Mediocri di tutto il mondo vi siete uniti. E avete vinto!

di Sara Ricotta Voza

Parla il filosofo canadese Alain Deneault, autore del longseller internazionale “La mediocrazia: L’unico antidoto è il pensiero critico“.

Il filosofo canadese Alain Deneault

Il filosofo canadese Alain Deneault

Alain Deneault è nato a Outaouais, Quebec, nel 1970. I suoi studi si sono concentrati sulla filosofia tedesca e francese del XIX e XX secolo, in particolare sull’opera di Georg Simmel.

Il mondo è dei mediocri. Sarà che è un assunto non difficile da sperimentare – e anche consolatorio per spiegarsi certi successi o insuccessi ugualmente distanti dalle vette del genio e dagli abissi dell’indegnità – ma il saggio “La mediocrazia” del filosofo canadese Alain Deneault, a un anno dall’uscita, è ormai un longseller internazionale.

E dire che in centinaia di pagine, dense di pensiero e di citazioni, ne ha davvero per tutti. In politica, da Trump a Tsipras, vede solo un «estremo centro»; nell’impresa la «religione del brand», il «consumatore-credente», la «dittatura del buonumore». Nel lavoro «devitalizzato» individua la skill fondamentale nel «fare propria con naturalezza l’espressione: alti standard di qualità nella governance nel rispetto dei valori di eccellenza». E, in ogni ambito, rileva certi tic verbali come «stare al gioco», «sapersi vendere», «essere imprenditori di se stessi». Insomma, dice, «non c’è stata nessuna presa della Bastiglia ma l’assalto è avvenuto: i mediocri hanno preso il potere».

Lo abbiamo incontrato a Milano dove ha parlato al Wired Fest, il festival dell’innovazione, altra parola che non manca nel vocabolario mediocratico.

Professor Deneault, l’ha colpita questo successo? Anche perché a molti che la leggono lei dice in faccia che sono dei mediocri…

«Mi aspettavo un’eco molto più ristretta, ma questo libro parla di un malessere sociale condiviso da molti. Detto ciò, ho cercato di evitare moralismi e di puntare il dito. Lo scopo era indicare la pressione sociale molto forte che incoraggia a restare persone “qualunque”».

Lei è stato particolarmente duro con il mondo accademico a cui appartiene. Qualcuno si è offeso?

«Sì, visto che sono stato bandito. Tengo corsi stagionali, la mia presenza è episodica. Gli ambienti universitari formano sempre meno una élite capace di gettare luce sulla strada giusta da seguire per l’uomo comune. Sono più simili a una corte d’altri tempi, vendono risultati di ricerca a dei finanziatori. Molta autocensura, molti format replicati per far piacere al potere».

Ha avuto critiche «non mediocri»?

«Nell’era della mediocrazia non si discute più… i pensieri seguono dei corridoi, si preferisce ricevere notizie che confortino».

Perché bisogna temere la mediocrazia? 

«Perché fa soffrire. Chiede a persone impegnate nel servizio pubblico di gestire come si trattasse di una organizzazione privata, così si trovano in conflitto perché avevano un’etica diversa; chiede a ingegneri di progettare oggetti che si rompano in maniera deliberata perché vengano sostituiti, chiede ai medici di diagnosticare malattie che potrebbero diventare davvero pericolose a 130 anni… Senza parlare della manipolazione dei consumatori da parte del marketing».

La mediocrazia è anticamera di dittature, anche edulcorate? 

«La dittatura è psicotica, la mediocrazia è perversa. Psicotica perché la dittatura non ha alcun dubbio su chi deve decidere. Hitler, Mussolini, Tito sono stati tutti personaggi ipervisibili, affascinanti, che schiacciavano con le loro parole; la mediocrazia è perversa, perché cerca di dissolvere l’autorità nelle persone, facendo in modo che la interiorizzino e si comportino come fosse una volontà loro».

L’inglese standard è la lingua ufficiale della mediocrazia?

«L’inglese manageriale sì, e uccide l’inglese. È un suicidio linguistico parlare questa lingua quando si è anglofoni, non si può pensare il mondo nella sua complessità o qualsiasi fenomeno sociale, utilizzando un vocabolario che non è utile se non alla organizzazione privata».

Tecnologia, social, colossi del web. Anche lì domina la mediocrazia?

