di Mauro
Andando verso sud, percorrevamo alcuni chilometri sulla vecchia Aurelia. Il mare era sulla destra, ci aspettava.
Era già sera, erano i profumi degli arbusti, e la nostra musica interiore, le cicale. Le file serene di alberi, ci indicavano la strada verso il nostro paradiso di sale, e i pini marittimi ci parlavano, offrendoci i loro enormi ombrelli, la loro compagnia. Eravamo insieme. Ogni istante di quel sogno, era vero, ed era eterno. Abbiamo fermato il tempo in quel luogo, in quelle sere.
Non è facile fermare il tempo. Il tempo è come una molla che oscilla avanti e indietro, senza riposo. Il tempo prima ti precede, poi ti segue veloce, attaccandosi ai tuoi pensieri esausti, trascinandoli con sé. In quel luogo, in quelle sere, volavamo sopra la sabbia.
Quando il mare finalmente si apriva in fondo al tunnel degli arbusti, subito il vento ci levava il fiato, le onde ci chiamavano, ci salutavano con il loro rombo irresistibile. Di sera, al mare, tutto cade verso il basso, le ombre si allungano, il sole sparge i suoi diamanti di luce sulle crespe dell’acqua, e tu vorresti lasciare ogni cosa per planare verso il largo sulla superficie dell’acqua, immergerti nel profondo, e poi fuori di nuovo nell’aria, verso l’orizzonte, seguire veloce quella strada brillante che porta ovunque.
E così cominciava il cammino, eravamo forti, felici, lo sguardo al sole, che si preparava alla fine del giorno. Il tempo ci aveva lasciati liberi, avevamo tutto, senza una fine visibile. Potevamo appoggiarci all’aria, così calda, per lasciarci fluttuare sopra le dune, verso i gabbiani e gli uccelli fratini, potevamo aggrapparci alla pinna del delfino. E in lontananza, laggiù lungo la costa, come fosse un miraggio nel deserto, c’era un fortino antico, e un piccolo porto per le barche a vela. Oltre c’era il promontorio roccioso, e oltre ancora la nostra “isola dei sogni”, un luogo dove non era più possibile piangere.
Camminando, le onde alzavano il sale su di noi, e le conchiglie si alternavano ai sassi, alle alghe nere, ai legni corrosi sepolti nel bagnasciuga. È stato là che abbiamo scoperto la strada per il cielo, è successo una sera. Era il ritorno, non eravamo stanchi, non potevamo, non avevamo peso, e il nostro sole stava scendendo veloce nell’acqua. Dio si buttava nel mare, rosso, amico, padre. È stato in quel momento, in quel luogo, che si è aperto un varco nel cielo, una via per le stelle, la felicità, la gioia. Tutto era volare, tutto era correre, tutto era libertà.
È stata quella sera, mentre scendeva il buio, mentre marciavamo per fare i chilometri, che abbiamo vissuto la vera libertà. La libertà si risveglia davanti alle onde, dove non esiste errore, dove non esistono padroni. Quando la vivi, capisci che la libertà è solo tua, non ha un governo, non ha le leggi degli uomini, è fatta di solitudine, di silenzio, ma anche di compagnia, di famiglia, di festa. La libertà lascia riposare la tua mente, nella pace, con le api e i calabroni. La libertà è il profumo degli eucalipti, non vuole né antenne, né telefoni, non vuole follia, paura, connessioni ad internet, regole crudeli, polizia, posti di blocco.
La libertà ti lascia tranquillo, sdraiato ovunque, abbracciato a chiunque tu voglia. La libertà è… non è possibile venderla, non è possibile darla, né riceverla. E se ti ritrovi, bloccato, rinchiuso tra quattro pareti in un angolino del mondo, allora ritrova la tua libertà interiore, ti basta un solo bel ricordo, anche il più piccolo, cercalo, liberati, sali finalmente. E’ là che ci incontreremo, è la che ci abbracceremo di nuovo.
Articolo di Mauro
Fonte: conoscenzealconfine.it