contaminazione delle acque colpisce anche balene e delfini a causa di inquinanti di origine industriale, in altri casi la relazione è più indiretta ma non meno seria. Gli avvoltoi, ad esempio, sono stati decimati negli ultimi due decenni dalle dosi massicce di medicinali anti-infiammatori che restano nelle carcasse del bestiame di cui si cibano.
Una simile perdita di biodiversità, inoltre, avrà conseguenze anche sull’uomo: i cambiamenti degli ecosistemi portano a risorse più scarse, una situazione in cui è prevedibile crescano i conflitti in molte aree del pianeta.
Fonte: http://www.rinnovabili.it/ambiente/biodiversita-2020-estinzione-222/