di Gianna Bonacorsi
A testa bassa sugli schermi, senza accorgersi di ciò che capita attorno a noi, questa è l’immagine riassuntiva del mondo moderno. Un mondo che corre all’impazzata, veloce e casuale, dove i particolari non contano più nulla, dove regnano menefreghismo ed egoismo, dettati dalla tastiera di uno Smartphone, che diventa a tutti gli effetti corpo, gesti e anima virtuale.
Territori solari che divengono in questo modo pieni di oscurità, cupi, dove esseri non più umani vagano tristi, desolati e disorientati, dimenticandosi di alzare lo sguardo verso un Sole ormai offeso e divenuto sbiadito.
L’ennesima denuncia di tali atteggiamenti controversi arriva dall’artista Moby, cantante, musicista e compositore, sempre attento ad interrogarsi sulle problematiche che affliggono i nostri tempi. Il videoclip (link in fondo… da vedere assolutamente) che accompagna il bellissimo brano, è prodotto dalle sapienti mani di Steve Cutts, famoso illustratore ed animatore, e rappresenta sicuramente, uno dei video musicali meglio realizzati degli ultimi anni. Immagini che si rifanno ai primi cartoons in bianco e nero degli anni ’30, ma dai contenuti fortemente attuali.
Scene impregnate interamente da un’aurea densa di tristezza, angoscia e malinconia, dove un piccolo protagonista schiacciato dalla dipendenza tecnologica apatica dei propri simili, vaga smarrito e incredulo, attraversato da sentimenti ed emozioni solitarie. Nel video si riconoscono alcuni dei trend tecnologici e social degli ultimi tempi, quali Pokemon Go, Tinder, e più in generale gli atteggiamenti comuni di persone che vivono ormai un’esistenza fortemente influenzata dallo schermo del proprio cellulare e che sono di fatto dipendenti da esso.
Il personaggio, somigliante ad un Moby in versione cartoon, si trova senza volerlo, immerso in un mondo a lui estraneo, mentre tenta di fuggire da esso alla ricerca di un po’ di semplice umanità, di condivisione realedi sentimenti, senza però trovare riscontri. A questo punto, non può far altro che entrare egli stesso in un vortice di sconsolata solitudine, in attesa forse di una nuova e rinnovata luce solare, mentre macchine ormai disumanizzate precipitano, una dietro l’altra, senza rendersene conto, in un tetro burrone.
Articolo di Gianna Bonacorsi
Fonte: https://vololibero-nonvogliomicalaluna.blogspot.it/