di Irene Conti
L’ego ha mille e più sfaccettature. Difficile passare in rassegna tutte le sue forme e variazioni. L’ego può essere definito il nucleo di ogni sofferenza, la fonte e sorgente da cui tutte le illusioni e proiezioni hanno origine.
Vi sono alcuni “prodotti” dell’ego che sono, però, meno visibili e riconoscibili di altri. Mi riferisco, in particolare, alle emozioni e sensazioni che sorgono nella nostra mente ogniqualvolta ci apprestiamo a dare inizio ad un nuovo progetto, lanciandoci in un’iniziativa, intraprendendo una nuova esperienza di vita o di lavoro.
Quando un nostro progetto ha inizio, alcune trappole dell’ego silenziosamente “scattano” e ci mettono alla prova. Queste trappole non vengono riconosciute come tali, poiché ci sembra del tutto naturale che, con l’inizio di quel nuovo percorso di studi o di lavoro, con quel viaggio che finalmente ci apprestiamo a compiere e che abbiamo da tanto sognato, sorgano in noi emozioni di speranza, aspettativa, euforia o esaltazione.
Queste sensazioni non sono di certo negative, ma bloccano il libero fluire della nostra energia. L’aspettativa, la speranza, le emozioni di euforia ed esaltazione derivano infatti dall’ego, e, di conseguenza, non appartengono al vero sé, che ne viene disturbato e danneggiato.
Ogni qualvolta quindi proviamo aspettativa o esaltazione per un nuovo progetto, stiamo interferendo inconsciamente nella sua realizzazione, poiché ci stiamo attaccando ad esso e attaccandoci all’idea di qualcosa, la soffochiamo, non permettendogli di esistere spontaneamente o di trasformarsi in qualcos’altro.
Prendiamo ad esempio il percorso artistico di un pittore che raggiunge la fama dipingendo particolari alberi blu. Alla fama si collegano sensazioni di euforia, ma anche di aspettativa, perchè una volta che l’ego si attacca a qualcosa che lo nutre, comincia a vivere nella costante aspettativa che quel qualcosa si amplifichi o che, per lo meno non vada perduto.
Ad un tratto, però, quel pittore non sentirà più risonanza con la sua creazione, gli alberi blu, perchè come tutto cambia, anche lui sarà cambiato, trasformato dalle esperienze della vita nel profondo del suo animo. Ma si sarà così attaccato agli alberi blu e alla fama che da essi è derivata, che non correrà il rischio di cambiare e rimarrà ancorato per sempre ad una cifra stilistica che non gli appartiene più e che non lo rende felice. Questo è il lavoro sotterraneo dell’ego, che minaccia, spesso, le più buone intenzioni, per toglierci in definitiva, tutto ciò che non è strettamente essenziale al respiro e alla fioritura del nostro sé.
Abbandonare l’aspettativa e l’euforia verso il nostro lavoro, anche quello spirituale, è un grande passo nella liberazione dall’ego, che ci porta sempre più in connessione con il momento presente. Abbandonare l’attaccamento verso le nostre azioni è, altresì, un atto di incommensurabile fiducia, perchè nel farlo ci abbandoniamo all’imprevedibilità e alla magia delle forze dell’esistenza, che non ci conducono mai nel luogo dove il nostro ego aveva programmato di arrivare, ma nel luogo dell’anima.
Articolo di Irene Conti
Fonte: https://fisicadellacoscienza.com