di Agata Iacono
Gli studenti del Collettivo Ludus denunciano il gravissimo episodio su Instagram.
“È successo di nuovo”, scrivono gli studenti medi del Liceo Righi di Roma, il miglior liceo scientifico della Capitale secondo la classifica Eduscopio.
Il liceo Righi è stato al centro di molte polemiche anche lo scorso anno scolastico, da quando cioè docenti e studenti hanno cercato di capire insieme cosa sia successo dal 7 ottobre 2023 in Palestina, affrontando a tutto tondo la drammatica situazione, anche dal punto di vista storico e filosofico.
È scattato subito l’allarme, i giornali hanno raccontato episodi mai avvenuti (con relative smentite postume che però non hanno cambiato la narrazione mainstream). Ad esempio qui. Ma la questione più recente è di una gravità che non è possibile ignorare, perché criminalizza, nella scuola, la volontà di esprimere pacificamente solidarietà ad un popolo sottoposto a genocidio.
Cos’è successo? Lo denuncia il Collettivo Ludus del Righi su Istagram. Alla fine delle lezioni, venerdì 25 ottobre, gli studenti hanno esposto alle finestre dell’istituto scolastico 38 bandiere con i colori della Palestina.
Raccontano loro stessi: “Abbiamo esposto manualmente 38 bandiere palestinesi dalle finestre della nostra scuola che affacciano su via Campania. Facendo ciò non abbiamo commesso alcuna infrazione, poiché avendo esposto e non affisso le bandiere e non essendoci sporti dalle finestre, la nostra azione era più che in regola, oltre che legittima. Per questo motivo abbiamo rifiutato di rimanere dentro la scuola e collettivamente siamo usciti”.
Ma la dirigente scolastica ha chiamato le forze dell’ordine. I ragazzi sono stati trattenuti per l’identificazione, quindi gli agenti sono andati via, secondo il Collettivo Ludus “perché la stessa Digos non ha rilevato alcuna infrazione”.
Non finisce qui. Il giorno dopo, la nuova dirigente scolastica, Giulia Orsini, inoltra una email ai genitori dei “pericolosi” ragazzi.
La dottoressa Orsini ha sostituito la precedente preside Giacomobono, distintasi per aver impedito una conferenza “sull’approfondimento del conflitto israelo-palestinese” per “motivi di serenità all’interno della scuola”.
Relativamente alla email ai genitori, la dirigente, che minaccia i ragazzi di ritorsioni disciplinari se oseranno persistere nella solidarietà alla Palestina o addirittura ambissero a “portare la politica nella scuola”, precisa a Romatoday:“La lettera è stata inviata agli otto studenti che siamo riusciti a identificare e che hanno esposto le bandiere fuori dall’orario delle lezioni, ritardando e compromettendo così il lavoro del personale della scuola. Abbiamo lavoratori che vengono da altre regioni, che hanno dei tempi molto stretti per tornare a casa e che sono stati messi in difficoltà”.
Quindi non si possono esprimere manifestazioni pacifiche di solidarietà perché ritardano la pulizia delle aule?
E riguardo ai procedimenti disciplinari specifica: “Ho fatto presente alle famiglie che, nel caso in cui si dovessero ripetere episodi come questi, prenderò tutti i dovuti provvedimenti. La mia richiesta era diretta ai genitori, per spiegare loro la situazione e chiedere che le manifestazioni politiche vengano lasciate fuori dalla scuola”. “Mi ero prefissa di commentare la mail e le puntuali risposte degli studenti. Ma credo che questa ‘storia’ Istagram sia già eloquente e tragicomica”.
Com’è possibile che il dirigente scolastico del migliore istituto scientifico della Capitale chiami la Digos contro i suoi studenti, adducendo motivi di orario per la pulizia delle aule, inventando che i docenti sono tenuti ad inseguire gli alunni fuori dall’orario scolastico, paragonando l’esposizione di ben 38 bandiere palestinesi alle finestre ad un “parco giochi”?
Forse basta riportare il commento postato in calce dal collettivo Ludus Righi: “E adesso parliamo noi”. “Pretendiamo rispetto e ascolto: una scuola solidale è alla base della società”.
Articolo di Agata Iacono