«Dobbiamo immunizzarci da un certo lessico che parla di progresso, innovazione, eccellenza. Mi interessa che si utilizzino questi strumenti, ma si deve analizzare l’impatto che hanno su pensiero, morale, politica. Un utilizzo mirato dei social media, per esempio durante le elezioni, può rendere le persone estremamente manipolabili».

Il contrario del mediocre è il superuomo, l’eroe?

«No. L’antidoto è il pensiero critico, perché smaschera l’ideologia, che è un discorso di interessi sotto la parvenza di scienza e fa subire un trattamento critico analitico a una nozione che qualcuno ci vuole ficcare nel cervello, per esempio, l’inevitabilità della vendita di armi o di una nuova autostrada».

È più ottimista sul futuro? 

«Qualsiasi impegno politico è a metà tra lo scoraggiamento e la speranza. Ed è proprio quando la situazione è scoraggiante che ci vuole il coraggio».

Articolo di Sara Ricotta Voza

Fonte: http://www.lastampa.it/2017/05/29/cultura/mediocri-di-tutto-il-mondo-vi-siete-uniti-e-avete-vinto-xTCMdydTSMC4zL1moCDPtK/pagina.html

LA MEDIOCRAZIA
di Alain Deneault

La Mediocrazia

di Alain Deneault

Un libro coraggioso e incisivo, che mostra come oggi il vero potere non sia in mano a chi lo merita, ma a chi della mediocrità ha fatto il suo modo di vivere.

«Non c’è stata nessuna presa della Bastiglia, niente di paragonabile all’incendio del Reichstag, e l’incrociatore Aurora non ha ancora sparato un solo colpo di cannone. Eppure di fatto l’assalto è avvenuto, ed è stato coronato dal successo: i mediocri hanno preso il potere».

Così questo libro annuncia l’oggetto delle sue pagine: la presa del potere dei mediocri e l’instaurazione globale del loro regime, la mediocrazia, in ogni ambito della vita umana.
La trattazione che ne segue è una sorta di genealogia di questo evento che, nella prosa accattivante ed errabonda di Deneault, tocca campi differenti – dalla politica (affidata ormai al «centrismo» dei mediocri) all’economia, al sistema dell’educazione, alla stessa vita sociale – offrendo differenti modulazioni di questa forma di potere.

Tuttavia, per Deneault, l’avvento della mediocrazia è impensabile senza l’avvento dell’industrializzazione del lavoro – sia manuale che intellettuale – e, in particolare, della sua espressione ultima, quella «Corporate Religion», quella religione d’impresa che pretende, nella nostra epoca, di «unificare tutto» sotto la sua egida.

Oggi il termine «mediocrazia» designa standard professionali, protocolli di ricerca, processi di verifica attraverso i quali la religione d’impresa organizza il suo culto, quell’ordine grazie al quale «i mestieri cedono il posto a una serie di funzioni, le pratiche a precise tecniche, la competenza all’esecuzione pura e semplice».

È il risultato di un lungo percorso che è cominciato quando il lavoro è diventato “forza-lavoro”, un’esecuzione, appunto, in virtù della quale è divenuto possibile «preparare i pasti in una lavorazione a catena senza essere nemmeno capaci di cucinare in casa propria, esporre al telefono ai clienti alcune direttive aziendali senza sapere di cosa si sta parlando, vendere libri e giornali senza neppure sfogliarli».

Il risultato è che oggi, nella società delle funzioni “tecniche” (“tecnica” qui designa, naturalmente il suo opposto, l’assenza totale, cioè, di téchne, di arte e perizia), per lavorare «bisogna saper far funzionare un determinato software, riempire un modulo senza storcere il naso, fare propria con naturalezza l’espressione “alti standard di qualità nella governance di società nel rispetto dei valori di eccellenza” e salutare opportunamente le persone giuste. Non serve altro. Non va fatto nient’altro».

E per affacciarsi alla vita pubblica in ogni sua forma (diventare un parlamentare oppure un preside di facoltà universitaria) non occorre altro che occupare «il punto di mezzo, il centro, il momento medio elevato a programma» e abbracciare nozioni feticcio quali «provvedimenti equilibrati», «giusto centro» o «compromesso». Insomma, essere perfettamente, impeccabilmente mediocri.

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